2015
Cresciuti con Ronaldo
Rubrica 10 e lode: Ronaldo Luìs Nazàrio de Lima, semplicemente il Fenomeno
Che sia stato il più forte o meno nella storia di questo sport è materia tanto complessa da non poterla decifrare: non appena ti esponi su uno dei grandi nomi scritti a caratteri cubitali nell’enciclopedia del pallone il rischio è quello di fare torto ad un altro. Scomodi Ronaldo e dimentichi Zidane, credi sia Messi ma più di qualcuno ti risponderà con Maradona o Ronaldo, Cristiano, quello in formato 2.0.
EMBLEMA DI UNA GENERAZIONE – Ciò che invece appare difficilmente confutabile è quanto rappresentato da Ronaldo Luìs Nazàrio de Lima, in arte (e che arte!) Ronaldo, per la generazione venuta alla luce negli anni ’80: ancora troppo piccoli per godersi a pieno le meraviglie di Maradona, in età appropriata per lasciarsi trascinare nelle pieghe di questo meraviglioso sport da quello che poi fu ribattezzato O’ Fenomeno. Il mito di una generazione, l’uomo più veloce della luce ed ancor più fulmineo se col pallone attaccato ad un piede, il calciatore che tutto può, quello per cui perde clamorosamente di senso la ricerca della giusta miscela difensiva da opporgli. I migliori difensori al mondo – e nella sua era hanno vissuto davvero i più bravi – del resto si sono espressi all’unisono: il più forte di tutti? Non scherzate, Ronaldo. L’uomo del paso doble, quello che ti stordisce, quello che ti chiedi come sia possibile eppure lo hai davanti agli occhi.
DUE MOMENTI CHIAVE – Sarebbe fin troppo scontato citare gli infortuni che hanno tristemente accorciato la carriera del Fenomeno privandoci di uno spettacolo di rara bellezza, ma si sceglie di leggere la sua tormentata carriera da un altro passo cruciale: Ronaldo arriva in Italia nel 1997 con le stimmate del predestinato, ha segnato 47 reti stagionali nel Barcellona ad appena vent’anni e qualche mese dopo vincerà la sua prima Coppa America con il Brasile firmando una tripletta in finale. Il Pallone d’Oro ’97 è una formalità: lo vince Ronaldo, l’alieno, ed immediate conseguenze saranno il tanto agognato (da Massimo Moratti) scudetto con l’Inter e la conquista del Mondiale in Francia. La storia però scriverà un altro copione, quello che nessuno allora può attendersi, Ronaldo vince l’allora Coppa Uefa ma perde amaramente la sfida tutta personale con la Juventus, si arrende ai fatti del Delle Alpi e due mesi dopo presterà il fianco alla Francia nello scenario dello Stade de France di Saint-Denis in quella che resterà nelle pagine calcistiche come una delle notti più misteriose della storia.
LACRIME E RISCATTO – Lo scudetto con l’Inter non arriverà mai (incredibile vero?): la notte di Parigi come per lo scherzo del più brutale destino sportivo lascia in eredità un Ronaldo a singhiozzo, in quattro campionati – quelli che vanno dalla Serie A ’98-’99 alla 2001-2002 – disputerà appena 36 partite, l’ultima delle quali nell’indimenticabile pomeriggio delle lacrime dell’Olimpico. Rientrato in extremis per vincere con la sua Inter un tricolore già cucito sulle maglie nerazzurre, è inaspettatamente decisivo in un finale di stagione da urlo ma accade l’irreparabile. Una maledizione. Ogni cerchio che si rispetti però, in un modo o nell’altro poi, trova il modo di chiudersi: il Fenomeno sbarca in Corea-Giappone 2002 con tutti gli interrogativi legati ad una condizione fisica precaria. Si guarda dietro però, e trova un mondo da riscattare: i fatti del ’98, quattro anni vissuti a guardare gli altri. Lui, il più forte di tutti. Neanche a dirlo Ronaldo vincerà quel Mondiale: segnerà nel girone eliminatorio a Turchia, Cina e Costarica (2), agli ottavi al Belgio, in semifinale nuovamente alla Turchia e deciderà la finale di Yokohama con la splendida doppietta alla Germania. Sarà il capocannoniere del Mondiale, il suo secondo in carriera e primo da protagonista, quella notte di fatto vincerà anche il suo secondo Pallone d’Oro. Reti in carriera, tra club e nazionale (secondo all-time alle spalle di Pelè): 442. Con una carriera standard e non travolta dagli infortuni, sul più grande di sempre – probabilmente – avremmo avuto pochi dubbi.