2015
Ma quale antisemita! La storia di Salah
L’esterno del Chelsea, vicino alla Fiorentina, al centro di polemiche
La notizia di questi giorni relativa al passaggio dell’esterno del Chelsea Mohamed Salah nel nostro campionato (prima alla Roma, adesso alla Fiorentina nell’ambito dell’affare Cuadrado), ha riaperto le polemiche relative ad un episodio che vide l’egiziano protagonista un paio di anni fa, prima di una partita di Champions League contro gli israeliani del Maccabi Tel Aviv. Salah, egiziano e musulmano praticante, all’epoca calciatore degli svizzeri del Basilea, non strinse la mano agli avversari (la maggior parte di religione ebraica). Il gesto fu interpretato da molti come sintomatico di intolleranza etnica e religiosa e Salah fu bollato dai più come antisemita, ma al netto delle interpretazioni che si potrebbero dare di un singolo episodio, va ricordato come troppe volte il calciomercato diventi pretesto per personaggi, che con il calcio c’entrano onestamente molto poco, per ottenere titoli di giornali, senza nemmeno conoscere i fatti o, ancora meglio, i protagonisti delle vicende su cui ricamano riflessioni.
UN BRAVO RAGAZZO – Vittorio Pavoncello, presidente del Maccabi Italia ed uno dei rappresentanti della comunità ebraica in quel di Roma, tramite Twitter ha sentenziato: «Niente Salah alla Roma, è antisemita, noi ebrei come potremmo continuare a tifare i giallorossi?». La premessa in questo caso è ovvia, ma doverosa: se è vero che tutti hanno diritto alle proprie opinioni, è altrettanto vero che talune andrebbero pesate prima ancora di essere esternate, perché quella di antisemitismo è un’accusa gravissima e pesante. Nessuno può sapere infatti cosa frullasse nella testa di Salah all’epoca del gesto, di sicuro non Pavoncello, che non ci risulta essere nell’entourage del giocatore. In un momento storico come quello che stiamo vivendo poi, è sempre opportuno distinguere piuttosto che generalizzare: Salah è un musulmano, non un fondamentalista e nemmeno un terrorista, niente di quanto ha mai fatto o detto può insomma portarci a pensare questo. Il ragazzo ha vissuto in Svizzera, la patria della muti-etnicità, ed al momento risiede a Londra, la capitale dell’Europa globalizzata. L’entourage del giocatore è europeo, chi cura i suoi interessi, per storia professionale, di sicuro non può essere né un razzista, né un antisemita. Per giudicare, poi, come detto, bisogna anche conoscere: Salah è molto attivo in patria con progetti umanitari di varia natura. Negli ultimi anni l’Egitto non ha vissuto momenti facili, dal punto di vista politico e sociale, ed il giocatore si è sempre impegnato sia personalmente che a livello di immagine per sponsorizzare il movimento calcistico, e non solo, della propria nazione: tutto questo, chiaramente, se è vero che non lo metterà mai al riparo da eventuali errori (siamo umani, quindi fallibili), traccia comunque meglio il profilo di un ragazzo, prima ancora che di un calciatore, che fa anche del bene e che quindi, proprio per questo motivo, non merita di essere etichettato a prescindere, ancora prima del suo arrivo nel nostro Paese. Gli sia data almeno la possibilità di farsi conoscere, cioè: a Roma, a Firenze, o dovunque vorrà. Che poi ci chiediamo: chi fa il mercato delle società? I direttori sportivi o le associazioni? E’ giusto esprimere un parere, a patto che resti però confinato entro i limiti del diritto di critica. Asserire «Non vogliamo Salah» è una preclusione a prescindere ed a suo modo una forma di intolleranza, proprio quella che non ci aspetteremmo mai da parte del rappresentante di un popolo che ne ha già subita sulla propria pelle sin troppa, ingiustamente, nella storia.