2020
Addio Paolo Rossi, la moglie: «Sapeva di essere arrivato alla fine. Era un uomo gentile»
Federica Cappelletti, moglie di Paolo Rossi, ha parlato sulle pagine della Gazzetta dello Sport dell’ex attaccante scomparso a 64 anni
Federica Cappelletti, moglie di Paolo Rossi, ha parlato sulle pagine della Gazzetta dello Sport dell’ex attaccante, scomparso all’età di 64 anni.
ULTIMI ISTANTI – «Se era consapevole di essere alla fine? Sì, me lo ha detto in uno degli ultimi giorni: “Federica, io sto morendo”. E lì ho capito e ho pensato: “Se me lo dice lui, è finita”. Nella malattia però era stato positivo e ottimista come sempre. Solare. Aveva affrontato le cure con la voglia di farcela. Il nostro Mondiale: così chiamavamo il calvario delle terapie, e confidavamo di vincere. Purtroppo non è andata bene. Ho passato la sua ultima giornata con lui, nella stanza alle Scotte. Gli ho tenuto la mano, gli ho parlato. Spero che mi abbia capito. Gli ho giurato che continuerò a crescere le nostre figlie con i suoi valori. Quando ancora poteva conversare, mi ha detto: “Portati dentro il mio grande amore”. E io ho sussurrato la stessa cosa a lui. Per me è stata e resta una persona unica, insostituibile. Nessuno come Paolo. Nessuno mai. Sarà cremato e porterò le ceneri a casa, così starà per sempre con me, anzi con noi, in famiglia».
BEARZOT – «Paolo mi diceva: “Senza Bearzot non avrei fatto quel che ho fatto”. Si incontrarono per l’ultima volta ad Auronzo di Cadore, nel Bellunese. Bearzot era malato, alle prese con il suo tumore. Si abbracciarono e Enzo gli disse: “Paolo, grazie, io ti devo il Mondiale!”. Paolo si schermì: “Mister, ma no, sono io che devo tutto a lei!”. Li univa un affetto enorme, come tra padre e figlio».
5 LUGLIO 1982 – «Ogni anno festeggiavamo la ricorrenza come un compleanno-bis, come una rinascita. Mi diceva: “A partita finita, mi sono accasciato. Avrei voluto fermare il tempo, godermi di più quel 5 luglio. Sapevo che non avrei mai più rivissuto momenti del genere”. Una volta a Barcellona, a distanza di anni, venne riconosciuto da una scolaresca: “Paolo Rossi! Paolo Rossi!”, gridavano i bambini e lui era felice. In giro per il mondo succedeva sempre così e Paolo era disponibile con tutti. L’ho visto comportarsi alla stessa maniera con i capi di Stato e con la gente comune incontrata al supermercato. Era umile e perbene».
MORTE MARADONA – «Se glielo avevo detto? «Sì, con le cautele del caso, perché stava già male. È scoppiato a piangere. Anche Diego a suo tempo gli aveva spedito un videomessaggio in cui diceva che Paolo era stato il più grande Pichichi (cannoniere, ndr) della storia e in cui ricordava divertito come al Mundial di Spagna tutti i giocatori in campo urlassero “marca Paolo Rossi! marca Paolo Rossi!”, e come nessuno riuscisse però a marcarlo».