Serie A
Alex Schwazer a sorpresa: «Voglio entrare nel calcio, potrei fare il preparatore. La mia esperienza…»
Le parole di Alex Schwazer, ex campione olimpico di marcia, sul suo possibile futuro nel mondo del calcio come preparatore
Alex Schwazer ha parlato a La Repubblica del suo possibile futuro nel mondo del calcio.
FUTURO NEL CALCIO –«Prima non potevo nemmeno entrare in un impianto sportivo senza rischiare un’ulteriore squalifica. Ora? Voglio entrare nel mondo del calcio. Sono stato un atleta individuale in uno sport di resistenza, mentre il calcio è uno sport di squadra, giocato però da singoli. Mi piacerebbe diventare preparatore atletico e portare la mia esperienza in un contesto nuovo. Voglio rompere gli schemi abituali. Credo molto nell’interazione tra diverse discipline. Se resti sempre nello stesso ambiente, limitandoti a vedere le stesse cose, non puoi crescere né andare oltre».
CAMBIARE SPORT –«La mia strada è diversa. Dentro di me c’è qualcosa che mi motiva profondamente, e quando sento questa spinta seguo dritto per la mia strada. Stefano Donati in Fisal 37 anni dopo? È stato un precursore di ciò che voglio fare io: ha allenato atleti di sport molto diversi. Questo approccio sta diventando sempre più comune: nel ciclismo, ad esempio, il team Visma di Vingegaard ha assunto l’allenatore del nuotatore Leon Marchand, mentre la Red Bull di Roglic ha coinvolto il mental coach di Verstappen».
PROBLEMI CON LA WADA –«A un certo punto la Wada si è trovata di fronte a un bivio: ammettere un errore o restare ferma sulla propria posizione. La manipolazione delle provette è un fatto possibile, come abbiamo visto con il caso dei russi alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014. Inoltre, ci sono persone che per la stessa sostanza ricevono un anno di squalifica, due, otto o addirittura niente. C’è anche una disparità economica: il sistema è troppo costoso, difendersi è quasi impossibile. Una persona normale, anche se innocente, finisce per arrendersi».
CASO SINNER –«Il Clostebol è l’esempio perfetto di come le sanzioni non siano uguali per tutti. Sinner può permettersi di difendersi, altri invece sono stati condannati senza possibilità di replica per la stessa sostanza e in circostanze simili. Jannik è sicuramente innocente, e gli innocenti non dovrebbero mai essere puniti. Ma nel mondo della giustizia sportiva e antidoping, essere innocenti o colpevoli non fa la differenza. Conta solo la politica».
L’ATLETICA NON LO HA DIFESO –«È rimasta in silenzio per proteggere gli altri atleti. È una scelta: se alzi la voce rischi ritorsioni. Anche qui, il problema è sempre lo stesso: nello sport c’è troppa politica. Mi ha salvato la mia famiglia e mi ritengo una persona fortunata. Ogni momento difficile, alla fine, si è trasformato in un vantaggio per me».