2016
Il City che sarà: Neymar Pallone doro. Anzi no, Aguero
A spasso nel tempo: il Manchester City di Guardiola tra sogno e realtà
Ora che la catena delle ufficialità è stata ultimata ci appare legittimo scatenare la nostra immaginazione: Pep Guardiola lascerà il Bayern Monaco al termine della stagione e diventerà la guida tecnica – e non solo – del Manchester City per i prossimi tre anni. Quali gli scossoni all’orizzonte? Come impatterà sulla geopolitica del calcio europeo un trasferimento così pesante? Proviamo a viaggiare nel tempo ed anticipare – giocando ma non troppo con la fantasia – alcuni risvolti.
LA GRANDE SFIDA – Non che quanto abbia fatto finora possa essere derubricato ad ordinaria amministrazione: gli anni dei trionfi, nazionali ed internazionali, alla guida del Barcellona prima del passaggio al timone del Bayern Monaco, dove ha finora dominato il palcoscenico interno fermandosi per due volte in semifinale di Champions League proprio al cospetto delle due spagnole più celebri del pianeta. Pep Guardiola ha vinto innovando ed è questo il tratto distintivo, la peculiarità che più delle altre emerge con nitidezza dei particolari: una sorta di calcio totale dove ognuno è stato a sua volta chiamato a ricoprire un ruolo che non gli apparteneva per propensione naturale, modello sublimato dalla circostanza per cui mai si è specchiato nella sua bellezza. E dunque mai ha perso efficacia. Ora – dopo l’ultimo assalto alla Champions League sulla panchina del Bayern Monaco, del resto in Germania contratto o non contratto non si scherza, Heynckes docet – la grande sfida della sua carriera: affermarsi in quello che, se non il più bello (questo stabilitelo voi), è sicuramente il torneo più competitivo della Terra.
NEYMAR, CHE FAI DA GRANDE? – Immaginate se il tutto verrà condito dalla rivalità eterna con Josè Mourinho, candidato credibile ma non unico a sedere sulla panchina del Manchester United nel prossimo futuro. I due allenatori più influenti dell’era moderna improvvisamente nella stessa città, roba da non crederci. Il Pep pensiero – e questa è una roba sfuggita a tanti – si è rivelato in tutta la sua irruenza nel pre e post semifinale di Champions League della scorsa edizione. Il succo della sua riflessione fu il seguente: puoi inventarti quello che vuoi, innovare quanto vuoi, provare a sorprendere o spiazzare l’avversario, ma ad un certo punto il piccoletto (Messi, n.d.r.) prende la palla e decide la partita. E lì non puoi fare niente, se non osservare e meravigliarsi. Tradotto: anche Guardiola ha bisogno della stella che sublimi la sua architettura. Sia chiaro, non che non ne abbia avute al Bayern Monaco: da Robben a Lewandowski passando per Muller e Gotze, insomma gente seria. Ma pur sempre luci di un collettivo da urlo. Non il genio che ti fa saltare il banco a prescindere dalle forme di vita esistenti nel suo intorno. Ce n’è uno, Messi. O meglio due, con Neymar. E giocano nella stessa squadra.
LA SOLUZIONE – Situazione di fatto non esistente altrove e forse mai esistita prima: due così, insieme, non si erano mai visti. Non ci sono certamente nell’attuale panorama calcistico, un raffronto forse può essere effettuato – con tutte le specifiche del caso – con il mondo Nba: Stephen Curry e Klay Thompson nei Golden State Warriors, o i non ancora vincenti Kevin Durant e Russell Westbrook ad Oklahoma. Neymar ha più volte raccontato di come viva da Dio a Barcellona e di non essere intenzionato a lasciare la Catalogna, magari nella speranza, un giorno, di raccogliere l’eredità della Pulce. Un giorno però lontano: la carriera europea di Leo Messi terminerà in quel di Barcellona e dunque la stella brasiliana dovrà accettare – agli occhi del mondo – di recitare il ruolo del comprimario di lusso. Del resto un anticipo cruciale è arrivato in sede di assegnazione dell’ultimo Pallone d’Oro: con ogni probabilità lo meritava Neymar, ma è addirittura finito terzo. Il Barcellona è di Messi. Punto. E può andarti bene, c’è di peggio nella vita s’intenda. Il ruolo di protagonista del prossimo decennio di calcio mondiale è gentilmente offerto dal Manchester City, che oltre ai soldi ora vanta l’irresistibile fascino del buon Pep: gli inglesi farebbero carte false per lui, ma l’esito è tutt’altro che scontato. Ed il Barcellona non ha alcuna intenzione di privarsene. La soluzione? Alle volte ti agiti, ti scervelli e termini con il procurarti un’emicrania. Quando, un po’ come l’evergreen della ragazza della porta accanto, la soluzione ce l’hai in casa. Sotto gli occhi. E si chiama Aguero. Il Kun ha finalmente la chance di diventare quello che proprio Messi ha sempre detto di lui: il vero fenomeno è Sergio. Che sarà meno funzionale degli eccellenti singoli del Bayern ma che, quella luce che cercava Pep prima di affrontare il suo amato Messi, è in grado di accenderla. Non vediamo l’ora di sapere come andrà a finire.