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Atalanta, Pessina: «Gli ultimi stop ci hanno sorpresi, è il momento di lavorare di più»
Matteo Pessina, centrocampista dell’Atalanta, è stato intervistato dai microfoni della Gazzetta dello Sport: le sue dichiarazioni
Ai microfoni della Gazzetta dello Sport ha parlato il centrocampista dell’Atalanta Matteo Pessina.
ULTIMI STOP – «Hanno sorpreso un po’ tutti, dopo le imprese con Juve e Napoli e sei vittorie di fila. Vorrà dire che, come altre volte, ci rimboccheremo le maniche e lavoreremo dipiù: siamo l’Atalanta e non possiamo permetterci “giochini”. Concentrati ad ogni partita per capire come gioca l’avversaria, senza prenderci pause, e con la nostra impronta che è sempre data dal gioco di squadra. Panchina compresa».
ATALANTA LEGGIBILE – «No: il nostro gioco è questo da anni, ma è quello che ci ha fatto battere Juve e Napoli. Non basta conoscerci e prepararsi per essere sicuri di limitarci».
TROPPE VOCI SCUDETTO – «No anche in questo caso. Dal primo giorno, tutti d’accordo nel seguire la linea del mister: ne parleremo, semmai, quando avremo raggiunto il primo posto e a quel punto lotteremo per difenderlo. Il nostro obiettivo non è mai stato lo scudetto: non possono stravolgere questa realtà né una striscia positiva incredibile, né due frenate».
BOGA – «E’ arrivato ad essere il miglior dribblatore del campionato, se non sbaglio: avere uno che salta l’uomo e crea superiorità mette in condizione tutti di ricevere la palla in un certo modo ed essere più incisivi, soprattutto al limite dell’area avversaria e in fase realizzativa. Se c’è uno che fa dribblando, per allentare la pressione, quello che tutti cerchiamo di fare con i passaggi, è per forza un valore aggiunto».
SOMIGLIANZE GASPERINI E JURIC – «Di sicuro nel coraggio che mettono in tante scelte che fanno. E per come incidono sulle carriere dei giocatori che allenano».
TORO DI JURIC – «E’un Toro con l’anima di Juric, che è la stessa di Gasperini: nelle difficoltà fanno con quello che hanno, senza cercare scuse o appigli. E Juric lo sta facendo anche in un club forse non abituato a un allenatore del genere».
CAMBIAMENTI TORINO – «Nella Serie A di oggi se non provi a correre più dell’avversaria non vai lontano, e loro corrono tanto. Poi si lavora sull’aspetto tecnico e tattico, ma quella è la base: gliel’ha data e si vede».
PARTITA NON FACILE – «Tutt’altro, anche perché Juric cercherà qualcosa di speciale per questa partita. Ma noi dobbiamo riscattare due delusioni e il mister non è meno agguerrito di lui: sarà una partita divertente, vedrete».
NON INSOSTITUIBILE – «A Genova ero molto più arrabbiato per il pareggio che per la panchina. Dopo un infortunio importante ci metti del tempo per tornare al cento per cento e il
mister nel frattempo deve fare delle scelte».
INFORTUNIO PESANTE – «Certo. Sono rientrato prima del previsto, in partite difficili – Juve,
Napoli, Villarreal – e senza i dieci giorni di lavoro specifico che avrei fatto non andando in Nazionale: ma Mancini era in emergenza e non si può dire no a una chiamata dell’Italia, anche se sei al 70%. Comunque ora sto bene: mi sento al 100%, sì».
PESO NUOVO RUOLO – «Il mister usa il trequartista e due punte contro le difese a quattro:
ultimamente quasi tutte avversarie a tre, ci si adatta. Ma la duttilità resta il mio pregio più grande e devo continuare ad allenarlo».
PENSIERO PLAYOFF DI NOTTE – «Più di giorno, quando sono lucido. E mi sale la voglia di giocarle, quelle partite».
PESSIMISMO NAZIONALE – «Noi italiani, se c’è di mezzo il calcio, siamo così: prima una positività persino eccessiva per l’Europeo, adesso siamo diventati scarsi. Ma sappiano chi siamo, cosa abbiamo fatto e che abbiamo un’ultima chance per qualificarsi: è quello che ci scriviamo sul nostro gruppo whatsapp, ripostando foto e video di quel trionfo».
ROTTO QUALCOSA – «No, perché gli italiani tirano fuori anche grande spirito di rivalsa, se sentono troppa negatività. E perché Mancini ci trasmette tranquillità e fiducia».
ORIUNDI IN NAZIONALE – «Ci ho già trovato un compagno di squadra, Toloi… Se puoi essere
naturalizzato, qualcosa di italiano ce l’hai dentro. E chi lo è diventato, ha dimostrato di dare tutto per questa maglia».
COVID – «E chi se l’aspettava, quando è iniziata la campagna vaccinale? C’è quasi più angoscia adesso: non eravamo preparati a rivivere questa stanchezza, il pensiero di stadi dimezzati, ogni giorno l’ansia del tampone. Ma è più facile criticare da fuori che gestire una situazione del genere, più grande di tutti noi. Possiamo solo attenerci alle regole, che ci sono: e se lo facessimo tutti, ne usciremmo più facilmente».