2012

Andrea Stramaccioni, storia di una vincente carriera di ripiego

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Quella che si va a narrare non è la classica sviolinata all’insegna del “saltar sul carro dei vincitori“, uso e consuetudine della discussione all’italiana. Simplement, vorrei condividere con voi alcune riflessioni su uno dei rari casi di meritocrazia di casa nostra che ci permette di apprezzare una persona seria e preparata in quella fase non comune del più classico treno che passa una volta e mai più nella vita.

Andrea Stramaccioni da Roma, con quell’ approccio da bravo ragazzo un po’ ruspante, si sta ritagliando un ruolo da protagonista assoluto nella tanto bistrattata Serie A che si sarà pure impoverita tecnicamente, ma in tal maniera ha dato gioco forza spazio a quel ricambio generazionale inevitabile in tempi duri come questi. Come chiave di lettura esiste un visione positiva del termine crisi: si definisce opportunità ed è quella che si viene a creare laddove si manifesti una mancanza, sia essa dovuta o meno a fattori esterni ed interni.

Ed è quella che il tecnico romano ha colto al volo l’anno passato quando il patron Moratti, alla ricerca di una soluzione interna per sostituire Claudio Ranieri, lo ha promosso ai gradi di generale della prima squadra grazie al credito accumulato con la vittoria di pochi giorni prima della NextGen Series, l’equivalente di categoria Under 19 della Champions League. Per lui solo buone parole, tecnico giovane abituato a lavorare con i giovani che insegue quel sogno di vivere di pallone sfuggito troppo presto nelle vesti di calciatore. Non tutti sanno infatti che l’ex tecnico delle giovanili della Roma era un promettente regista difensivo del Bologna di metà anni ’90, quando un grave infortunio al ginocchio rimediato in uno scontro di gioco ne minò l’integrità fisica compromettendo il proseguio di una carriera agli albori. Un gran brutto colpo per un ragazzo pieno di speranze che però è maledettamente determinato prima di tutto. Smaltite rabbia e delusione, si orienta sull’unica altra strada percorribile, quella dell’allenatore. Ed è la scelta giusta. Scrupoloso fino allo stremo, perfezionista in ogni aspetto, al limite del maniacale nell’0rganizzazione del lavoro. Queste sono le caratteristiche evidenziate da chi avuto modo di lavorare a stretto contatto con Andrea, dotato peraltro di un carisma raro.

Voglio dire, entrare a 35 anni nello spogliatoio dell’Inter da signor nessuno e mettere in riga gente navigata come Milito Sneijder e Zanetti richiede una personalità non comune. Trovo coerente la rifondazione strategica di Moratti che si basa su quest’uomo la cui idea di calcio è basata sul lavoro, sull’intensità di gioco e sulla perfetta collocazione tattica; è affascinante, fateci caso, ascoltare le sue parole in un qualsiasi dopo partita: anche a caldo è in grado di fornire una perfetta analisi della partita cogliendone ogni sfumatura senza mai essere fazioso, supportando così una grande onestà intellettuale oltre che un bagaglio tecnico di prim’ordine. Ho scelto di fare questa riflessione dopo la sconfitta di Bergamo, arrivata a margine di un filotto positivo come non se ne vedevano dai tempi di Mou perchè credo veramente che Strama possa fare molto bene.

Noi, il nostro calcio, abbiamo bisogno di storie come queste. Genuine, pulite. E speriamo di successo.

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