Sandro Mazzola: «Spero che l'Inter ipnotizzi la Juve come Jascin fece con me» - Calcio News 24
Connettiti con noi

2015

Sandro Mazzola: «Spero che l’Inter ipnotizzi la Juve come Jascin fece con me»

Avatar di Redazione CalcioNews24

Pubblicato

su

mazzola ifa

Il Baffo rivive per noi il suo personale Derby d’Italia e quel famoso rigore del 1963: «Fu puro terrore fissare il Ragno…»

Roma, 10 novembre 1963, 73mila persone radunate sugli spalti dello Stadio Olimpico. Altra epoca, altra giunta comunale, altra città. Va in scena Italia-URSS, ottavi di finale del Campionato Europeo 1964 (il primo vinto dalla Spagna) e gli azzurri del neo C.T. Mondino Fabbri, tanto per cambiare, sono chiamati ad un’impresa titanica.

Due settimane prima, a Mosca, hanno perso 2-0 ed ora contro questi solidi sovietici serve davvero l’impresa. La gara si mette subito male per noi (gol di Gusarov al 32′), ma l’Italia – in un moto d’orgoglio tardivo – decide che tutto quel pubblico accorso ad incitarla merita decisamente di più. E così si butta a capofitto nell’area avversaria quando al 60esimo ecco l’episodio-chiave che cambia per sempre la Storia del football.

Rigore netto fischiato dall’arbitro svizzero Mellet a favore dei nostri. Sul dischetto va Sandro Mazzola, figlio dell’indimenticabile Valentino, capitano del Grande Torino. E ci va con l’incoscienza dei suoi 21 anni (compiuti appena due giorni prima) mentre è alla sua terza presenza in maglia azzurra. Di fronte a lui un uomo di un metro e novanta, dal capello imbrillantinato, vestito di nero, guanti e calzettoni esclusi. Ha un nome che non avrebbe sfigurato in un romanzo di Boris Pasternak: Lev Ivanovic Jascin, per tutti Jascin. Il Ragno Nero.

Riviviamo quel momento: lieve rincorsa di Sandrino, piatto destro indirizzato alla sinistra di colui che ebbe trascorsi nell’hockey su ghiaccio e parata che definire ‘plastica’ è poco. Lev battezza l’angolo giusto, si inchina, incolla il pallone a due mani grandi come il cielo («Eppure non le aveva così grosse: erano mani da uomo normale», mi dirà in privato sua moglie, la signora Jascina) e – per completare l’opera – si accovaccia tipo wide receiver del football americano, tenendo stretta la sfera in grembo. Tanto per chiarire al mondo che il pallone ce l’ha lui, che il capolavoro è tutta opera sua. Uno dei gesti tecnici più belli dell’intera storia del calcio. Nato per di più sulla conseguenza di un insuccesso altrui. Puro sport, insomma. Ah, giusto per la cronaca: la partirà finirà poi 1-1 con pareggio agguantato da Gianni Rivera nei minuti finali. Italia fuori, URSS meritamente avanti.

Vi raccontiamo tutto ciò perché qualche giorno fa, presso la mostra Football Heroes di Milano, c’è stato un toccante incontro tra lo stesso Mazzola e la signora Jascina, vedova di Lev, prematuramente mancato nella primavera del 1990 dopo aver varcato in vita le soglie dell’immortalità calcistica (Pallone d’Oro nel 1963 – unico portiere finora ad esserci riuscito -, 4 Mondiali disputati ed estremo difensore di ogni tempo per gli annali della FIFA). I due, al riparo dei media, si sono parlati calorosamente e scambiati omaggi in onore del marito. Una cerimonia breve, ma intensa. Esattamente come sarebbe piaciuta al leggendario Ragno della Dinamo Mosca. Inevitabile, per noi di CalcioNews24, partire proprio da qui col Baffo, nostro gradito ospite.  

Lev Jascin in Italia – URSS del novembre 1963

Sandro, immagino che conoscere la signora Jascina sia stata una bella emozione. 52 anni dopo quel rigore all’Olimpico…
«Sì, un’emozione enorme. Parlando con lei e rievocando quell’episodio mi sono sentito come trasportato indietro nel tempo. Peccato non esserci restato più a lungo… (sorride) Sulla grandezza assoluta di Jascin, invece, poco da aggiungere. Un atleta enorme, un portiere senza eguali. La Storia ha già parlato al posto mio.».

Te lo risogni ogni tanto quel famoso penalty?
«Eccome. Sai, da un po’ di tempo faccio parecchi sogni rivolti al passato ed il rigore contro Jascin salta sempre fuori. Fortunatamente non sogno solo partite ed avversari, ma anche momenti più leggeri. Tipo quando fuggivamo dalle nostre camere, la notte, per mangiarci un panino di nascosto. Era l’unico modo per scampare alle diete ferree del Mago! (Herrera, Ndr)».

A parte l’eliminazione dell’Italia, quali furono le conseguenze di quel tuo errore dal dischetto?
«Tanti fischi beccati quando l’Inter giocava in trasferta nel corso di quel pazzesco campionato ’63/’64 (perso dalla Beneamata nello spareggio di Roma contro il Bologna, NdR). Nel corso della mia intera carriera tirai qualcosa come 30 rigori e segnai quasi sempre. Pure contro Gylmar, il portiere del Brasile campione del mondo. Eppure la memoria mi riporta sempre a galla il faccia a faccia che ebbi con Jascin. Scherzi della psiche, mi sa…».

Fu un vero e proprio caso di ‘ipnosi’ quello?
«Assolutamente sì. Quel giorno all’Olimpico fissavo la porta e la vedevo così piccola… Ed in mezzo ci stava Jascin, un omone enorme. E poi le sue mani: mamma mia come sfarfallavano prima della mia rincorsa! Vuoi sapere la verità? Fu un attimo di puro terrore. Tant’è che ne venne fuori un rigoraccio, nonostante la sua parata comunque perfetta.»

 Sandro Mazzola durante un allenamento dell’Italia

Cambiamo discorso e parliamo di cosa succederà domenica sera…
«Perché? Chi gioca domenica sera? (sorride sotto il baffo, NdR)».

Dai che c’è l’atteso Derby d’Italia… Chi vince secondo te?
«Ma che domande mi fai? (ride) Vince l’Inter. Senza alcun dubbio.».

Anche se proviene da una brutta sconfitta interna con la Fiorentina ed un pareggio sudato con la Sampdoria?
«Appunto: un pareggio ed una sconfitta. Manca solo la vittoria, a questo punto. E domenica sera arriverà proprio lei per Mancini ed i suoi.».

Secondo te Inter-Juventus è tornata ad essere soltanto una partita di calcio oppure…?
«Ti riferisci al brutto periodo successivo a Calciopoli?»

Sì.
«Per fortuna è tornata ad essere una gara di pallone. Solo quello: 11 uomini in campo contro altri 11. Guardiamo avanti.»

Tu, tra l’altro, esordisti nel calcio professionistico proprio contro la Vecchia Signora. Il clamoroso Juventus-Inter 9-1 del 10 giugno 1961. Sivori scatenato (6 reti) e Sandrino Mazzola in gol su rigore al 78esimo…
«Già, la famosa partita dove l’Inter (per protesta contro i bianconeri) mandò in campo la De Martino, come si chiamava allora la squadra Primavera (la vicenda è celebre e controversa: la Lega Calcio presieduta da Umberto Agnelli ribaltò un 2-0 a tavolino dei nerazzurri, conquistato al Comunale di Torino, facendo ripetere la gara e consegnando di conseguenza lo scudetto alla Juve, NdR). Problemi federali a parte, il guaio per me era che quel giorno avessi scuola al mattino…».

Storie incredibili di un calcio romantico che non esiste più. Vale la pena raccontarla di nuovo.
«Facevo la quarta ragioneria a Milano e quel sabato avevo in programma tre interrogazioni decisive per non finire rimandato a settembre. Italo Allodi chiese al Preside dell’istituto di darmi l’intera giornata libera, ma strappò solo un permesso per uscire due ore prima.».

Come si comportò Sandrino alla cattedra?
«L’interrogazione di matematica la evitai perché il professore, un signore meridionale severissimo, mi diede 7 in un precedente compito in classe e decise di promuovermi esclusivamente in base a quello. La professoressa d’inglese – bella donna, tra parentesi. La spiavamo sempre mentre faceva lezione… – mi graziò con tre domande facili. Alla terza ora avevo Diritto, ma il prof non mi vedeva di buon occhio. Mi diceva sempre: ‘Mazzola, chi sa giocare bene a pallone non sarà mai un bravo ragioniere nella vita!’. Diciamo che era un po’ prevenuto nei miei confronti e mi fece sostenere l’esame di riparazione il settembre successivo… »

Tu, quel giorno, segnasti anche il tuo primo gol in serie A di 116 in totale.
«Esatto, un rigore contro Mattrel che all’epoca era titolare in Nazionale. Prima del tiro feci finta di avere timore reverenziale di lui e segnai di piatto girando il pallone. Alla fine sia Giampiero Boniperti che l’avvocato Agnelli vennero a farmi i complimenti. Graditissimi ma – mannaggia! – avevano pur sempre vinto loro… (sospira)».

Cambiamo argomento in extremis. L’Italia di Conte si è qualificata con merito ad Euro 2016. Europei che, per la cronaca, non vinciamo dal lontanissimo 1968. Con Mazzola in campo e Facchetti capitano a sollevare la coppa.
«Ah, la nostra vittoria contro la Jugoslavia! Quella sì che fu una splendida notte romana. Ho ancora i brividi a ripensarci…».

Una vittoria che pure stavolta non replicheremo?
«Non è detto. In Francia ci andremo con una squadra tosta e, nonostante il calcio sia cambiato, alla fine chi gioca bene vince sempre! E poi sarebbe davvero ora di riconquistarlo questo benedetto Europeo…»

Parola di Baffo. Parola di leggenda educata come poche altre.

Sandro Mazzola ai tempi della Grande Inter

Intervista a cura di Simone Sacco; per comunicare: calciototale75@gmail.com