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2016

Come si cambia: esoneri, una stagione da record

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mihajlovic disperato milan luglio 2015 ifa

Un tour nell’Europa delle panchine che saltano

Voglia di cambiare, di provare qualcosa di nuovo, oppure necessità di dare uno scossone ad un ambiente ormai spento e senza stimoli. Le ragioni di un esonero, varie e spesso insondabili, trovano nella Serie A un quadro più che mai variegato e ampio: dai programmi non più condivisi al bisogno di provarle tutte, dagli amori mai sbocciati tra presidente e allenatore fino al vizio, persino compulsivo, di vedere nel cambio di guida tecnica la soluzione di tutti i mali e non, come talvolta accade, un ulteriore problema da gestire.

PER TUTTE LE STAGIONI – Il campionato italiano si guarda bene dal legare l’esonero solo a mere questioni di classifica e, spesso, sa andare oltre. La stagione ancora in corso è emblematica in tal senso: se esoneri come quelli di Mandorlini o Delio Rossi, con esiti diversi, arrivavano dopo risultati che in qualche modo rendevano obbligato un addio, allontanamenti come quelli di Mihajlovic o di Zenga, più indietro nel tempo, regalano anche spiegazioni e spunti diversi, legati alla capacità di sviluppare già in estate un progetto che convinca pienamente. Ad unire le tante sfumature diverse dello stesso epilogo, l’esonero appunto, ci pensano i numeri: sono ben nove le società che hanno cambiato tecnico in corso d’opera e, eccoci al vero record, sono addirittura ventidue gli allenatori che si sono dati il cambio sulle nove panchine in questione. A questo punto però sarebbe miope un’analisi che non tenesse conto del caso Palermo: dei ventidue allenatori che si sono alternati, infatti, ben sei arrivano dal cilindro di Zamparini e da quel vortice senza sosta che è stata fin qui la stagione rosanero. Il presidente del Palermo, tra tanti propositi di addio alla presidenza, ha voluto imitare i fuochi di artificio: se fine dell’avventura dev’essere che almeno sia in grande stile. Con buona pace dei tifosi rosanero.

MEDICINA INAFFIDABILE – Partendo dal presupposto, per alcuni neanche scontato, che il caso Longobarda sia un semplice ricordo cinematografico, e non un vademecum per presidenti, ecco che l’idea stessa di un esonero muove dalla voglia di migliorare. Allo stato dei fatti, quando mancano appena sei giornate alla fine del campionato, non è però possibile stabilire quanto il cambio di tecnico funzioni in linea generale. Gli esempi virtuosi non mancano: l’arrivo di Luciano Spalletti al posto di Rudi Garcia sulla panchina della Roma è emblematico e, in un certo senso, rappresenta l’epilogo ideale per chi sceglie di cambiare. Il tecnico di Certaldo, tornato nella “sua” Roma e accolto da eroe, ha ripagato pienamente l’entusiasmo giallorosso portando una media di 2,30 punti a partita (1,78 la media di Garcia) con 9 vittorie, 3 pareggi e una sola sconfitta. Per certi versi è ancor più impressionante quanto accaduto a Bologna: Roberto Donadoni ha preso in mano una squadra già ritenuta spacciata da più parti ed ha saputo portarla, prima della recente flessione, a sognare un piazzamento europeo: 0,60 la media punti di Delio Rossi, 1,40 quella di Donadoni. D’altro canto, a rendere impossibile sostenere l’efficacia assoluta del cambio di tecnico, arriva il caso della Sampdoria: Montella, tornato in una piazza in cui tanto ha saputo fare da calciatore, non ha migliorato quanto fatto da Zenga: 1,33 la media punti di quest’ultimo, un solo punto a partita invece per l’ex tecnico della Fiorentina. Una rosa non ideale per le idee dell’aeroplanino, e la scarsa abitudine a prendere in mano una squadra a stagione in corso, appaiono alibi credibili ma l’esonero, numeri alla mano, non ha risolto niente. Ancor più evidente il declino osservando il caso Palermo: nessuno ha saputo eguagliare la media punti da 1,16 stabilita da Iachini prima dell’esonero che avviò tutto. In zona salvezza si sottolinea come la breve parentesi Sannino, un po’ come accaduto a Sassuolo l’anno scorso con Di Francesco e Malesani, abbia paradossalmente ridato forza a Castori, dopo il rientro. Il Verona dal canto proprio, pur incrementando la media punti con Delneri alla guida, non ha saputo abbandonare l’ultimo posto in classifica.

IL NUOVO CHE AVANZA – Fino a qualche anno fa il tecnico che subentrava aveva un identikit abbastanza stabile: un esperto uomo di calcio, furbo e smaliziato, capace di condurre in porto una nave in difficoltà. Il mondo sembra girare in modo diverso, oggi, e i recenti esoneri di Pioli e Mihajlovic mostrano un’inversione di tendenza: due società importanti come Lazio e Milan hanno scelto di promuovere i rispettivi allenatori della Primavera, Simone Inzaghi e Cristian Brocchi, al ruolo di tecnico della prima squadra. Attestati di fiducia, premi per quanto mostrato alla guida delle giovanili, non senza un rovescio della medaglia piuttosto evidente, soprattutto nel caso di Brocchi. Il Milan, pur non potendo sognare in grande, dovrà infatti giocarsi la finale di Coppa Italia contro la Juventus e il giovane tecnico rossonero, in questo finale di stagione, non avrà dunque la totale libertà di sperimentare e di studiare per crescere. Più morbido l’impatto del più giovane dei fratelli Inzaghi: la Lazio vive una situazione di classifica ormai priva di stimoli e di rischi, possibile dunque che l’ex tecnico della Primavera abbia modo di muovere i primi passi in vista di un prossimo futuro più ambizioso. Il discorso però è chiaro e prevede uno snodo cruciale: l’arrivo di Brocchi e Inzaghi in panchina potrà assumere un senso totalmente diverso in caso di conferma in vista della prossima stagione, restando invece una mera parentesi, difficile da giustificare, in caso di un nuovo cambio di rotta.

IN BUONA COMPAGNIA – Nessuno osi dubitare del primato italiano in quanto ad esoneri, non è il caso. Se da una valutazione quantitativa passiamo però a valutare la qualità, il peso specifico degli esoneri, ecco che il discorso cambia: le panchina di Real Madrid e Chelsea, senza sottovalutare l’avvicendamento Rodgers – Klopp a Liverpool, non sono due panchine qualsiasi, Benitez e Mourinho non sono due tecnici come tanti, eppure questo non ha fermato Perez e Abramovich nel momento dell’esonero. Diametralmente opposte le scelte dei due presidenti: il numero uno delle Merengues ha scelto di puntare sul nome, prestigioso ma inesperto, di Zinedine Zidane mentre Abramovich si è rivolto all’usato sicuro per eccellenza, ad un uomo legato ai Blues come Guus Hiddink, ben consapevole del proprio ruolo di traghettatore. La scelta di Perez, figlia di un amore mai sbocciato con l’ex tecnico del Napoli, ha pagato: il Real di Zidane è approdato alle semifinali di Champions ed è ancora in corsa nella Liga per uno sgambetto al Barcellona che, fino a poche settimane fa, appariva utopistico. Diverso il discorso in casa Chelsea: Hiddink ha stabilizzato la situazione ma non ci sono state impennate, i Blues sono ormai proiettati con forza sull’era Conte. A livello numerico invece è la Ligue 1 la sola a poter reggere il passo della Serie A, in questa stagione, con nove squadre che hanno cambiato tecnico, con Liga, Premier League e Bundesliga che seguono rispettivamente con otto, sei e cinque società che hanno cambiato in corsa.

IL CASO ITALIANO – Una chiave di lettura diversa ai cambi di allenatore a stagione in corso è quella legata al regolamento che, in Italia, differisce rispetto ad altre Federazioni per quanto riguarda la possibilità di allenare più squadre della stessa serie nella stessa stagione. Un tecnico dei Serie A esonerato dopo l’inizio della stagione, ad esempio, dovrà attenderà necessariamente la fine della stagione stessa per prendere in mano le redini di un’altra squadra di Serie A. Una regola, questa, che a livello di principio dovrebbe scongiurare la rotazione degli stessi allenatori, favorendo un ricorso maggiore anche a tecnici da più tempo senza una squadra. Altrove non funziona così: basti pensare al caso Pardew, che tanto fece discutere nella scora stagione. Il tecnico iniziò il campionato alla guida del Newcastle per poi passare, a metà stagione, sulla panchina di un altro club di Premier League come il Crystal Palace, club in cui aveva già lungamente militato come giocatore.

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