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2016

Prodezze tantissime, voglia poca

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alvaro recoba ceta chino

Si ritira Alvaro Recoba: riviviamo la sua carriera all’Inter in 6 tappe

Se il talento di un calciatore si misurasse dalle leggende metropolitane che orbitano intorno alla sua figura, allora Alvaro Recoba sarebbe uno dei migliori giocatori al mondo. A partire dal suo arrivo all’Inter, una videocassetta arrivata nelle mani giuste: Massimo Moratti è con il figlio Mao e osserva alla tv questo caschetto da serie per teenager usare il sinistro come pochi; con quegli occhi da cinese, e non a caso il soprannome è El Chino, non dà l’aria di essere troppo attento allo svolgimento della partita, ma è in grado di trasportare in universi paralleli il più mite degli spettatori. Chissà che fine abbia fatto quella videocassetta, fatto sta che senza quel vhs in ottantamila non avrebbero visto esordire Recoba in Serie A. Certo, Inter – Brescia del 1997-98 era la partita di Ronaldo, ma divenne quella di Dario Hübner e di Alvaro El Chino Recoba, nato ventun anni prima in Uruguay e già transitato da Danubio e Nacional. Sull’uno a zero per il Brescia Gigi Simoni manda in campo un giocatore che ai più scaltri ricorda lo stereotipo del bambino cinese nei cartoni animati, Alvaro El Chino Recoba però di animato ha solo il sinistro: lo usa per scaraventare un bolide sotto la traversa e poi per tratteggiare una parabola fino all’incrocio dei pali, a Cervone battuto. Due a uno per l’Inter. Ronaldo chi?

PARABOLE – La sua prima stagione all’Inter è quella doppietta al Brescia e un’altra prodezza legata alle dicerie – o meglio, storielle – a proposito del suo talento. Simoni lo fa giocare poco, nonostante nella prima partita della stagione sia risultato decisivo e nonostante anche nelle amichevoli precedenti avesse mostrato qualità balistiche da fuoriclasse. Moratti si frega le mani, sa di aver preso il miglior giocatore della storia – o almeno lo crede – e non se lo lascerà scappare. In un pomeriggio grigio a Empoli, una città che volente o nolente lo ha sempre visto protagonista di gol assurdi, Carmine Esposito sta rovinando la giornata dell’Inter, che si trova sotto uno a zero contro i toscani. Recoba è in panchina e accanto a lui c’è Martin Rivas, difensore la cui carriera è legata perlopiù a questo aneddoto. Il portiere dell’Empoli è sempre fuori dai pali, Recoba se ne accorge e lo dice a Rivas, aggiungendo che al suo ingresso lo avrebbe fulminato con un tiro da lontanissimo. Al settantesimo esce Moriero ed entra Recoba. All’ottantunesimo, sul vertice sinistro del campo, alla linea centrale, Recoba vede Roccati al limite dell’area e lo uccella con una traiettoria sublime, un pallonetto delicato. Finisce uno a uno, Recoba quella stagione gioca poco nonostante queste giocate e vince un Coppa UEFA da comprimario.

VENEZIA È UN ALBERGO – Moratti si coccola il suo prodigio ma non può permettersi di lasciarlo marcire in panchina, un uccello del genere va lasciato volare. E quindi l’Inter decide di mandarlo a farsi le ossa e a sperimentare un po’ di calcio dove si suda davvero, si lotta per non retrocedere, si mangia pane duro come si suol dire. Nel 1998-99, dopo sole quattro presenze in quattro mesi, passa a titolo temporaneo al Venezia ed è la sua fortuna, la sua svolta. Al Penzo trova Walter Alfredo Novellino, che gli permette di giocare da seconda punta e gli concede finalmente libertà. E sull’isola dove sorge lo stadio del Venezia il buon Recoba finalmente dà luce al suo piede mancino, fa vedere di che pasta è fatto, addirittura si mette sulle spalle la squadra. A fine stagione si salva, in diciannove gare segna addirittura undici gol, una media impressionante. Così come è impressionante la tripletta alla Fiorentina, in un 4-1 che sa di storia. La prima rete è su punizione, con una precisione così accurata che la palla sembra lanciata con le mani; la seconda è ancora su punizione e pare una cover di Mariolino Corso, la sfera scende a foglia morta in mezzo ai fumogeni arancioneroverdi e batte Toldo; la terza è un’intera beffa alla difesa della Fiorentina, uno scherzo al difensore e al portiere in uscita dopo una danza sulla linea di fondo a partita ormai conclusa.

IL CINQUE MAGGIO – Recoba torna all’Inter ma non riesce quasi mai a ricalcare le gesta di Venezia. O meglio, ci riesce, ma solo sporadicamente. E infatti è proprio la continuità a mancargli, perché se a Venezia era lui il titolare indiscusso, all’Inter è uno dei tanti. Ai tempi Simeone diceva che Recoba era imprendibile, forse più di Ronaldo, ma gli mancava la voglia. Tra il 1999 e il 2001 l’Inter crede fermamente alle parole di Simeone, purtroppo per Moratti che continua a riporre incondizionata fiducia in Recoba e non si cura della sua forma altalenante, vuole solo vedere il suo sinistro. Ci sarebbe anche di mezzo una squalifica di quattro mesi per lo scandalo passaporti, ma come sempre in Italia nessuno sa nulla e ancora la vicenda è avvolta nel mistero. Quando torna in campo Recoba trova Hector Cuper, el hombre vertical. La coesistenza con Ronaldo e Vieri è sempre più difficile ma El Chino riesce ugualmente a regalare perle, chiedere al Piacenza per ulteriori conferme. Nell’aprile del 2002, con l’Inter vicinissima a uno Scudetto che perderà tra le lacrime una settimana dopo, tra Inter e Piacenza è 1-1 a San Siro prima che un altro santo dalle fattezze asiatiche metta in gol l’ennesima punizione della carriera. È San Recoba, che nel momento del bisogno appare ai tifosi in pellegrinaggio al Meazza e spedisce nell’angolo alla sinistra di Orlandoni un tiro telecomandato. Da fermo, ovviamente.

LA RIMONTA – Recoba è bello da vedere, piace perché atipico. Nella partita più pazza della storia recente della Serie A non può mancare la sua firma. Si gioca a San Siro, il palcoscenico che lo ha visto esaltarsi più volte, perché Recoba non è uno da trasferta, anche se è talmente estemporaneo che forse non è nemmeno uno da casa. È Recoba e questo basta. L’Inter al minuto numero ottantanove di una gara al Meazza con la Sampdoria perde due a zero perché Tonetto l’ha trafitta nel primo tempo e Kutuzov ha rincarato la dose da poco. Mancini, che della tattica ragionata spesso se ne è fregato, mette in campo tutti gli attaccanti alla ricerca di una rimonta a dir poco storica. A tredici dalla fine mette in campo anche Recoba, l’uomo decisivo. Prima Martins la infila all’angolino e accorcia le distanze quando l’arbitro segnala il recupero, poi Vieri fa 2-2 al 92′ e già andrebbe bene così. Una partita di campionato, in un momento in cui le cose potrebbero anche non essere cambiate, è terreno fertile per Recoba, che al 93′ di sinistro trasforma in gol un assist da street soccer di Stankovic. Mancini impazzisce, i tifosi dell’Inter non ci credono, Moratti – che dal 2001 al 2003 ha riempito di soldi Recoba facendolo diventare il più pagato al mondo – per poco non ci lascia le penne in tribuna dalla gioia. Recoba è sempre vivo, risponde alle critiche suggellando un match inventato da Asimov.

L’ULTIMO ANGOLO – Recoba è stato il calciatore più pagato al mondo, è stato il più grande piede mancino dai tempi di Maradona, uno dei tiratori più mortiferi della Serie A. È stato anche uno svogliato cronico, famoso – si dice – per il tavolino appostato ai bordi della Pinetina dove ogni tanto si fermava a fumare in allenamento. Ha vinto qualche Scudetto, ma mai da protagonista. Ha riempito i vuoti dei tifosi dell’Inter, che venivano sbeffeggiati per l’amore viscerale del loro presidente per questo uruguagio dai lineamenti cinesi. Eppure Recoba è stato molto sottovalutato, anche se non ha mai fatto niente per apparire abulico: uno di quelli per cui la frase poteva dare di più è legge. Dopo l’avventura all’Inter, durata in tutto dieci anni, è passato al Torino e al Panionios salvo poi ritirarsi da vincitore in patria prima col Danubio e poi col Nacional, giocando principalmente da fermo in un campionato dove anche da seduto avrebbe fatto la differenza. Quel sinistro rimane uno dei pezzi più pregiati nella galleria della Serie A, capace di andarsi a infilare in gol anche dalle posizioni più impossibili, soprattutto dalle posizioni più impossibili. Come da calcio d’angolo, per esempio. Da piccolo marcava cinque o sei gol a partita da corner – si narra – e una delle ultime immagini di Recoba con l’Inter è proprio un calcio d’angolo che finisce in gol, contro l’Empoli a San Siro nella festa Scudetto nerazzurra. Una parabola perfetta, la palla sale e scende improvvisamente. Proprio come Recoba, capace di salire in cattedra in momenti morti e poi sedersi a fumare una sigaretta lasciando correre gli altri.

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