2015
Azzurro relativo
Il punto di Lorenza Di Prima per calcionews24.com
C’era una volta la favola di Gigi, Alessandro, Andrea, ma anche Francesco-er-pupone, Super Pippo e Fabio. C’era una volta una squadra, unita e che faceva paura. C’era… Oggi, Andrea (Pirlo) la guarda dagli spalti, e in campo, di quegli azzurri, è rimasto solo lui, Gigi, il capitano, il senatore, padrone di casa.
CHI E’ CHI – Allo Stadium l’atmosfera è quella delle grandi occasioni. Andrea Agnelli a fare da padrone di casa, arriva presto e si sofferma ad osservare il grande pannello con lo stemma della Lega che ricopre quello della sua Vecchia Signora all’entrata delle tribune. Lentamente lo stadio prende vita, ci si dimentica per un attimo che è solo un’amichevole e mentre il tempo e le immagini degli inglesi, scorrono nel tabellone luminoso, scandite dalla voce dello speaker, aspettando il fischio d’inizio c’è chi si fa domande su “chi è chi” e quasi parte un applauso soffocato quando si arriva al nome di Rooney, lui, come Gigi, un pezzo di storia del calcio, uno che a quasi 30 anni, ancora può correre come un motorino per 90’. Poi arriva l’inno e si canta, si canta fuori tempo, dimenticando le parole, ma si canta tutti.
LA PARTITA – Fischio d’inizio, inizia la danza. Forse. Invece poco, a tratti. Il gol di Pellè ci da coraggio e il secondo, sfiorato di poco è un ottimo presagio. Molti i cambi, perchè si sa, come Lippi, Conte (che non ha smesso un minuto di urlare dal “suo” bordocampo) usa le amichevoli per provare le seconde linee, e quando esce Valdifiori, tutti gli occhi sono puntati sulla panchina, non solo perchè al suo posto entra Verratti (il vice Pirlo designato) ma soprattutto per vedere la reazioni dei compagni, che puntuali arrivano e non possono che fare bene, si alzano tutti, sorrisi e pacche sulle spalle, per lui che ha vestito comodamente i panni del regista in un battesimo del fuoco carico di aspettative. Convincente e presente come Eder, cuore e fiato, che ci fa sognare e non rimpiangere un altro sudamericano in azzurro, che di nome fa German e di cognome Camoranesi, un naturalizzato, un “oriundo”, come pare andare di moda dire in questo periodo, ma senza il quale, forse, quel 2006 non avremmo avuto coppe da sollevare ne “poporopopopo” da cantare… per anni.
COMUNQUE – Alla fine è arrivato il pareggio, e il secondo (per loro questa volta) quasi sfiorato; ma perdere per Antonio Conte non era una delle opzioni, non allo Stadium, casa sua per tanti anni, non dopo 3 scudetti e 102 punti in bianconero. Aspettando di scrivere un altro capitolo della favola azzurra, triplice fischio e tutti a casa, tra gli applausi, comunque.