Il precursore di una Cina che non c'è: Ma Ming-Yu - Calcio News 24
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2015

Il precursore di una Cina che non c’è: Ma Ming-Yu

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ma ming yu

Nemmeno un minuto nel Perugia per il fenomeno di Gaucci

Generalmente, e banalmente, un osservatore di una squadra di calcio prende in considerazione molti aspetti prima di trattare un calciatore: caratteristiche tecniche, aspetti psicologici e comportamentali, pretese economiche e prezzo del cartellino. Il Perugia di Gaucci seguiva altri percorsi, si muoveva secondo altre intuizioni: provenire da un campionato esotico, essere sconosciuto al grande pubblico o essere il figlio di Gheddafi erano ad esempio dei criteri basilari da seguire per diventare membri  della corazzata dei grifoni. Ma Ming-Yu, primo cinese ad essere tesserato da una squadra italiana, aveva tutte le carte in regola per arrivare a Perugia: non si sapeva quanti anni avesse, non si sapeva cosa potesse dare alla squadra di Cosmi dal punto di vista tecnico, e soprattutto si chiamava Ma.

LA LEGGE DEI GRANDI NUMERI – Fin dall’arrivo in Italia, nell’estate del 2000 con il Perugia ormai attestatosi in Serie A da due stagioni, emersero interrogativi leciti sul trasferimento del giocatore in Serie A, per un miliardo di euro con un riscatto fissato a 4 miliardi. Il primo interrogativo riguardava l’età: il Perugia parlava ufficialmente di 27. Qualche maligno pensò al 1927, invece si riferivano proprio a 27 anni. Dalla Cina arrivavano invece voci diverse: un’età che oscillava tra i 30 e i 32, più coerente con l’aspetto fisico dell’ex del Sichuan Quanxing. Il giocatore, già nazionale cinese, arrivò nel Perugia di Vryzas, Liverani e Materazzi, con quest’ultimo che a fine stagione raggiunse l’impressionante traguardo dei 12 gol e la formazione umbra che ottenne un dignitoso undicesimo posto. Cosmi però non ritenne opportuno far ricoprire un qualche ruolo al nuovo acquisto cinese nell’idilliaco quadretto di casa Gaucci: il primo cinese acquistato da una società italiana non divenne mai, infatti, il primo cinese ad esordire in campionato poiché Ma Ming-Yu non collezionò mai un solo minuto nella nostra massima serie. Continuava ad allenarsi, Cosmi continuava a spedirlo in tribuna, e Gaucci stesso si appellava alla legge dei grandi numeri: «I cinesi sono un miliardo, un fenomeno c’è sicuramente». E nessuno ne dubita, ma non si trattava di Ma. L’ambientamento in Italia è pieno di ostacoli e Ma si rifugia nel proprio mondo, nel proprio nido familiare, senza entrare mai a pieno titolo nel gruppo e limitandosi a fare presenza. Fare il riassunto statistico dell’esperienza italiana di Ma Ming-Yu non è un esercizio particolarmente complesso: una stagione, nessuna presenza, fine.

UN MALINCONICO RITORNO – E pensare che lo stesso centrocampista cinese, dall’alto dell’esperienza maturata in nazionale e fiducioso in un mondo del calcio privo di confini, si sentiva un precursore: credeva di essere il primo di una lunga serie di stelle cinesi capaci di rendersi protagoniste in Europa, con sulle spalle dunque una responsabilità non limitata al solo aspetto tecnico ma di vero e proprio ambasciatore. E ambasciatore, in un certo senso, Ma Ming-Yu riuscì ad esserlo: non della Cina calcistica nel mondo ma degli acquisti immotivati, degli arrivi esotici inspiegabili e dei flop orientali. Come spesso succede in questi casi la carriera del flop di turno ha avuto modo di proseguire in Patria, in modo comunque degno, con 65 presenze e 5 gol nel Sichuan Guancheng per poi terminare definitivamente nel 2003, all’età di 30 (o 33) anni. E ancora l’Italia calcistica aspetta l’arrivo in massa di calciatori cinesi, i nuovi fenomeni, profetizzato da Ma ormai 15 anni fa.

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