«I’m a lonely guy»: lo Special One sempre più lontano dal Chelsea

«Sono un uomo solo, in un mondo che peggiora giorno dopo giorno». Josè Mourinho perde partite e smalto: non è più tempo per le roboanti dichiarazioni passate («Special One» prima, «Happy One» poi), la classifica piange e il suo Chelsea è sempre più in difficoltà. Contro il West Ham è arrivata l’ennesima sconfitta – cinque ko in dieci partite di campionato, un record negativo per il manager portoghese – in Premier League, viziata sì da alcuni episodi arbitrali dubbi (su tutti il gol annullato a Cesc Fabregas per fuorigioco) ma legittimata dai costanti problemi che stanno affossando i Blues: difesa tutt’altro che imperforabile, gioco lacunoso e iniziative affidate per lo più ai singoli. Con i soliti problemi di spogliatoio: Oscar in panchina per novanta minuti ad Upton Park, Fabregas sostituito all’intervallo.

CHE SUCCEDE? – Difficile capire cosa stia capitando a Mourinho. Di certo, la situazione, dopo il caso Carneiro, sembra essergli sfuggita di mano: buona parte dello spogliatoio sarebbe contro lo Special One. E Abramovich adesso riflette: cosa fare? Esonerarlo costerebbe tanto, troppo anche per le casse del magnate russo, che ha deciso di aspettare un’altra settimana per prendere la decisione definitiva. Nel frattempo, Mou pare in confusione totale: nei giorni scorsi ha persino aggredito un ragazzino nelle vie di Londra, reo di ‘filmare’ lo Special One intento in una telefonata parecchio accesa. E poi c’è il problema arbitri, con cui, in generale, non ha mai avuto un buon rapporto.

FERRI CORTI – Adesso, però, il rapporto tra il tecnico del Chelsea e i fischietti inglesi è più che ai ferri corti: multato nel penultimo turno in seguito ad alcune dichiarazioni piuttosto piccate (dopo la gara con il Southampton, Mourinho ha attaccato tutto il settore arbitrali: «Sembra abbiano paura di fischiare a favore del Chelsea»), sabato, nell’intervallo del match con gli Hammers, ha persino provato ad entrare nello spogliatoio della terna capitanata da Moss, che non ha potuto far altro che espellerlo. 

TATTICA – Confuso fuori dal campo, ma anche in campo: la squadra non gira, ma Mou non ha ancora avuto il coraggio di mettere in discussione il suo 4-2-3-1. Il giocatore emblema di questa crisi è Eden Hazard, esterno belga che l’anno scorso era frequentemente fra i migliori in campo. Nel maggio del 2015 concluse la sua stagione con 52 partite e 19 gol. Quest’anno ne ha già giocate 14 ma non ha segnato neppure un gol, e il 17 ottobre contro l’Aston Villa ha persino iniziato la partita dalla panchina. E Diego Costa? Due gol in otto giornate: poco, troppo poco.

L’ULTIMA – Sabato, a Stamford Bridge, per l’ex allenatore dell’Inter sarà l’ultima chiamata: o tornerà Special, oppure «The Normal One», Jurgen Klopp, sarà la causa del suo secondo addio al Chelsea. Ipotesi quasi impensabile, ad inizio stagione, ma tra il caso Carneiro, le presunte spie nello spogliatoio e una classifica terribile, l’incubo è diventato realtà. Al Liverpool, dunque, l’ardua sentenza.