2016
Heroes, just for one day
Grandolfo, Palo, Cesaretti, Ranegie e Russo: tutti gli eroi per un giorno in Serie A
Una volta, basta una volta soltanto. Non ci è dato sapere se siamo nati per essere protagonisti o per rimanere nell’ombra, fatto sta che faremmo salti mortali per avere quel quarto d’ora di notorietà esaltato da Andy Warhol e poi sublimato da David Bowie, secondo cui però si può essere eroi, eroi per un solo giorno. E come spesso accade ecco che arriva il calcio, autentica livella in queste circostanze: una partita decisiva può essere risolta dal fuoriclasse patinato ma anche dal giovane all’esordio in Serie A, dall’ex ferrotramviere di passaggio nel pallone che conta o dal portiere più pagato della storia. Pensatela come volete, ma il calcio è il gioco più democratico di tutto. Non c’è luogo comune, ognuno di noi ha diritto a quel momento in cui, vuoi per un rigore parato o per un colpo di tacco al volo, ci siamo sentiti il fenomeno di turno e gli occhi del pubblico erano su di noi, intenti a compiere una giocata per certi versi impossibile. Eppure c’è chi ce l’ha fatta, chi per un giorno è davvero stato un eroe. Lo stadio più o meno gremito, le televisioni, gli sponsor importanti sulle maglie. Attorno a sé i campioni che prima attaccava nell’albume delle figurine e a cui si è avvicinato o gradualmente o bruciando le tappe, a seconda dell’occasione. C’è chi per una volta, una volta soltanto, è stato protagonista indiscusso di una vittoria, un po’ come quegli attori che fanno un solo film di successo o quei musicisti che azzeccano un solo disco nella loro carriera. Una gioia indicibile, effimera solo agli occhi degli altri.
PALO-GOL – Francesco Palo è un attaccante esile ma scattante, si dice che segni moltissimo e nel suo periodo in prestito al Marsala qualche volta l’ha messa dentro prima di tornare a vestire la maglia del Napoli. Certo, per essere una punta il nome Palo non è benaugurante, ma sono in pochi a farci caso. Il dieci maggio del 1981 Francesco Palo ha da poco compiuto ventun anni e non ha mai giocato in Serie A, il suo Napoli è di scena a Como mentre le altre due concorrenti allo Scudetto, Juventus e Roma, se la stanno vedendo in Piemonte e i nervi sono a fior di pelle. Zero a zero a Torino e zero a zero anche a Como, la tensione la fa da padrona oltre al caldo. Sul lago sono arrivati moltissimi tifosi del Napoli, praticamente l’azzurro che si scorge sulle tribune del Sinigaglia è tutto napoletano o quasi. Rino Marchesi le prova tutte per far vincere i suoi ma gli attacchi sono vani, quindi decide di tentare la carta della disperazione: toglie Musella e mette Palo. Se sia un jolly o un cambio davvero dettato solo dalla frenesia del momento, Marchesi non lo sa ben spiegare perché quell’attaccante con la maglia bianca e il numero quindici azzurro non entra quasi mai in partita. Scocca il novantesimo e quel quindici è al posto giusto. Vecchi non blocca un tiro da destra e Palo da un metro mette dentro il primo gol in A al debutto facendo esplodere il tifo partenopeo. Vincerà il Napoli, che perderà definitivamente lo Scudetto in casa con la Juventus la domenica dopo, quando Palo giocherà la sua seconda e ultima gara in Serie A. Si ritirerà a 29 anni per problemi alle ginocchia, dopo aver giocato quasi esclusivamente nelle serie inferiori.
RUSSO O SON DESTO – Roberto Baggio non va molto d’accordo con Marcello Lippi, lo si è visto ai tempi della Juventus e all’Inter lo si nota ancor di più. Tra il viareggino e il vicentino i rapporti non sono così idilliaci, tanto che in quel finale di millennio, quando il Novecento è agli sgoccioli, sembra che pure la carriera del Divin Codino possa andare in discesa. Lippi addirittura sembra preferirgli un giovane diciottenne, cresciuto nelle giovanili nerazzurre: Nello Russo, classe 1981 da Vimodrone. Russo è un attaccante modello, in primavera è uno dei migliori e sembra avere l’avvenire ormai segnato e, ovviamente, roseo. Avendo solamente diciotto anni forse bisogna ancora aspettare per vederlo in A, ma Lippi decide di premiarlo (o di impaurire Baggio, assente per infortunio) e il cinque dicembre del 1999 lo getta nella mischia, per la prima volta nella massima divisione italiana. Entra al settantaseiesimo sul risultato di due a zero sostituendo Recoba, autore dell’1-0, e salutando il compagno nelle giovanili Trezzi, rimasto in panchina. A diciotto anni si ritrova catapultato a San Siro con settantamila persone che lo fissano, anche se il risultato è in ghiaccio. Al novantesimo Bobo Vieri, che adesso gioca a pochi metri da lui, tenta l’azione personale ma la palla arriva proprio a Russo che di prima di piatto dal limite dell’area fulmina De Sanctis per il tris. Nemmeno esulta, si mette la mani sul viso, incredulo, e viene sommerso dai compagni. Ha segnato il piccoletto, battesimo del fuoco superato. Per Russo però non ci sarà più spazio in Serie A, quell’Inter ha Ronaldo, Vieri, Recoba e troppi altri. Arriverà prima la Serie B, poi la C e infine il dimenticatoio. L’ultima volta che è assurto agli onori delle cronache ha firmato con il Suno, in Prima Categoria.
RIGOR MORTIS – Trentotto anni e sei mesi è un’età in cui un calciatore appende gli scarpini al chiodo. E anche per Alessandro Cesaretti, nato nel 1968, quel 27 maggio del 2007 è il giorno perfetto per smettere di giocare. La partita è Roma – Messina, si gioca a Roma proprio dove è nato Cesaretti e, anche se il Messina è retrocesso, è pur sempre una chance per dire addio al calcio che conta all’ultima di campionato. C’è solo un piccolo particolare: il 27 maggio 2007 è la data della fine della carriera di Cesaretti ma è anche l’inizio della sua avventura in Serie A. Cresciuto nelle giovanili della Roma – tanto vale ripeterlo: il destino è beffardo – Cesaretti ha giocato in tutta Italia e pure in Svizzera, al Bellinzona, ma mai nella prima divisione del nostro calcio. Cesaretti ha esultato sei anni prima quando Totti regalò alla sua Roma il terzo Scudetto, ma adesso se lo ritrova di fronte più carico che mai e pronto a segnare la doppietta che gli darebbe la Scarpa d’Oro. Il Messina va avanti con Riganò, poi pareggia Totti in diagonale e in seguito Cesaretti si fa beffare da un cucchiaio di Mancini prima del pareggio sempre di Riganò. Tocca poi a Cesaretti salire alla ribalta perché la sfida Riganò – Totti sfocia in un rigore per la Roma per fallo dell’ex viola sul Pupone, che si incammina sul dischetto pregustando il riconoscimento personale. Cesaretti ha di fronte un idolo ma sa che è la sua opportunità, pur a trentotto anni e mezzo, di guadagnarsi un posto nella storia. Totti calcia di piatto, la palla è centrale e Cesaretti si sposta lentamente sulla sinistra prima di deviare con i piedi. Il rigore è parato e Cesaretti è l’unico portiere nella nostra Serie A ad aver neutralizzato il 100% dei rigori contro. Poco importa se ha giocato solo quella partita e se poi ha subito altri due gol (uno di Totti). Ha chiuso da vincitore.
RENEGADE – Mathias Ranegie è uno svedese un po’ atipico. Innanzitutto il cognome non sembra essere così tanto di Göteborg come dice la sua carta d’identità e infatti bisogna dare uno sguardo al padre, che ha origini della Guadalupa. Sembra un finto trasandato, ha sempre lo sguardo perso in qualcosa di indicibile, anche se in campo è cinico e in Svezia è un bomber implacabile. L’Udinese, molto attenta al mercato scandinavo, decide di comprare questo pennellone di quasi due metri e di novanta e passa chili per fare un’accoppiata tutta forza e classe con Antonio Di Natale. Guidolin gongola e nelle prime giornate di campionato del 2012-13 lo schiera spesso titolare ma si sa che i giocatori di una certa stazza hanno bisogno di tempo per carburare e il 23 settembre sembra la data perfetta. Allo Stadio Friuli arriva un Milan in crisi e l’Udinese ha un’occasionissima, Guidolin non ci pensa due volte e schiera l’artiglieria pesante con Ranegie prima punta supportato da Totò Di Natale. Ranegie fa sponde, gioca per la squadra e al minuto numero quaranta si incunea nell’area piccola su una punizione spizzata alla bell’e meglio da Benatia. Il pallone si impenna e Abbiati esce a casaccio, in una posa quasi da Superman se non fosse che la sfera non è nel punto in cui si dirigono le mani del portiere. Ranegie ringrazia la mamma che l’ha fatto alto e di testa mette dentro l’uno a zero. Festa grande al Friuli, l’Udinese ha trovato un bomber. Peccato che per Ranegie inizierà un’astinenza che in A dura tutt’oggi. In compenso si è messo in mostra per una serie di motivi: ha saltato una trasferta dell’Udinese sbagliando il giorno della convocazione, è finito all’ospedale per un’intossicazione da noci, è coinvolto in due risse una delle quali con una girl gang in Ucraina. Gol? Zero.
THREESOME – O le cose si fanno nel verso giusto oppure tanto vale non farle, forse è questo il motto di Francesco Grandolfo, nato a Castellana Grotte e cresciuto nella Pro Inter, la squadra che lanciò Cassano. E proprio come Fantantonio il giovane Grandolfo viene preso dal Bari e lanciato in Serie A. A maggio 2011 il pugliese, a diciannove anni ancora da compiere, gioca la sua prima sfida in campionato contro il Palermo, sette giorni più tardi è in campo nel derby perso col Lecce e venduto da Masiello e nell’ultima giornata di Serie A Bortolo Mutti, subentrato a un commovente Giampiero Ventura, decide di lanciarlo da titolare in una sfida inutile contro il Bologna: il Bari è già retrocesso e i felsinei, rilassati ormai dall’ultima vittoria datata 20 marzo, giocano più per la gloria che per altro. Per Grandolfo è la grande chance e al ventottesimo la sfrutta alla grandissima, su un cross basso di Huseklepp da sinistra si infila e col piattone sinistro batte Viviano. È una felicità indescrivibile, la partita conterà pure poco ma un gol in Serie A è pur sempre qualcosa da raccontare ai nipoti. Grandolfo va a riposo consapevole di essere entrato nella storia e intanto i telecronisti lodano questo giovanotto le cui movenze ricordano un po’ quelle di Inzaghi. E il senso del gol? Beh quello lo si nota dopo due minuti nella ripresa: un pallone sporco viene stoppato da Grandolfo al limite, la sfera va leggermente indietro e il 19enne può solo calciare cadendo. La scelta si rivela azzeccata, il sinistro lemme lemme si avvia sul secondo palo ed è 0-2, doppietta. Grandolfo non ci crede, è la giornata più bella della sua vita. Diventa ancor più bella sette minuti dopo quando ancora Huseklepp lo mette di fronte alla porta sguarnita e Grandolfo, quasi incredulo, ciabatta col mancino riuscendo comunque a segnare la sua prima e unica tripletta in Serie A. La sua faccia felice sotto la curva del Bari è il manifesto del calcio, di chi ce l’ha fatta. Grandolfo giocherà altre due sfide in A col Chievo e inizierà un pellegrinaggio tra B, Lega Pro e Serie D. Gioca nella Fidelis Andria e ha ritrovato la verve realizzativa, diamogli tempo. Magari tornerà eroe, e non solo per un giorno.