2015
Roma, Florenzi: «Totti e De Rossi fondamentali»
Il jolly: «Non dimentico il settore giovanile»
«Credo che avrò avuto quattro o cinque anni quando ho iniziato a vedere le prime partite alla tv con mio padre: lì ho iniziato a capire il calcio, le sue regole e cosa fosse quella squadra che giocava con i colori giallo e rossi». Due amori: il calcio e la Roma. Alessandro Florenzi, in una lunga intervista rilasciata al sito ufficiale giallorosso, svela alcuni retroscena sulla sua infanzia. «La Lazio? Un mio amico ci ha provato: si chiamava Alessandro e veniva a scuola con me alle elementari. Io ero stato instradato bene da mio padre, lui però stando a scuola insieme a me tutti i giorni ha tentato di convertirmi. È stato anche bravo nel suo pressing, ma alla fine ho resistito e sono rimasto della Roma».
LA ROMA – «Quando avevo nove anni – prosegue il jolly di Garcia – sono andato a giocare nella Lodigiani, in quella che al tempo era considerata la terza squadra della Capitale, visto che militava nell’allora serie C. Dopo due anni lì mi sono trovato nella situazione di dover scegliere tra Roma e Lazio, che mi volevano entrambe. Io mi sono convinto quando sono andato con mio padre a Trigoria e lì ho incontrato Bruno Conti, il responsabile del settore giovanile del club. Non mi ricordo bene cosa ci dicemmo, ma mi bastò la sua presenza e la sua accoglienza per farmi scegliere i colori giallorossi».
GIOVANILI – Una vita per la Roma, quella di Florenzi, ma con alti e bassi a livello giovanile: «Il momento più brutto? Sì, quando ero nei Giovanissimi Nazionali. Nella regular season, quando c’era in panchina mister Scuderi, non scesi praticamente mai in campo. Poi nelle fasi finali cambiò il tecnico e arrivò ad allenarci Stramaccioni (che fu poi allenatore di Udinese e Inter, ndr): con lui giocai sempre titolare, anche l’anno successivo quando passammo con lui negli Allievi Nazionali. Il più bello? Sicuramente la vittoria dello Scudetto con la Primavera nel 2011. Fu un successo incredibile, dato che in finale con il Varese perdevamo 2-1 fino al 91′. Poi quasi all’ultima azione Montini, il nostro attaccante dell’epoca, segnò e poi ci portò alla vittoria nei supplementari. Fu una gioia e una emozione speciale, anche perché io ero il capitano di quella squadra».
DUE MODELLI – «La loro presenza non è stata importante – spiega a proposito di Daniele De Rossi e Francesco Totti – È stata fondamentale. Perché sia Francesco che Daniele mi hanno aiutato in tutto e per tutto: senza paragoni loro due sono state le persone che mi hanno aiutato di più dentro la Roma. Mi hanno supportato e consigliato dalla A alla Z. Partendo dagli atteggiamenti da tenere in squadra e in un ambiente come quello della nostra città. A volte mi hanno preso in disparte ma spesso è bastata una parola messa in una frase e un’occhiata a farmi capire se stavo facendo una cosa buona o no. Francesco non ti insegna le cose, ma ti ispira: vedi le magie che fa in campo e provi a rifarle, anche se non è facile emularlo. È sempre una fonte di stimolo. Daniele è poi per chiunque un esempio sia per l’atteggiamento in campo con la sua voglia e cattiveria calcistica sia per l’intelligenza tattica».