2016
Così cambia la Champions League
Piace l’idea delle wild card, niente più ottavi, ma solo due super-gironi
La rivoluzione sta per cominciare: sotto la minaccia della Superlega, il super-campionato europeo proposto dalle big d’Europa come concreta alternativa alla Champions League, la UEFA sarà costretta a riformare la formula attuale della massima competizione europea per club. Dovrà farlo in fretta, perché i cambiamenti apportati dovrebbero prendere piede già dal 2018 e, per ragioni tecniche, serve dunque una modifica entro la metà dell’anno prossimo, cioè in un lasso di tempo brevissimo (un anno da oggi). L’idea che stuzzica i grandi club e che a questo punto la UEFA dovrà in qualche modo ricevere è quella di una Champions con tutti i più grandi club europei: le prime otto del ranking (attualmente tra di loro non c’è nemmeno un’italiana), più un altro nugolo di club che dovrebbero aggiungersi. Quattro potrebbero provenire dai massimi campionati europei, altre quattro potrebbero arrivare alla Champions direttamente come “wild card”, ovvero su invito diretto da parte della UEFA in base a parametri di prestigio ed importanza economica da stabilire.
CHAMPIONS LEAGUE: LA NUOVA FORMULA – L’idea degli inviti per i club che non riescono a qualificarsi direttamente ma che potrebbero creare appeal lo stesso (per esempio Inter e Milan), piace molto all’ECA, il comitato della grandi d’Europa. L’obiettivo è quello di arrivare ad una Champions a trentadue squadre (come oggi), di cui però almeno ventiquattro proverrebbero dai quattro o cinque top campionati europei. Dopo la fase a gironi (con due qualificate per ognuno), si arriverebbe ad una seconda fase che sostituirebbe gli attuali ottavi con due super-gironi da otto squadre: in tutto, in sostanza, i sedici top club d’Europa, da gennaio in poi, arriverebbero a giocarsi la Champions League, con partite mai scontate che attirerebbero l’interesse delle tv. La fase a gironi preliminare finirebbe ben prima di dicembre (magari evitando scontri di andata e ritorno con squadre di basso rango), la seconda fase diventerebbe una competizione a sé.
IL NODO DATE – Chiaro che una seconda fase di Champions così importante, magari con andata e ritorno, presupporrebbe tante date disponibili: l’obiettivo della UEFA è quello di ricavare almeno venticinque date durante l’anno in cui far giocare la competizione (attualmente sono meno della metà). Come? Togliendo qualcosa ai campionati (diminuendo ad esempio il numero di squadre per ognuno di essi), riducendo le soste internazionali e concentrandole non più durante l’anno, ma verso la fine di maggio, prima delle competizioni importanti, fino alla fine di luglio. Significherebbe niente più soste vere e proprie (figuriamoci gli stages), ma del resto la Champions ha necessità di essere riformata: ad oggi un club medio di Premier League può guadagnare quanto in media guadagna chi vince la massima competizione europea per club, segno che anche la Champions ha bisogno di ritrovare appeal e denari.