2016
Dentro al quinquennio della Juve
Il primo di Conte e l’ultimo di Allegri gli Scudetti preferiti
Quando si ottengono grandi vittorie le emozioni hanno la preminenza e producono sempre conseguenze importanti su quel bellissimo settore d’indagine che è l’identità di un popolo di tifosi. I sentimenti, nel calcio forse ancor più che nella vita, a dispetto della fissità dei concetti regalati dall’albo d’oro e dalle classifiche definitive, sono quanto mai mutevoli e conta tantissimo il momento nel quale li si va a testare. In questo periodo, alla luce della gigantesca impresa compiuta dalla Juventus, è particolarmente intrigante provare a capire quale sedimentazione ha generato ognuno dei cinque scudetti vinti e provare ad avventurarsi dentro la secca risposta che si offre a un sondaggio che ovviamente non prevede distinguo ed esposizione elaborata di ragioni. Prendo a campione un clic richiesto ai frequentatori di juworld.net che mi sembra decisamente interessante non solo per la polarizzazione delle percentuali di consenso su due soli tra i cinque tricolori, ma anche perchè nella formulazione delle domande rivolte agli internauti bianconeri c’è già qualche spia linguistica significativa si come certe annate trionfali siano state vissute, elaborate nel tempo, cementate in memoria condivisa.
I PREFERITI – Partiamo dal dato macroscopico. Per il 94% dei votanti sono due i campionati più belli conquistati dalla Juventus. E non ci vuole un’approfondita competenza e pratica nella psicologia delle masse per indovinare che il massimo dei consensi lo ricevono il punto d’inizio e quello d’approdo. Il primo Conte, l’ultimo Allegri: là dove tutto ha avuto il suo start (con il 56% dei suffragi) e la festa di pochi giorni fa, così recente da obbligare a uno sguardo ancor più affettuoso di quel che meriti (38% il suo consenso). Le definizioni delle due imprese sono indicative non di una situazione oggettiva, ma di ciò che sentimentalmente il tifo bianconero ha vissuto. Lo scudetto del 2012 passa alla storia come quello della “rinascita”. E tale fu, dopo due settimi posti che lo stesso mister richiamava ad ogni conferenza stampa, con insistenza così metodica da generare un impasto di realismo, orgoglio e desiderio di riscatto che miscelati insieme sono stati alla base di un tricolore incredibile, vinto senza mai perdere una gara. Eppure, la qualifica di “invincibili” se lo prende la squadra del 2015-16, che pure non è stata tale, avendo anzo collezionato ben 4 stop nelle prime 10 giornate. Ma è stato talmente prodigioso ciò che è successo dal dopo Sassuolo che le statistiche hanno la peggio sulla sensazione d’imbattibilità regalata da uno score fantascientifico,con 24 vittorie in 25 gare e il record di Gigi Buffon. In tale quadro, non mi stupisce che il primo Conte riesca comunque a “sconfiggere” l’ultimo Allegri. Perchè l’abisso nel quale la Juventus era precipitata era tale che non pochi – e soprattutto tra i suoi sostenitori – avevano persino teorizzato l’impossibilità della squadra di tornare ai livelli storicamente raggiunti fino al fatidico 2006. C’è poi un ulteriore elemento a pesare sulla bilancia, oltre all’associazione del primo scudetto con l’inaugurazione dello Juventus Stadium, con tutto ciò che di entusiasmo inedito ha generato: l’esistenza del dualismo al vertice. Quel titolo, infatti, tra i 5 è l’unico che ha ottenuto la certificazione aritmetica alla penultima giornata, mentre quello di lunedì 25 aprile, al pari di altri, si è reso definitivo molto tempo prima della naturale scadenza del torneo, finendo così per vanificare l’idea di un reale antagonista. Se il Napoli di Sarri avesse resistito al passo della Juventus, la lotta sarebbe stata così coinvolgente che l’effetto rimonta da quel famoso -11 avrebbe avuto una nitidezza maggiore e lo definiremmo in termini decisamente più epici.
GLI ALTRI TRE – Colpisce come gli altri tre scudetti vengano sottovalutati. Ma così pochi voti indicano proprio come nella coscienza dei tifosi il “soffrire” un po’ di più conti appaghi maggiormente del dominio totale. Non a caso, lo scudetto meno celebrato è il secondo, quello che realmente non è mai stato messo in discussione dal Napoli di Mazzarri. Laddove il terzo di Conte ha il marchio dei 102 punti e il primo di Allegri possiede la forza di essere riusciti a bissarlo con la decima Coppa Italia (con in più il raggiungimento della finale di Berlino in Champions League), quello del 2013 è risultato troppo “facile”. Come se essere scattati in testa alla prima giornata senza mai mollare il primato neanche un turno fosse l’assoluta normalità. Ed è anche in questo che si percepisce quanto noi juventini si sia ben abituati, cresciuti come siamo alla media di uno scudetto ogni tre anni, con la bellezza di vivere per ben due volte quinquenni dorati (e chissà se questo è destinato a finire in tempi brevi…)