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Allegri dice la verità sulla Next Gen? Fact Checking sulle sue parole

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Massimiliano Allegri ha parlato del progetto Juventus Next Gen. Ecco i dati e le statistiche confrontate con le sue dichiarazioni

L’interessante e approfondita intervista di Massimiliano Allegri a The Athletic arriva nel momento in cui più si dibatte circa la permanenza del mister alla Juventus. Molti tifosi, pertanto, hanno visto nelle sue parole un tentativo di giustificare un’annata che si sta rivelando più deludente di quel che dice la classifica. Perché è chiaro che il terzo posto e con un vantaggio ancora significativo di 8 punti sulla quinta a 9 giornate dal termine poteva essere un obiettivo condivisibile dopo una stagione tormentata come quella del 2022-23 e un’estate trascorsa nella quasi impossibilità di fare mercato.

Ma il presente si impone ed è davvero difficile essere ottimisti dopo 8 giornate con una sola vittoria (per di più 3-2 in extremis con il Frosinone) e 7 punti raccolti; una sensazione di erosione di qualsiasi certezza maturata in precedenza; il nervosismo diffuso in squadra, del quale l’espulsione di Vlahovic è la punta dell’iceberg; infine, con la preoccupazione di un calendario che propone tanti scontri diretti.

In questo contesto, c’è un’affermazione de Allegri che, anche per il media internazionale con il quale la esprime, acquista un peso maggiore e va verificata per capire se abbia ragione o no alla prova dei fatti. Avendo una sua forza “ideologica”, suonando come spiegazione dei fondamenti del suo lavoro, un’operazione di fact-checking ha un senso. La frase da indagare è: «Quando sono tornato (per il mio secondo mandato come allenatore capo, nell’estate del 2021), mi è stato chiesto di ringiovanire la squadra. L’obiettivo era far emergere tre giocatori della Next Gen ogni anno, ridurre il costo degli stipendi e rendere la squadra sostenibile pur rimanendo competitiva».

Prima cosa da ricordare, per non generare equivoci, è che a riportarlo alla Juventus è Andrea Agnelli e la richiesta parte, quindi, da una gestione che a campionato iniziato dà il senso che un’epoca si è chiusa con la partenza direzione Inghilterra di Cristiano Ronaldo. Non siamo nell’austerity (o calcio sostenibile, se preferite chiamarlo così) di oggi, ma una sterzata rispetto ai momenti delle spese ingenti viene richiesta subito. Insomma: caro Max, la Juventus non è più quella che hai lasciato, campione d’Italia. E non è neanche quella affidata a Maurizio Sarri. Quella che ritrovi si è qualificata in Champions all’ultima giornata e adesso devi non solo garantirci meno preoccupazioni rispetto alla gestione di Andrea Pirlo, devi rimanere in corsa per gli obiettivi con tutto ciò che ti chiediamo per costruire una squadra dalla carta d’identità non ingiallita, per così dire.

Che strumento utilizzare per controllare se Allegri è riuscito nell’impresa (minima? Massima? Impossibile? Questo giudicatelo voi) su un punto: «Far emergere tre giocatori della Next Gen ogni anno». Intendiamoci: qui si potrebbe anche sostenere che, per fare un esempio, Soulé o Huijsen lo stiano facendo altrove, ma allora il tema si renderebbe nuovamente complicato, perché nella loro crescita c’è il lavoro di chi i allena oggi e dei club che li stanno utilizzando. Proviamo a scegliere un’unità di misura: nella Juventus di questi 3 anni di Allegri, quanti prodotti della Next Gen effettivamente sono entrati in pianta stabile? Diamo un criterio, che abbia giocato almeno la metà delle partite fatte. Che non è cosa enorme, tenendo conto che una presenza può essere anche solo un’apparizione di pochi minuti, ma intanto è già qualcosa.

Ecco come è andata, prescindendo dai giudizi sulla qualità delle prestazioni.
2021-22 – Nessuno della Next Gen partecipa da protagonista a un’annata dove la Juve arriva quarta con una certa comodità, perde due finali (Supercoppa e Coppa Italia), viene eliminata agli ottavi di Champions. Ci sono apparizioni qua e là, ma Kaio Jorge che è il più visibile non va oltre le 11 presenze e pochissimi minuti. In tal senso è Miretti che ne accumula di più e sono solo 322.
2022-23 – Succede di tutto, la società cambia, la Juve esce dalle competizioni per demerito proprio (Champions ed Europa League) e per decisioni altrui (il terzo posto retrocesso dalla giustizia sportiva). Le partite sono 56. A farne almeno la metà ci sono Miretti e Fagioli, rispettivamente con 40 e 37 presenze. Non siamo ai 3 ipotizzati, ma due potenziali titolari finalmente ci sono, anche per i guai fisici di Pogba e le incertezze assortite dei compagni di reparto.
2023-24 – Veniamo all’oggi. Finora sono state giocate 29 gare di campionato e 2 di Coppa Italia. I 3 stavolta ci sono (e sarebbero stati di più, senza la squalifica di Fagioli): Miretti 22; Yildiz 21, Iling-Junior 19. Nella classifica delle presenze, nessuno dei 3 rientra nei primi 11, nessuno è realmente un titolare. L’unico che a oggi supera i 1000 minuti è Fabio.

La conclusione è che sulla strada tracciata dalla società Allegri c’è, ma non esattamente al centro e neanche procede veloce…

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