Atalanta, Pinilla: «Sogno ancora l'Inter» - Calcio News 24
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2015

Atalanta, Pinilla: «Sogno ancora l’Inter»

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pinilla esulta atalanta maggio 2015 ifa

L’attaccante cileno si racconta tra chance sprecate e sogni nel cassetto

Poteva costruirsi una carriera diversa, ma non è stato facile per Mauricio Pinilla riemergere dal buco nero nel quale era caduto. L’attaccante dell’Atalanta ha fatto tutto e subito, ma nel momento sbagliato e soprattutto nel modo sbagliato. Il suo mondo poi si è capovolto, come fa spesso lui in campo, quando ci regala prodigiose rovesciate. Intervenuto ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, il calciatore cileno si è confessato, partendo dalla sua famiglia e dal matrimonio con Gissella: «Avere già due figlie come avevamo noi non significa essere una famiglia, non basta neanche amare la donna o l’uomo con cui stai: famiglia è avere la testa giusta per esserlo, è non poterne più di svegliarsi soli, è non accettare di vedere le tue figlie due volte al mese. Poi è nato anche Mauricio». 

CHANCE SPRECATA – Se potesse tornare indietro, Pinilla riavvolgerebbe il nastro della sua vita fino al 2003, quando ha sprecato un’occasione al Chievo Verona, che avrebbe dovuto invece sfruttare per finire nella sua “amata” Inter: «Non c’era nulla che mi piaceva di Verona. La odiavo almeno quanto oggi la amo, oggi che ci torno spesso con la famiglia e la vedo com’è, cioè bellissima. Vedevo tutto sbagliato: pensavo non servisse mezzo sacrificio, lottare per guadagnarmi il posto, pensavo che appena qualcosa non andava la cosa più logica fosse chiedere di cambiare squadra. Al Chievo fu la prima volta, ma è successo di nuovo quattro-cinque volte. Peccato, perché sono sicuro che oggi sarei un punto di riferimento nell’Inter: anzi, avrei potuto esserlo anche negli anni d’oro, e l’Inter avrebbe risparmiato un po’ dei soldi spesi per comprare altri attaccanti. Però non da molto ho raccontato che un giocatore importante mi ha detto: “Guarda che io alla Pinetina ci sono arrivato a trent’anni, sei ancora in tempo”. E’ vero, non è mai tardi: e quando arriverò all’Inter, vi dirò anche chi è quel giocatore». 

IL BUCO NERO – C’è stato un momento della sua carriera nel quale non capiva cosa voleva davvero, sentiva che gli mancasse qualcosa, e quindi non si godeva nulla, neppure il calcio: «Un giorno avevo voglia di allenarmi e quello dopo no, mi sentivo onnipotente ma non ero mai contento. Il momento davvero down è durato due anni: l’ho chiuso con il matrimonio, era iniziato in Scozia dove l’Hearts mi aiutò ad accettare l’idea di andare in una clinica per un mese. Qualche volta avevo guidato non proprio sobrio, ma zero droga, zero problemi con la polizia: però avevo delle crisi tremende, di ansia più che di panico, dal nulla mi scoppiava il cuore per la tachicardia. Ho imparato a controllare le mie ansie, ma ci ho messo due anni per superarle tutte e nel frattempo non ho pensato di smettere con il calcio: ho proprio smesso, per sei mesi. Ero al Vasco da Gama, mi ero infortunato e non volevo giocare più. Mi convinse a ripensarci Gissella, anche se in quel periodo non stavamo insieme: “Ma che cavolo vuoi lasciare, sai fare solo quello”».

IDOLI – Pinilla ha però avuto la fortuna di avere per amico il proprio idolo, cioè Ivan Zamorano. Idolo che però non ha seguito come esempio: «Io da ragazzino avevo tutto, lui partendo dal nulla di una famiglia umile è arrivato alla gloria. Ivan era l’attaccante che ammiravo per come lottava in campo, era il centravanti che studiavo a cominciare dall’anticipo nel colpo di testa; è l’esempio di come è bello amare i genitori, e il rapporto che ha con sua madre l’ho sempre trovato unico. E’ stato l’unico idolo che ho avuto, e quella parola sarebbe da maneggiare un po’ più con cura: si fa presto a far perdere la testa a dei ragazzini facendoli sentire idoli già a 18 anni, a rovinargli la carriera; si fa presto a scrivere scemenze gigantesche, tipo “quello è il nuovo Pirlo”, una roba che ci vogliono vent’anni per capire se può essere vero. A quell’età mi dicevano che ero meglio di Zamorano e Salas: io la carriera me la sono frenata da solo, ma se uno è debole, quando si ritrova lassù poi fa in fretta a vedersi cascare il mondo addosso». 

IL MIRACOLO – Non crede al destino Pinilla, ma nel prendere le decisioni giuste al momento giusto, perché quelle indirizzano il corso della propria esistenza. Ma pensa che forse poteva esser scritto da qualche parte che suo figlio Mauricio non dovesse morire, un dramma che ha vissuto durante la sua esperienza a Cagliari: «Lo chiamo “miracolino” perché è nato di 28 settimane, non pesava neanche un chilo e in quel momento vivevo a Cagliari dove c’è un ospedale con un reparto per bimbi prematuri fra i più all’avanguardia in Italia. Ci ho pensato un sacco di volte: fossi stato in un’altra città, chissà se Mauricio ce l’avrebbe fatta. Per due mesi ho vissuto in apnea: andavo tre volte al giorno in clinica da mia moglie a prendere il latte che si tirava e lo portavo nell’altro ospedale e nel frattempo dovevo pensare alle bambine, a portarle a scuola e possibilmente anche ad allenarmi e a giocare, mai in casa perché quell’anno il nostro stadio era Trieste. Ma a pensarci bene non è dipeso da me neanche che al Mondiale, contro il Brasile, ho colpito la traversa al 119’. Quel tiro in realtà era perfetto e l’ho sognato ogni notte per almeno 4-5 notti, dopo l’eliminazione: ma sì, a pensarci bene forse per certe cose un destino esiste davvero».

LA VECCHIAIA – Pinilla ha parlato poi della vecchiaia e di come intende trascorrerla: si immagina ricco di soddisfazioni personali, felice, sempre in viaggio e tra pesca e caccia. Non come Reja, che lo allena a Bergamo: «Io come faccia Reja davvero non lo so: avessi i suoi anni – è il più vecchio della Serie A, no? – avrei già mandato tutti a quel paese da un bel pezzo e invece lo vedi che lui senza calcio non sarebbe lo stesso. E che l’età gli dà un grande privilegio: in questo nostro strano mondo può permettersi di dire tutto a tutti. E, magari ridendo, ti dice tutto in faccia, non risparmia niente a nessuno. Perché nessuno gli potrà mai rimproverare di saperne più di lui: le ha vissute praticamente tutte». 

IL “SOSIA” – Infine, parla di sesso e della crescita che lo ha portato a distinguerlo dall’amore. Decisivo l’incontro con Gissella, che lo ha aiutato a cambiare. E smentisce un video erotico con la modella argentina Romina Salazar: «No, non l’ho fatto: l’ho visto anch’io su Internet e in effetti l’uomo mi assomiglia un sacco, ma non ha neanche un tatuaggio e poi è scarso, lo fa troppo male perché possa essere io. Anzi: visto che si dice che quello è Pinilla, mi fa fare pure brutta figura».

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