2016
Sang et Or, ad un Passo dal sogno
La storia del Calais, club dilettantistico che arrivò sino alla finale della Coppa di Francia 1999/00
Calais è una piccola città nella Francia del nord, si affaccia sulla Manica e guarda verso l’Inghilterra. Un comune di 75000 anime, una città come tante. E come ogni cittadina, o quasi, ha una squadra locale. Un club dilettantistico, niente di eccezionale. Un gruppo di amici che la sera dopo il lavoro si ritrova al campo cittadino per giocare a calcio. La piccola società nell’estate del ’99 si iscrive alla Coppa di Francia. Una competizione che consente l’accesso a qualunque club passi le selezioni ad eliminazione diretta. Dopo aver superato – con risultati progressivamente meno rotondi – compagini di categoria inferiore, il 18 dicembre 1999 il Calais batte 4-0 il Dunkerque, squadra di pari categoria, nel derby della regione del Nord Passo di Calais. Il largo successo ai danni dei cugini permette ai ragazzi del franco-spagnolo Lozano di qualificarsi per i trentaduesimi di finale, fase in cui subentrano le squadre di prima e seconda divisione.
UNA SCALATA INSPERATA – L’avversario questa volta è il Lille, club militante in Ligue 2 ma con alle spalle due titoli francesi e ben cinque Coppe di Francia. E’ la prima vera sfida di lusso per i dilettanti del Calais che, come da pronostico, vanno sotto di un gol nella prima frazione. Nella ripresa i giallo-rossoneri pareggiano i conti e portano ai supplementari la contesa. In barba al pronostico, anche i tempi suppletivi scorrono via senza il bisogno di aggiornare il tabellino dei gol: si va ai calci di rigore. E’ l’occasione della vita per il Calais, che grazie alla lotteria dei tiri dagli 11 metri può eliminare il blasonato Lille. A Gerard e compagni non tremano le gambe, infilano un rigore dietro l’altro. Si va ad oltranza e qui, a sorpresa, il Lille sbaglia e lascia il passo alla squadra della città del Passo. Nei sedicesimi di finale l’ostacolo si chiama Langon-Castets. Un pizzico di fortuna anche nel sorteggio, considerato che tra tutte le possibili squadre gli uomini di Lozano hanno pescato una compagine che milita nella loro stessa categoria. I Sang et or, nella cornice di uno “Stade Julien Denis” stracolmo, superano per 3-0 i Rouge et bleu con la doppietta di Gerard ed il gol Hogard e passano ancora il turno. Agli ottavi c’è un avversario ben più impegnativo, il Cannes. Lo stadio cittadino è troppo piccolo, la gara si gioca a Boulogne. Dopo un avvio complicato il Calais prende coraggio e si fa pericoloso. Passati i 90’, il risultato è sullo 0-0: si va ai supplementari. Ad una manciata di minuti dalla fine Chabaud porta in vantaggio i Draghi. Il tempo scorre inesorabilmente, i tifosi del piccolo club sentono che il sogno di continuare la Coppa sta sfuggendo. A due minuti dalla fine il Calais sta tentando il tutto e per tutto. Su una palla buttata in mezzo all’area Hogard vede l’opportunità di prolungare il sogno e si tuffa cercando l’impatto con la sfera, nonostante la palla stia viaggiando a circa trenta centimetri dal prato dello “Stade de Liberation”. Quella palla, qualche istante dopo, è in fondo al sacco. Hogard corre a festeggiare un insperato pareggio, stadio e panchina esplodono di gioia. Si va ai rigori, lotteria che ha già portato fortuna contro il Lille. Il primo lo tira, come da tradizione, il capitano Réginald Becque, che se ne frega delle categorie di differenza e porta avanti i suoi. Nel corso dei rigori, però, non sono i tiratori a brillare: Cédric Schille, portiere del Calais, neutralizza due penalty e consegna a Gérard l’occasione di chiudere i conti. Gérard, l’attaccante che lavora come magazziniere in un negozio di vini e liquori e nel tempo libero si diverte a dare calci al pallone. Anche a lui non importa che quello non sia il suo vero lavoro e che il portiere del Cannes lo stia fissando per deconcentrarlo. Mickael prende la rincorsa ed un lungo respiro, calcia. La palla supera la linea e tocca la rete, è gol! Gérard porta le mani sui capelli e va a prendersi il meritato abbraccio prima della squadra e poi della curva. Il Calais può ancora sognare. “E’ quasi irreale, è irrazionale quello che è successo oggi”, dirà con la voce rotta dall’emozione ma sorretta dall’orgoglio Ladislas Lozano, condottiero di quell’incredibile gruppo. La città segue gara dopo gara la piccola squadra e non fa mancare l’affetto ai giocatori, che iniziano ed essere considerati degli eroi.
I QUARTI – Quella squadra di dilettanti che miete club blasonati ora ha attirato le attenzioni di tutta la nazione, che la vede come una bella favola destinata però a concludersi nel peggiore dei modi, con il ritorno sulla terra nella sfida dei quarti di finale contro lo Strasburgo, sodalizio di Ligue One. Nessuno, nonostante le prove importanti contro Lille prima e Cannes poi, avrebbe scommesso cinque centesimi di franco sui ragazzi di Lozano. “Prima dello Strasburgo ci siamo detti che durante una partita può succedere qualunque cosa”, le parole di un Mickael Gérard intento a raccontare i tempi d’oro. Anche se nessuno – oltre ai tifosi – crede in loro, i Sang et Or vogliono provarci. Provare quell’emozione di sfidare i giganti della prima divisione. E’ il 18 marzo 2000 e si gioca a Lens. Fin dalle prime battute i calesiani sono intimoriti da blasone e superiorità avversari. Passano sei minuti ed i dilettanti vanno sotto. Il gol subìto sveglia Becque e compagni, che capiscono che, nonostante tutto, non hanno proprio nulla da perdere. Gli uomini di Lozano prendono coraggio e dopo qualche conclusione fuori misura trovano il gol del pareggio con Hogard. A fine primo tempo Merlen segna il gol del vantaggio con una punizione insidiosa che sorprende il portiere bleu-rouge et blanc, che forse si aspettava un cross. Ora la semifinale dista soli 45’. Ed ora a Becque e compagni tremano le gambe. Ma non importa, serve stringere i denti. Il Calais resiste alle offensive avversarie e porta a casa il passaggio in semifinale. I giocatori sentono di diventare, impresa dopo impresa, davvero importanti per tutta la città. “Vedevamo la nostra piccola città trasformarsi dopo ogni partita, eravamo diventati il principale argomento di conversazione. Dal macellaio al fornaio, sino ad arrivare ai bar. Tutti parlavano di noi”. “Tutti i sacrifici che abbiamo fatto io e la mia famiglia hanno senso” (Grégory Deswarte, difensore della squadra ed impiegato presso il Comune di Calais).
LA SEMIFINALE – Approdare nella semifinale della coppa nazionale è un’impresa per le piccole compagini della Ligue One, figurarsi per dei dilettanti. L’eco dell’impresa valica i confini francesi ed arriva oltremanica: sono tanti gli inglesi che attraversano il canale ed iniziano a seguire la squadra. Il 12 aprile 2000 è il giorno della semifinale contro il Bordeaux campione di Francia. La modesta squadra di Lozano, che all’inizio della competizione era seguita da pochi intimi, ora ha al seguito più di 38000 fans che in massa si spostano a Lens per il match. “Sapevamo che il Bordeaux ci avrebbe preso sottogamba, come dei poveri illusi dilettanti che si divertono a sfidare i grandi. E cosi ci siamo detti: facciamogli vedere di che pasta siamo fatti”. (Cédric Schille, portiere). L’equilibrio iniziale si protrae per i novanta minuti dei tempi regolamentari, rispecchiandosi nello 0-0 del tabellone luminoso dello stadio. E’ già un’impresa, le certezze dei campioni di Francia in carica sono minate e quelle dei giallo-rossoneri cementate. Nei tempi supplementari, quando tutti si aspettano un colpo di reni da parte dei girondini, arriva la prodezza di Cédric Jandau. Il centrocampista, che nella sua umile carriera non aveva avuto grandi gioie dal punto di vista realizzativo, decide di segnare il gol più importante della sua esistenza. Importante quanto spettacolare: un destro ad incrociare che si infila sul sette lontano. Nell’avvio del secondo tempo supplementare il Bordeaux pareggia con Laslandes ma, al 112’, Mathieu Millen riporta i giallo-rossoneri avanti. Un gol che porta nuova linfa a quegli undici ragazzi normali che per quasi due ore di gioco avevano tenuto testa ai campioni di Francia con determinazione, corsa e cuore. Tanto cuore. Sang et Or – Sangue ed oro – dai loro colori sociali. Rosso come il sangue che sputavano per continuare a vivere quel sogno chiamato Coupe de France, giallo come l’oro che non hanno mai avuto e mai avranno. E poi orgoglio. Fiertè, come dicono in Francia. Al 119’, ad un minuto dalla fine di una partita che si accingeva ad entrare nella storia del calcio francese, Gérard decide di chiudere in bellezza battendo Ramè e portando il risultato sul 3-1. E’ un tripudio, il Calais è in finale di Coppa di Francia.
CHE NESSUNO SI SVEGLI – Al ritorno in città parte la festa, migliaia di tifosi accolgono il pullman della squadra con cori, urla, trombette, bandiere ed ancora cori. I festeggiamenti durano ore, si festeggia come se Becque avesse sceso le scalette di quel pullman con in mano la Coppa. Eppure mancava l’ultimo, proibitivo step. Durante i festeggiamenti Lozano ha un malore, l’emozione è troppa anche per il condottiero di questa magnifica Armata Brancaleone: “In trent’anni che gioco a calcio e non ho mai provato un emozione così forte. Ad ogni vittoria aumentava ed alla fine il cuore ha ceduto, ero così stanco che il mio corpo mi ha imposto il riposo”. Il mattino seguente il nome di quei commercianti, magazzinieri, giardinieri è su tutte le prime pagine dei giornali nazionali, i telefoni di casa squillano ed i tifosi fermano per strada i protagonisti. Calais, in un contesto economico di forte crisi, ha bisogno di sognare e finalmente ha trovato un motivo.
IL SOGNO CONTINUA – In finale c’è il Nantes, club 7 volte campione di Francia e 2 volte vincitore della Coppa. Ma non importava, Calais ormai cullava quel bellissimo sogno e non voleva sentirne di svegliarsi proprio sul più bello. “Ma per noi non era nemmeno un sogno, perché neanche potevamo sognare una cosa così” (Grégory Lefevre, difensore del Calais e centralinista in un camping). La preparazione della sfida avviene nello “Stade de France” di Saint-Denis, l’impianto più importante della nazione. Lo stadio dove appena due anni prima la nazionale bleus di Jacquet aveva conquistato la Coppa del Mondo superando per tre a zero il Brasile di Ronaldo. “I ragazzi non ci stavano con la testa, quello stadio era enorme per loro. Abbiamo lavorato molto, facendo molti sacrifici. C’era chi lavorava la notte sino alle 6 del mattino e la sera era al campo”, dirà anni dopo Lozano. Il giorno della finale nell’aria c’è quell’elettricità che precede i grandi eventi. Auto, pullman e treni che portano a Saint-Denis, comune non distante da Parigi, sono stracolmi di tifosi colorati di giallo, rosso e nero. Sotto il diluvio che sorprende la città i tifosi delle due squadre socializzano e fanno festa, il Calais è un miracolo sportivo che va oltre la fede calcistica.
LA FINALE – Lo stadio è stracolmo, sono 80000 gli spettatori sugli spalti, tre milioni gli appassionati attaccati ai televisori. Il Calais è diventato la squadra della Francia intera. Tensione, ansia, paura. Mille emozioni sommergono i giocatori Sang et Or consapevoli che, comunque andrà a finire, al termine di quella partita finirà un sogno durato mesi. Il Calais lotta, corre, cerca di limitare gli avversari. Tuttavia, con la palla tra i piedi, gli uomini di Lozano dimostrano di saperci fare e di non essere arrivati lì, allo Stade de France, per caso. Il Nantes sfiora in più occasioni il vantaggio ma, come spesso accade nel calcio, è il Calais a segnare. E’ il minuto numero 34’ e Dutitre, sugli sviluppi di un corner, manda sotto le gambe di Landreau – futuro portiere della nazionale – il pallone dell’1-0. Un animatore turistico che segna ad un portiere di una squadra di Ligue One in finale di Coppa di Francia. Sarebbe un ottimo inizio per una di quelle barzellette o storielle che si raccontano per strappare un sorriso in un momento vuoto. E invece è realtà: nella stessa porta in cui appena due anni prima Zidane segnava il gol del vantaggio nella finale di Coppa del Mondo, l’animatore Dutitre porta in vantaggio i dilettanti del Calais nella finale di Coppa di Francia contro il Nantes. Lo stadio esplode, Calais esplode. Lozano alza le mani al cielo, i tifosi s’abbracciano. Il Calais è in vantaggio e va all’intervallo da vincitore della Coppa. “Ognuno di noi dentro di sé l’ha pensato, ma non ce lo siamo mai detto: siamo a 45 minuti dalla vittoria”, dirà anni dopo Cédric Schille. Nello spogliatoio Lozano mette in guardia i suoi: “Quando inizia il secondo tempo state attenti, il primo quarto d’ora sarà molto difficile. Bisogna essere prudenti, chiudere bene la difesa: se superiamo il primo quarto d’ora forse ce la faremo”. Ma al rientro in campo accade proprio quello che Lozano avrebbe voluto evitare: il Nantes trova il pari con Sibierski, abile a sfruttare un cross basso dalla destra e punire Schille. Il Calais crolla. L’entusiasmo è passato, la paura di perdere un’occasione irripetibile appesantisce testa e gambe degli uomini di Lozano. Il Nantes fiuta la difficoltà degli avversari e cerca di affondare il colpo ma Schille respinge i tentativi dei canarini. All’89’ è ancora tutto in gioco. Nonostante la stanchezza visibile sui volti dei protagonisti di questa splendida cavalcata, i tifosi ancora ci credono. Quei ragazzi li hanno abituati a tutto. Ma ad un minuto dalla fine Caveglia cade in area dopo un contatto con Baron. Per l’arbitro è penalty. Il fischio di Colombo, seguito da quel dito che indica il dischetto del rigore, fa sbiancare tutti i tifosi del Sang et Or. Le proteste non servono, il direttore di gara è irremovibile. Alla rabbia per un rigore dubbio segue la speranza: c’è ancora spazio per l’ultimo miracolo, per spingere quel sogno ancora un po’ più in là. Ma, una manciata di secondi dopo, la speranza lascia spazio all’amarezza: Sibierski ha battuto Schille, capace di intuire e toccare la sfera ma non di deviarne significativamente il viaggio verso la rete. Dopo pochi minuti Colombo fischia tre volte, mettendo la parola fine sul sogno del Calais e di Calais. I giocatori sono seduti in lacrime sul prato, non vogliono credere di essere stati così vicino al sogno e di non essere riusciti a coglierlo.
La tristezza per non aver vinto la coppa ed aver perso l’occasione di disputare, da dilettanti, la Coppa UEFA ben presto si trasforma in felicità per l’impresa compiuta da una piccola squadra di una altrettanto piccola città. I tifosi festeggiano intonando cori di ringraziamento alla squadra, “Merci Calais! Merci, merci Calais!”. La mattina dopo la squadra fa rientro in città, ad aspettarli nella piazza di fronte al municipio ci sono migliaia di tifosi festanti. Non è una sconfitta. Non può esserlo: un gruppo formato da impiegati, giardinieri, magazzinieri, centralinisti e commercianti ha lottato e corso fianco a fianco con i campioni del pallone che fino ad allora aveva solo potuto ammirare in tv. Ha esultato prima per aver avuto l’occasione di affrontare club del calibro di Lille, Cannes, Strasburgo, Bordeaux e poi per averli clamorosamente eliminati sfiorando la vittoria della Coppa di Francia. E’ vero, non è una storia con il lieto fine, ma è talmente epica da non averne bisogno.