2015
Torino, Arnuzzo su Ventura: «Merita le soddisfazioni»
L’ex dirigente e giocatore della Sampdoria parla dell’amico allenatore del Toro
Domenico Arnuzzo conosce bene Giampiero Ventura. I due hanno condiviso l’esperienza alla Sampdoria, e oggi Arnuzzo, tramite le colonne di Tuttosport, parla dell’allenatore granata, un amico: «Mi sono sempre chiesto come mai Ventura da allenatore non arrivasse ai vertici del calcio italiano. Adesso sono felice che Giampiero sia finalmente approdato in un grande club e che da quasi quattro anni stia portando avanti un lavoro eccezionale con ottimi risultati. Queste soddisfazioni le avrebbe meritate prima. Resta uno dei tecnici italiani più preparati in senso assoluto, bravissimo nel gestire un collettivo e a ottenere il massimo da ciascun giocatore».
IL CARATTERE – Arnuzzo ha parlato anche del carattere di Ventura: «Giampiero per me è sempre lo stesso. Entrambi siamo più maturi ma il carattere è quello di allora. Le persone prima di giudicarle bisogna conoscerle bene. Magari in pubblico può apparire riservato e severo ma tra amici è allegro e scherzoso, un ragazzo di compagnia. Poi, il fatto di essere riservato, per me è una qualità e non certo un difetto».
L’INIZIO – Arnuzzo ricorda come Ventura iniziò come preparatore: «Lui smise di giocare presto a causa di un infortunio e studiò per diventare preparatore atletico. Io giocavo ancora e con me tanti altri ragazzi come Zecchini, Bedin… Bei ricordi. Bene, Ventura tornò con noi, era scrupoloso e sapeva svolgere il suo nuovo lavoro nella maniera migliore. Eravamo in buone mani con lui. Poi diventò il vice di Giorgio Canali poi di Lamberto Giorgis. E da lì inizio la sua attività di tecnico».
LA PREPARAZIONE – Sulla competenza di Ventura: «Lo ritenevo e lo ritengo l’allenatore più preparato che io abbia mai conosciuto sotto ogni profilo. Nel giugno 1999 la Samp era reduce dall’amara retrocessione dalla serie A con Luciano Spalletti. Volevamo risalire subito e io non avevo dubbi, l’uomo giusto per noi era Ventura. Era tanto tempo che non ci vedevamo, avevamo intrapreso due carriere diverse. Lo chiamai e accettò. Lasciò il Cagliari e venne in blucerchiato». Però finì male: «Eppure per tre quarti di campionato eravamo lassù poi il declino. Questa mancata promozione è il dispiacere più grande che mi porto dietro di tutta la mia vita di dirigente. Le responsabilità del fallimento furono un po’ di tutti, nessuno escluso. E anche Giampiero patì enormemente quella delusione. Credo anche che quella vicenda lo abbia un po’ frenato nel proseguimento della sua carriera. Fu un brutto colpo per tutti noi».
IL PRESENTE – Infine, sul periodo di adesso al Torino: «Lui è davvero bravo e tutto ciò che si è conquistato l’ha fatto da solo, nessuno gli ha mai regalato niente. Si è guadagnato con il lavoro e l’intelligenza ogni soddisfazione, sapendo anche incassare le negatività senza mai protestare. E non parlo solo della sua carriera da allenatore. Anche la Nazionale dilettanti la meritò e poi non fu fortunato perchè quando pareva arrivato il momento del grande salto nel calcio professionistico l’infortunio lo costrinse a interrompere l’attività agonistica. Ma lui mica si è arreso ed ha trovato un altro modo per approdare in quel mondo a cui tanto aspirava».