2015
La porti un bacione a Wembley
Arsenal – Fiorentina, Champions League 1999-2000: il gol più importante della storia europea viola
Tutto inizia con Aldo Firicano. Lui è uno che ha giocato in Serie D e sa cosa vuol dire andare per il sottile. Si vede arrivare un gigante davanti, un omaccione corpulento che gestisce palla con una delicatezza innaturale e salta Rossitto semplicemente con un tocco leggero di esterno che manda il suo compagno in terra. L’omaccione si chiama Patrick Vieira e sta andando in progressione, molto spesso in Premier League fa ripartire così le azioni dell’Arsenal, con una giocata nata dal nulla e che riesce a innescare la nuova transizione dei suoi. Firicano non è uno che va per il sottile, dicevamo, e appena si vede arrivare il treno in corsa di nome Vieira decide di entrare nell’unica maniera possibile. Il pallone stazione poco dentro la metà campo della Fiorentina, ma è un momento clou della gara e bisogna prendersi qualche rischio, c’è in palio un traguardo che odora di racconti ai nipoti. L’intervento che ha in mente Aldo Firicano è disperato, ma gli hanno insegnato che in certe circostanze non c’è molto da sperare, bisogna agire e basta. Firicano quindi si getta a terra in scivolata e cerca l’impatto con il pallone. Non sarebbe giusto dire che Firicano entra in scivolata perché si fionda sulla palla con una velocità supersonica, ancora più elevata di quella con cui Vieira ha saltato in dribbling un suo compagno poc’anzi. Il piede destro del difensore della Fiorentina tocca la palla mentre Vieira, stordito, toglie la gamba e si getta in avanti a corpo morto. Finirà disteso un metro più avanti, con la sfera non più in suo possesso e meravigliato perché il signor Lubos Michel non ha fischiato fallo. La meraviglia dura poco, veramente poco, anche perché non è fallo ma un tackle difensivo eseguito con una perfetta geometria dal professor Aldo Firicano da Erice, che in quel momento decide di fare della didattica sulla fase difensiva. L’intervento infatti è pulito e netto, la palla si sposta un poco in avanti e sempre Firicano la rigioca da terra verso Rossitto. Ecco, è in quel momento che la Fiorentina vince davvero la partita.
O MAESTRO – Rossitto dà indietro a Pierini che di prima fa la cosa giusta, cerca centralmente Manuel Rui Costa. Il numero dieci della Fiorentina svolazza quasi svagato tra le maglie biancorosse dell’Arsenal, va incontro al pallone e, come spesso gli accade, sentenzia. Siccome la sfera gli arriva troppo sul destro e non può cambiare passo come farebbe solitamente, si muove con il corpo in direzione della palla e poi finta di andare verso la porta dei Gunners quando la sfera in realtà prende una direzione opposta. Rui Costa la dà col tacco a Chiesa e poi parte, perché lui è così: semplice nella sua complessità, decisivo con queste giocate quasi umili, che uno spettatore non ricorda se non va a monte di una qualsiasi azione e si accorge che lì c’è il tocco di Rui Costa, sempre elegante ma mai altezzoso. Enrico Chiesa si ritrova così in possesso ma nella innaturale posizione di regista di centrocampo, e d’altronde il suo spirito di sacrificio e la sua voglia di azzannare le partite lo hanno portato proprio lì, a dettare i tempi in una sorprendente azione di ripartenza con l’Arsenal gettatosi a capofitto in avanti. A Wembley la zona centrale del campo è ormai priva di ogni logica, i giocatori dell’Arsenal e della Fiorentina si mischiano in un’azione convulsa a un quarto d’ora dalla fine di un match da dentro o fuori per ambedue le squadre, ma più per i toscani, che all’ultima giornata della fase a gruppi hanno in casa il maestoso Barcellona di Rivaldo, una squadra che già al Camp Nou ha dettato legge in dieci minuti e che si è fatto due belle vittorie per 4-2 proprio contro le due squadre in campo a Wembley. Chiesa in quel momento fa da metronomo, dunque, ma la gioca a due tocchi perché, come per Vieira pochi minuti prima, è in arrivo un treno la cui destinazione, si spera, sia alle spalle di Seaman. Il tedesco Jörg Heinrich si invola così verso un gol storico.
L’ISPETTORE – Heinrich, detto l’Ispettore Heinrich dai tifosi della Fiorentina sempre inclini allo scherzo e alla battuta, aveva ripiegato dopo la scivolata di Firicano e aveva rinculato fino a trovarsi nella linea difensiva davanti a Francesco Toldo, fino a quel momento decisivo più con la sua presenza sicura e ferma che con le sue parate – tanto né Bergkamp né Kanu sembravano in serata di grazia. Heinrich prende il pallone e caracolla fino al limite dell’area avversaria, le maglie dei Gunners sono sparite e i reparti scollati, tanto che Heinrich può agire indisturbato fino ai venti metri. Si trova davanti Tony Adams, uno che farebbe paura persino a suo figlio, e decide di non provare nemmeno una finta perché tanto con uno come Adams si va da poche parti. Carica il destro come se volesse tirare ma non vede lo specchio della porta e, per fortuna dei tifosi della Fiorentina, si accorge che sulla sua destra è appena avvenuta un’apparizione. Fisico statuario, barba folta e capelli lunghi e castani, occhi chiari, un’aura ammantata di fiducia che si porta appresso da quando gli hanno messo per la prima volta una maglia da calcio addosso. Da quando gli hanno messo una maglia della Fiorentina addosso, a voler essere precisi. Non è Gesù Cristo, ma su questo ancora non ci sono stati studi approfonditi, si tratta di Gabriel Omar Batistuta, che – come l’illustre figuro succitato – sa apparire nel momento più adatto, specialmente quando qualcuno è in difficoltà. E se l’azione parte da Aldo Firicano, passa da Heinrich e da Rui Costa e finisce proprio con Gabriel Omar Batistuta significa che qualcuno ha voluto far sì che accadesse qualcosa di brutalmente eccezionale, qualcosa al di là della semplice concezione di calcio: una gamma di stili e di modi di intendere il pallone che è il fulcro della Fiorentina di Giovanni Trapattoni, una squadra cinica e operaia alla bisogna ma straordinariamente esaltante quando innesca il reparto offensivo.
L’EPILOGO – Batistuta è defilato sulla destra e si trova al limite alto dell’area. Lo marca Nigel Winterburn, che però quella sera avrebbe preferito essere al pub da quanto Batigol lo ha maltrattato calcisticamente parlando. È una di quelle serate in cui tutto può solo andar bene, lo si vede da quando la squadra mette piede in campo: la Fiorentina ha un piglio diverso, gioca con entusiasmo contro un Arsenal ai massimi picchi della boria. Si dice che serve fame in campo, e Batistuta da leone qual è di fame ne ha da vendere. Winterburn non cerca l’anticipo, non può farlo perché se entrasse in scivolata farebbe un patatrac, pensa che non deve per nulla al mondo concedere il destro a Batistuta perché quell’argentino ha un cannone al posto della gamba destra, e quindi non gli rimane altro che rivolgersi alla propria fede. Per Winterburn le cose sembrano anche andare bene perché la palla arriva lenta a Batistuta e lui la stoppa col destro e cerca con il sinistro un’azione in progressione. Se la tocca troppo forte Batistuta, la manda verso la linea di fondo e lì Winterburn può cercare di evitare il peggio, tanto male che vada la crosserà. E invece Batistuta sale su un motorino che nessuno ha visto entrare in campo e quando la sfera sembra irraggiungibile, tra le stelle sprinta e va. Invece di mangiare libri di cibernetica, il buon Gabriel Omar si mangia Nigel Winterburn e lo picciona come si fa con i ragazzetti della primavera nelle amichevoli del giovedì. Il terzino dell’Arsenal è spaesato e non riesce a contenere Batigol, che ora può controllarla col destro ma è a un metro dalla linea di fondo, quasi innocuo. Quasi. Sì perché lo spazio è veramente esiguo, la porzione di porta visibile da lì è minuscola considerato che Seaman non è proprio un pigmeo. E però quello è il momento in cui qualcosa deve pur accadere, e quel qualcosa è un siluro che parte da Batistuta e non cambia mai traiettoria. Vola dritto per dritto, dal basso verso l’alto, e se non trovasse una rete a fermarlo di sicuro volerebbe sul cielo di Londra in una serata di ottobre che non è più normale. Non dopo quel bolide dell’attaccante della Fiorentina, che fa cambiare il risultato sul tabellone di Wembley mentre lui e i compagni viola festeggiano e i Gunners mestamente scendono dal piedistallo. Settantacinque minuti Arsenal zero Fiorentina uno. Poco più tardi Toldo attraverserà le frontiere dello spazio e del tempo per deviare un tiro di Kanu a porta (quasi) vuota, salvando così il risultato e facendo cadere i Gunners in casa contro un’italiana per la prima volta. La Fiorentina si qualificherà alla seconda fase a gironi dopo il pari con il Barcellona in casa per tre a tre. Segnerà Bressan, in rovesciata da trenta metri.