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2016

Tutte le Juve che hanno vinto a Viareggio

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Cosa potrà nascere dal trionfo di Fabio Grosso? Ecco tutti i precedenti

Non è assolutamente banale trionfare al Torneo di Viareggio e farlo con una sequenza di risultati che ha confermato, anche in una competizione con incontri dentro-fuori a partire dagli ottavi, quanto la Juventus Primavera sia su alti livelli, coerentemente a quanto sta mostrando in campionato (primato e sequenza di vittorie consecutive alla stregua dei grandi) e in Coppa Italia, dove si giocherà la finale in un doppio incontro con l’Inter. Della squadra di Fabio Grosso piace la personalità spiccata di alcune individualità e la forza complessiva della rosa. Al Viareggio chiunque è entrato è stato all’altezza dei componenti l’undici di partenza e nella gara con lo Spezia ha anche funzionato come fattore determinante dopo un primo tempo oggettivamente a favore dei liguri e non solo nel punteggio.

COME NASCE UN CAMPIONE – In questi casi, appena dopo la festa, i tifosi – più degli addetti dei lavori, che ben conoscono le difficoltà di prevedere il futuro – sognano passaggi diretti tra il vivaio e la prima squadra. Non per altro: una delle emozioni più forti nel calcio è assistere alla nascita di un campione, studiarne i primi passi e intuirne da subito un grande futuro. Senza contare il grande orgoglio che si prova quando un giocatore cresce in casa, siamo un po’ tutti invidiosi della cantera del Barcellona, anche se non si arriva a quel livello e a quel contesto in tempi brevi e in modi semplici, sempre che qualcuno ne abbia l’intenzione nel nostro Paese per vecchi. Resta la considerazione che gli accostamenti al mondo degli adulti sono tipici in situazioni di questo genere ed anche oggi, nelle esaltanti pagelle sui ragazzi bianconeri, si è letto di Lirola come del nuovo Lichtsteiner, di Macek che a tratti ricorda Hamsik, di Vadalà da accostare a Tevez o Dybala a seconda dell’approccio interpretativo utilizzato e della storia di Di Massimo che ricorda la favola di Torricelli per come veste il bianconero con personalità, provenendo dal mondo dilettantesco, dove i sogni di un balzo in avanti sono quasi indicibili. Più che praticare l’onirismo, però, è bene sapere che il passaggio al calcio che conta da noi è sempre più problematico. Nel contesto italiano sta mancando l’inserimento di quelle energie giovanili che non necessariamente diventeranno dei campioni. Quelli, per la verità, possono anche bruciare le tappe e venire calati direttamente in Serie A, com’è successo a Pogba, asso annunciato che si è confermato tale sin dai primi test amichevoli. Per gli altri il percorso può essere anche più lungo, l’importante però è che se ne veda la direzione. Ma da questo punto di vista, essere ottimisti significa tradire una corretta visione delle realtà. Proprio la Viareggio Cup è un significativo ambito per una bella inchiesta sull’indice di produzione dei nostri settori giovanili. E, se volete, dell’opportunità “storica” che ha oggi la Juventus di Grosso: tornare alla fioritura di anni che recentemente sono stati dimenticati e si sono rivelati assai aridi. Tra i bianconeri che vinsero nel 2012 agli ordini di Marco Baroni solo Chibsah gioca nel massimo campionato, pur non essendo un titolare fisso del Sassuolo. Del Milan vincente del 2014 Calabria fa parte della prima squadra, ma Mihajlovic non lo considera più di tanto. Quanto all’Inter della scorsa edizione, si parla un gran bene di Gnoukouri, che pure qualche apparizione positiva l’ha fatta, non riuscendo però a ritagliarsi uno spazio realmente significativo. Il resto è prestito nelle categorie minori. Che spesso è l’equivalente della dispersione scolastica o giù di lì.

QUELLI CHE CE L’HANNO FATTA – Per carità, non bisogna avere fretta, può darsi che i frutti matureranno successivamente. Però, limitandosi solo a uno sguardo sulla Juventus di qualche tempo fa, ci si rende conto di come se non intere squadre, una buona percentuale dei componenti sia riuscita a emergere, anche se non necessariamente nella società di appartenenza. Partendo dal Viareggio del 1994, vinto dai bianconeri quando la prima squadra era invece impaludata in mille difficoltà, con Del Piero c’erano i più che “onorevoli” Binotto, Cammarata e Manfredini. Nel trionfale ciclo di tre affermazioni consecutive tra il 2003 e il 2005 i nomi sono tantissimi. E se Marchisio, Giovinco e De Ceglie hanno trovato modi di lasciare un’impronta ben visibile sulla Juventus post 2006, l’esercito degli altri vede i nomi di Mirante, Gastaldello, Cassani, Konko, Palladino, Brighi, Paro, Masiello, Criscito e Bianco. Comprandoli non si vince certo al Fantacalcio, ma qualche buon exploit lo hanno garantito e alcuni di loro disegneranno una carriera di buonissimo profilo all’insegna della continuità. Infine, c’è stato il biennio 2009-10, sotto le gestioni di Maddaloni e Bruni. Ariaudo, Marrone, Fausto Rossi, Ekdal, Iago Falque, Immobile. A confrontarsi nelle finali del Viareggio con il sampdoriano Soriano o con gli empolesi Tonelli, Pucciarelli e Saponara. Ognuno di loro ha una storia particolare, è impossibile riconoscere una sola regola d’accesso al mondo dei grandi, una chiave per entrare in un universo realmente molto lontano, a quel che dice chiunque lavori nel settore. Chissà se mai un’università o una bella inchiesta giornalistica si metterà a studiare il conto economico delle spese di una società in relazione ai ragazzi fatti crescere, ai trofei vinti, alle strutture costruite per dare comunque l’opportunità a tanti giovani di praticare lo sport. La sensazione è che anche in questo la Juventus primeggi e che esistano però interessanti realtà minori, che forse dovrebbero avere un surplus di coraggio nel cercare di operare un’osmosi tra il vivaio e la prima squadra.

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