2015
Parma, Donadoni: «Siamo una carogna nel deserto»
Il tecnico ha parlato durante un’intervista a tutto tondo
Ospite nella puntata di ‘Senza Appello‘ di questa sera, su Gazzetta Tv, Roberto Donadoni, tecnico del Parma, ha parlato a 360 gradi. Ecco come ha iniziato, parlando di tre temi specifici: si parte con il dribbling: «Nella mia vita professionale da calciatore, il dribbling è stata una cosa che ho coltivato sin da piccolo, e mi è rimasta un po’ addosso. Gli italiani poco dribblatori? Per prima cosa bisogna sapere quanti sono gli italiani e quanti gli stranieri, ma è un po’ una verità, nel calcio italiano si è persa questa caratteristica. Trovare le motivazioni poi diventa difficile, forse non agevola il fatto che non si insegna più questo ai giocatori a partire dalle giovanili. All’estero poi c’è più voglia di far divertire i ragazzini, e questo è un incentivo».
RIGORE – Poi è la volta del rigore e della Nazionale: «Queste sono cose che fanno parte della vita, e ho sempre vissuto il calcio di rigore come un qualcosa che rientra nella logica di un mestiere, e non mi ha mai pesato segnarlo o sbagliarlo, durante la partita ci sarebbe stato sempre altro da fare. Nazionale? Credo che questo faccia parte dell’educazione che mi hanno insegnato. Ho avuto un padre e ho una mamma che mi hanno insegnato certi valori, che cerco di portare avanti. Credo sia fondamentale per i giovani essere loro d’aiuto insegnando qualcosa, cercando di vedere i loro comportamenti. A volte sbaglio, ma cerco di crescere e migliorare».
MILAN – Sul Milan sconfitto a Firenze: «Inzaghi? I discorsi che si fanno lasciano il tempo che trovano. Ho visto la gara per 80 minuti, e mi è sembrato che nel primo tempo avesse interpretato bene la partita e ha anche messo in difficoltà la Fiorentina. Poi nel secondo tempo i viola sono entrati col giusto piglio, e il fatto che abbiano recuperato il punteggio all’ultimo lo dimostra. La Fiorentina gioca bene, ha buona gestione del pallone. Il Milan soffre i calci piazzati, e così è arrivato il pareggio della viola. I due ultimi risultati avrebbero potuto cambiare le cose, ma così non è stato. Poca gavetta di Inzaghi? Quando ho deciso di allenare, ho avuto l’opportunità del Lecco: facevo il master ma dovevo capire se questa sarebbe potuta essere la mia professione. E quindi andava bene anche la Serie C. Ma Pippo ha avuto l’opportunità, come si fa a dire no ad una squadra di Serie A? Andare al Sassuolo? Secondo me dipende dal vissuto con i dirigenti del Milan. Galliani e Berlusconi probabilmente gli hanno detto che credevano in lui, e come faceva a voler andare al Sassuolo? Bisogna valutare le circostanze. Poco protetto? Non può ridursi tutto a questo discorso. Io al Milan? Sarebbe complicato dire no».
IPOTESI SARRI – Donadoni ha parlato anche dell’ipotesi di Sarri al Milan: «Ho sentito recentemente Bielsa alla premiazione per la panchina d’oro. L’allenatore deve avere prima la testa, sapendoti comportare, poi con altri puoi essere più malleabile. Sarri sta facendo bene ad Empoli, mostrando delle qualità, ma non è detto che queste qualità rimarrebbero tali in un altro ambiente».
MANCINI – Su Mancini: «Ha detto che l’Inter non è da terzo posto? Se un allenatore del suo calibro fa certe affermazioni, uno le ascolta. Quello che ha detto è che l’anno prossimo lotteranno per lo scudetto, quest’anno non si può pretendere molto. E’ arrivato a campionato in corso, qualche passo falso capita a chiunque, neanche le altre stanno facendo i salti mortali, basta vedere la Roma. L’anno prossimo, se vorrà competere per i primi posti, l’Inter dovrà avere un piglio diverso, con un progetto ben definito».
IL CAOS – Inevitabile non parlare del caso Parma: «E’ giusto aspettare sino al 19. Questa è una situazione paradossale. Il problema però è a monte, perchè abbiamo giocato due gare e adesso sembra che le cose siano tornate alla normalità. Ma non è così. E’ impossibile pensare di cambiare qualcosa facendo sempre le stesse cose, bisogna rivedere le cose. Dobbiamo cercare di metterci tutti insieme e porre rimedio, senza accontentarsi di apporre toppe. Se i giocatori continuano a fare il loro lavoro è perchè vogliamo che tutto ciò non accada a nessun altro. Un momento di massimo disagio? La cosa più spiacevole è quando ci si rende conto che le persone non sono come pensavi, o meglio come volevano apparire. E’ questa la cosa che fa più male, in assoluto. Io ho un pregio: non porto rancore nei confronti di chi mi ferisce, ma qui ci sono in ballo tante persone. Ragazzi che guadagnano pochi soldi e che non ricevono lo stipendio da mesi, non ce la fanno. Coric mi diceva: “Mister, se chiudono la mensa come faccio?” L’ho invitato a casa mia, ma non era l’unico in questa situazione. Ormai siamo una carogna in mezzo al deserto, con gli avvoltoi che svolazzano attorno. Non abbiamo ricevuto un euro da nessuno, ma questo non ci interessa. Vediamo cosa accade, e dopo agiremo di conseguenza».