2015
Andare via per tornare un campione?
Il caso Mario Gomez: tra questione tattica, psicologica e soluzioni da adottare. E la Fiorentina il meglio per il suo futuro?
I cinque gol totali della sua oramai biennale esperienza con la maglia della Fiorentina non possono bastare più. No, non possono bastare per chi – prima della tormentata pagina viola – di reti ne aveva totalizzate ben 266: sì, vero, la trafila degli infortuni ed una condizione fisica costantemente minata ma oggi, ora, c’è di più. C’è tanto di più nella storia di uno dei bomber più forti del recente panorama internazionale che non riesce oramai a ritrovarsi.
QUESTIONE TATTICA – La Fiorentina ha nell’estate del 2013 prelevato Mario Gomez senza mai di fatto costruire una squadra e dunque una proposta calcistica che ne esaltasse le caratteristiche naturali: al tedesco servono i cross dal fondo e la squadra di Montella – se non per qualche eccezione firmata Pasqual o Cuadrado quando (oramai raramente) impiegato da fluidificante sulla corsia destra – sceglie raramente questa soluzione. Mancano inoltre le verticalizzazioni, il gioco si espande più per vie orizzontali seguendo il modello spagnolo del possesso palla, si punta ad improvvise accelerazioni per smuovere l’empasse ma questa struttura di gioco predilige attaccanti brevilinei e rapidi nei primissimi movimenti. Non a caso Giuseppe Rossi era di fatto elettrizzato dal credo di Montella: utile sia nel palleggio che nella fulminea scintilla. Ecco, Rossi: soluzione coadiuvante per riattivare la macchina Gomez sarebbe quella di affiancargli una seconda punta che possa svariargli intorno e servirgli l’assist. In attesa del ritorno di Pepito la scelta è ricaduta su Diamanti, non propriamente un attaccante ma senz’altro uno abile in termini di ultimo passaggio. Lì dove manca Cuadrado, sicuramente – si è visto – più a suo agio nel ruolo di esterno.
QUESTIONE PSICOLOGICA – Il resto, chiaramente, lo fa Mario Gomez. Perché è vero che i cross non arrivano ma al giovanissimo Babacar, peraltro rientrante da un discreto infortunio, ne è bastato uno per regalare alla sua Fiorentina la fondamentale vittoria del Bentegodi. E dunque entriamo nei meandri di una mente – quella del professionista ambizioso – che si sta lentamente logorando in quel di Firenze: il tedesco sembra psicologicamente a pezzi e non in grado di recuperare questa situazione. Il rischio, altissimo oggi, è quello di acuire la sensazione di ritrovarsi al cospetto di un oggetto misterioso. La storia del calcio, recente o meno, è piena di casi di chi si è intristito e poi logorato in un ambiente fino a tramutare la sua esperienza professionale in qualcosa di agonizzante. Così come, anche se in quantità minore ma è giusto ricordarlo, di altri casi che hanno saputo resistere in attesa di sbloccarsi e tornare ad incidere. A sorridere.
E DUNQUE COSA FARE? – La risposta immediata è, o meglio sarebbe, univoca: Mario Gomez ha bisogno di cambiare ambiente per ritrovarsi e riconsegnare al mondo del calcio il campione che tuttora è. Difficile trovare a Firenze un’alchimia purtroppo mai raggiunta e la prima soluzione – quella più semplice e probabilmente giusta – indica la via. Non quella che porta a Firenze. A fugare i dubbi in tal senso è stata la trasferta di Cagliari: il popolo viola attendeva già da tempo il gol che avrebbe dovuto definitivamente sbloccare il centravanti, in quell’occasione Gomez sprecò una quantità di chance inenarrabile – contro quel Cagliari bastava oggettivamente lanciare il pallone avanti per ritrovarsi davanti al portiere – salvo poi segnare nella ripresa e dare la sensazione prima accennata. Marione è tornato. Ed invece no, neanche per sogno. L’incubo perdura e quel Montella che fino ad un mese fa, alla domanda su una possibile cessione, storceva il naso come a dire lo abbiamo aspettato con tanta pazienza, ora che ricomincia a segnare lo mandiamo altrove?, ora… glissa. Si attende di più, lo afferma a chiare lettere e qualcuno ci monta su un caso. Cosa fare dunque? Cercargli una nuova destinazione. Con la consapevolezza che, qualora tornasse a far gol, lo ha fatto proprio perché bisognoso di una svolta. E dunque senza rimpiangere nulla. Oppure… oppure resistere.