2015
Music & Football, Blind Guardian: «Klopp, lui sì che è un allenatore metal!»
Hansi Kürsch: «Il nostro nuovo disco ‘Beyond The Red Mirror’ è pieno di dettagli: un po’ come il calcio di Pep Guardiola…»
Esce oggi in tutto il mondo (in Italia arriverà martedì 3 febbraio) il nuovo e decimo album dei Blind Guardian intitolato ‘Beyond The Red Mirror’. Un lavoro musicalmente molto impegnativo (è nota la cura del gruppo metal di Krefeld per la cura di ogni seppur minimo dettaglio sonoro…) che arriva a quattro anni e mezzo di distanza dall’ultimo ‘At The Edge Of Time’ che infatti sbarcò sul mercato nel cuore dell’estate 2010. Per pura cabala calcistica, inoltre, gli ultimi cinque album dei Blind Guardian sono sbocciati in coincidenza con le varie kermesse Mondiali: ‘Nightfall in Middle-Earth’ e ‘A Night At The Opera’ arrivarono pochi mesi prima di Francia ’98 e Giappone/Sud Corea 2002, mentre ‘A Twist In The Myth’ si leccò le ferite subito dopo i fatti (ovviamente favorevoli a noi italiani) di Germania 2006. Il penultimo ‘At The Edge Of Time’ accompagnò involontariamente i ragazzi di Joachim Löw fino al terzo posto in Sudafrica 2010 mentre questo misterioso ‘Specchio Rosso’ è stato inciso proprio durante i giorni caldi di Brasile 2014 con un occhio rivolto alle telecronache in arrivo da oltreoceano. L’occasione, insomma, era troppo ghiotta per non avvicinare Hansi Kürsch, il cantante dei Bardi, ed interrogarlo con domande a cavallo tra metal e pallone, musica e schemi tattici, Wacken Festival (il più grande evento metallico dell’intera Germania) e Bundesliga. Vi lasciamo alle sue parole raccolte in quel di Milano appena prima delle ultime festività natalizie.
Ritorniamo un attimo all’estate scorsa: cosa stavate combinando mentre la Germania, ostacolo dopo ostacolo, si apprestava a diventare campione del mondo per la quarta volta?
«Stavamo registrando il disco e quindi eravamo nel bel mezzo dei lavori. Eppure, ogni volta che giocava la nostra amata Nationalmannschaft, interrompevano ogni cosa e ci mettevamo comodi davanti al televisore. Io, come ben sai, sono un grande appassionato di calcio e posso dire di non essermi perso neanche un incontro del mondiale brasiliano. Come facevo? Semplice, impostavo il DVD-recorder e – una volta tornato a casa – mi rilassavo guardando in differita le partite delle altre nazionali. Stando ben attento agli spoiler!»
Reazioni dopo il gol di Mario Götze all’Argentina in finale?
«Grande gioia ed ubriacature, ovviamente, ma niente di così trascendentale; siamo pur sempre tedeschi! (ridacchia) Il match con l’Argentina è stato molto impegnativo, abbiamo rischiato di andare in svantaggio più volte, quindi vincere la coppa alla fine è stato quasi più un obbligo, una liberazione, che un trionfo annunciato… Anche perché eravamo reduci dall’impresa storica contro il Brasile. Un’altra partita strana, quella.»
Cosa intendi dire con “strana”?
«Che è stata una vittoria troppo facile! Dopo il terzo gol di Kroos al 24′ del primo tempo mi sono chiesto: ‘Ma è possibile? Sto sognando o è davvero tutto così semplice?’. E questa cosa qui, questa debacle assoluta della squadra brasiliana, mi ha impedito di festeggiare come avrei voluto.Mi è quasi dispiaciuto per quel popolo.»
Nel metal, per fare folklore, si adoperano spesso termini come “distruzione”, “annientamento”, “massacro” ecc. Ecco, quello di Fortaleza si può definire come un vero e proprio massacro?
«Mmh, io parlerei più che altro di ‘self-destruction’, ‘auto-distruzione’ da parte di un team, quello verdeoro, che fino a lì aveva fatto comunque un buon Mondiale. Alla viglia non ero così fiducioso che la Germania ce l’avrebbe fatta. Ed invece la partita col Brasile è stata la meno combattutta di tutto il nostro torneo, forse più di quella col Portogallo che battemmo coumunque 4-0. Questo la dice lunga…»
Senti, da un bel po’ di anni l’Italia guarda con invidia alle strutture della Bundesliga e del calcio tedesco in generale: siete campioni del mondo in carica, il Bayern Monaco e il Borussia Dortmund sono abbonate a fare bella figura in Champions League, non parliamo poi della bellezza dei vostri stadi o dell’affluenza massiccia di pubblico… Per la musica immagino si possa fare lo stesso paragone, vero?
«Si tratta di una domanda difficile. Noi, come Blind Guardian, non possiamo assolutamente lamentarci perché, quando veniamo a suonare da voi, riusciamo quasi sempre a piazzare 2 o 3 date in giro per la Penisola (a questo giro Hansi e soci saranno il 5 maggio all’Alcatraz di Milano e il 6 all’Atlantico di Roma, NDR) ed il vostro pubblico è così caloroso e devoto nei nostri confronti… Nel calcio la faccenda sarà diversa, ma le strutture musicali italiane non possono competere con quelle tedesche solo perché le vostre sono più piccole e la fascia di appassionati è minore, tutto qui.»
Tu tifi qualche squadra in particolare nella Bundesliga?
«Sono vicino al Borussia Mönchengladbach perchè Krefeld, la mia cittadina, non è così distante da lì. Si tratta di una società con una grande tradizione che si sta finalmente riprendendo dagli anni bui della retrocessione avvenuta nel 2007. Speriamo di cavarcela con il Siviglia nel prossimo turno di Europa League. E di lottare per un posto-Champions in campionato!»
Al Borussia-Park ci vai?
«Raramente, sono troppo impegnato coi Blind Guardian e le loro tournée o registrazioni. Una delle ultime volte che sono stato allo stadio fu per la semifinale del Mondiale 2006. Germania-Italia al Westfalenstadion di Dortmund, te la ricordi? (sorride) Io purtroppo sì e, a distanza di nove anni, non sono ancora riuscita a digerirla! (Hansi ride in maniera amara, NDR)»
Senti, chi è l’allenatore più metal della Bundesliga? Jürgen Klopp, forse?
«L’hai detto! Lui, come carattere, me lo vedo più metal rispetto agli altri colleghi che sono ancora troppo mainstream. Klopp si agita, suda durante la gara, gesticola. Ti dice le cose in faccia se il Dortmund gioca male e non fa troppi giri di parole. Diciamo che non si perde nel solito bla-bla-bla così diffuso in Germania.»
I Blind Guardian, invece, a che squadra pensano di assomigliare?
«Magari alla Nationalmannschaft visto che è campione del mondo! (ride) Scherzi a parte, noi ci sentiamo molto liberi quando trattiamo la materia musicale, quindi siamo vicini a un team che attua pochi tatticismi e gioca col cuore. Però allo stesso tempo, per quel che riguarda i testi dei nostri dischi, siamo molto attenti ai dettagli, ci piace raccontare storie, creare mondi che non esistono. Non vorrei che per questo motivo qualcuno ci scambiasse per il Bayern Monaco ‘filosofico’ di Pep Guardiola! Effettivamente il rischio c’è…»
Registrare un album è come allenare una squadra? Tu fai quello, tu occupati di quell’altro, tu resta in panchina e non intervenire…
«Per quel che riguarda la produzione assolutamente sì, difatti Charlie Bauerfeind è un po’ il nostro Mister. Per tutto il resto (scrittura dei brani, arrangiamenti ecc) siamo ancora abbastanza anarchici.»
‘Beyond The Red Mirror’ è il vostro decimo album in carriera. Ed il 10, nel calcio, è il numero dei top-player…
«Mi stai chiedendo se questo è un top album? Ebbene sì, diciamo che è uno dei nostri migliori lavori… tra i nostri migliori lavori! (ride)»
Ma l’album interamente sinfonico – su cui state lavorando da decenni – invece quando scenderà in campo?
«Quando sarà pronto, ormai previsioni ottimistiche non voglio più farne… (sospira) Nel nostro hard-disk abbiamo almeno 12 o forse 14 pezzi nuovi, arrangiati e pronti per essere registrati. A febbraio ripartiremo coi lavori, poi ci sarà un tour mondiale da affrontare. Chi lo sa, magari arriverà prima lo scudo per il Mönchengladbach…».