2017

Albertini e l’Italia da sognare: «Il calcio è condivisione»

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Demetrio Albertini tra passato, presente e futuro: «Van Basten il più grande che ricordi. Con la Spagna rischiamo, ma…»

Tutto è iniziato all’oratorio, come molti ragazzi italiani nel secolo scorso: «Mio padre faceva il muratore e mia mamma la casalinga: la passione è stata fondamentale per iniziare a giocare a calcio». Le parole sono di Demetrio Albertini, che ha ripercorso la sua carriera sulle pagine de “Il Corriere dello Sport”: «Non ho mai tifato una squadra in particolare, ma il mio idolo era Marco Tardelli. Una volta non c’erano i procuratori, ma c’erano gli amici degli amici del massaggiatore di una squadra. Mio papà diceva di no ai provini, dicendo che dovevo studiare; invece un giorno mi ha detto di vestirmi e che saremmo andati a fare un provino al Seregno. Da lì, mi hanno visto gli osservatori del Milan e a 11 anni sono diventato rossonero. Devo tutto ai miei genitori, hanno fatto grandi sacrifici per darmi l’opportunità di seguire le mie passioni».

RICORDI E FUTURO – Non c’è stato un allenatore più importante di altri per Albertini: «Devo dire la verità, lo sono stati tutti: Sacchi mi ha fatto esordire, Capello mi ha dato l’opportunità di fare il titolare. Il mio primo allenatore, però, è stato mio padre, perché mi portava a giocare». C’è invece un giocatore più forte col quale abbia mai giocato: «Van Basten, senza dubbi. Aveva insieme eleganza e forza, ha smesso a 28 anni, veramente giovane». Magari c’è qualcuno che ricorda Albertini tra i giocatori attuali: «Ce ne sono diversi. Mi ha fatto una buona impressione Coulibaly del Pescara: ha una bella storia e in lui intravedo del talento, ma per i giovani conta quanto le società e gli allenatori vogliano davvero investire nella crescita dei giovani».

LA SPAGNA E IL PRESENTE – La novità più grande dell’estate italiana è il Var: «Ho sempre detto che la difficoltà di questo strumento era la certezza della decisione. Credo sia un’innovazione giusta, ma ci vorrà un rodaggio più costante, più lungo di quello che pensavamo». Stasera Spagna-Italia, con la penisola iberica che ha rappresentato un pezzo di carriera per Albertini: «C’è meno divismo da parte dei calciatori rispetto all’Italia. Noi ci allenavamo sempre a porte aperte, in Italia questa cosa sarebbe una notizia da giornale. L’allenamento è un modo per permettere ai bambini di tifare i propri idoli, è sul campo che ti giochi il risultato». La gara del “Bernabeu” sarà testante non solo per la qualificazione al Mondiale, ma anche perché la Spagna è una delle squadre più forti al mondo: «La vedo difficile. Loro sono una squadra consolidata, anche se hanno cambiato tanto. Hanno smesso giocatori importanti, ma sono riusciti a lavorare bene con i settori giovanili dei loro club. Anche noi dovremmo fare un percorso del genere: da noi, solo la Juve ha fatto bene in Europa e agli ultimi due Mondiali è andata male. Per la Spagna il discorso è ben diverso».

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