Bologna, Floccari: «Qui sto benissimo» - Calcio News 24
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2016

Bologna, Floccari: «Qui sto benissimo»

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floccari azione sassuolo away dicembre 2015 ifa

Continua: «Qui c’è tutto per crescere. Sul Sassuolo…»

Salvezza tranquilla per il Bologna di Roberto Donadoni nella stagione successiva alla promozione dalla Serie B. I rossoblu possono contare su un assetto offensivo di grande qualità, nel quale figura anche Sergio Floccari, arrivato nell’estate 2015 dal Sassuolo: «Quando a Sassuolo mi fecero capire che non rientravo più nei loro piani, sapevano che non ero finito, perché vedevano come mi allenavo. Ma io compresi la loro scelta. Poi feci bene (tre gol consecutivi, 4 in tutto ndr) e ci ripensarono, ma ormai avevo cominciato a guardarmi attorno. Soddisfatto della scelta Bologna? Assolutamente. Qui c’è tutto per crescere. Leggo le dichiarazioni del nostro presidente, quando parla di progressi graduali e sono d’accordissimo. Finale di stagione deludente? Credo che la squadra abbia risentito dello sforzo fisico e nervoso dopo quell’inizio così brutto. Salvarsi, dopo un avvio così, poteva non essere semplice. Ma quella rincorsa è stata faticosa. L’approccio, per dire, a un certo punto, non è più stato quello. Nonostante dopo quella rimonta si fossero creati i presupposti per una stagione super. Paradossalmente abbiamo pagato anche quest’aspetto. Questione di mentalità? Per migliorare occorre tempo, prendete il Sassuolo, esempio classico. Io credo che il calo sia stato fisiologico ma ci servirà per capire, per migliorarci, non si cresce in 2-3 mesi, è dagli errori che si impara e ne dovremo far tesoro. Bisogna sempre mettersi in discussione, provarci. Ma adesso che la stagione sta finendo si possono fare considerazioni più equilibrate. E noi dobbiamo essere soddisfatti della salvezza, ottenuta, fra l’altro, lanciando tanti giovani».

QUI STO BENISSIMO – Continua Floccari a Repubblica – Bologna«Che intenzioni ho? Ho un contratto sino al 2017 e qui sto benissimo. Poi sto spostando la famiglia, ho due bimbi piccoli e questa città mi piace tantissimo. I tifosi pure. Caldi quando si gioca, passionali, ma pure rispettosi della nostra privacy. Il mio calo coinciso con quello del gruppo? È così, nel calcio si gioca in 11, anche se poi è normale che la gente se la pigli con chi non segna. Ma io sono un attaccante che gioca con la squadra e per la squadra, son sempre stato così, sin da quando a 16 anni stavo in Promozione. Mi piace abbassarmi per favorire gli inserimenti dei compagni, poi ci sono partite in cui le squadre stanno tutte chiuse dietro, a volte il mister mi ha chiesto di stare fisso là davanti e in effetti ho stentato, ma io non sono uno all’Inzaghi, che poteva anche rimanere 20’ senza toccar palla, io se resto là statico soffro, non sono uno che aspetta. Chi è il tecnico che mi ha dato di più? Dico sempre che ce ne sono per ogni momento. Quando sei un bimbo devi trovare gente che ti appassioni, che ti faccia divertire. Poi si cresce e le cose cambiano. Regno a Faenza, nel mio primo anno in C da professionista, mi fece capire che potevo fare questo lavoro, anche se non sapevo allora a che livelli. A Bergamo ero la quarta punta, poi Del Neri mi lanciò titolare a San Siro con l’Inter, e c’era Doni, il giocatore più intelligente che ho mai visto».

SASSUOLO CLUB FORTE«A Roma ricordano ancora il mio gol nel recupero che eliminò la Juve in Coppa Italia? Emozione enorme, perché ci portò in finale di Coppa, dove battemmo la Roma, immaginate un po’ che roba. E lì capii anche quanti tifosi ha la Roma in città. Per giorni e giorni c’era un silenzio pazzesco in città…. E i laziali? Beh sono meno, ma attaccatissimi. ‘La prima squadra della capitale’, ripetono di continuo. E poi molti tifano Lazio in regione. Con Di Francesco a Sassuolo come mi sono trovato? Rapporto franco, quando c’era da chiarirci lo abbiamo fatto. Ma devo anche dire che calcisticamente mi ha aiutato a migliorare, è un tecnico che dà un’impronta alla squadra. Non sorpreso dalla sua crescita? All’inizio pareva una scommessa, ma in realtà a Sassuolo ho trovato quel che pensavo, cioè sapevo che sarebbe diventata una realtà importante, c’è un club forte, e un ambiente sereno, dirò di più, là si vive il calcio in modo molto genuino. Se Diawara mi ha sorpreso? Molto, per l’età che ha e la pochissima esperienza. Ha davvero grandi potenzialità, ma deve capire che il tempo è prezioso, va sfruttato. Se fra 4-5 anni non sei cresciuto, ti considerano, semplicemente, un giocatore normale. Dopo il calcio, come mi immagino? Non m’immagino, ma ho 34 anni e dovrò pensarci. Ho lasciato la Calabria, casa mia, prestissimo; mi hanno sempre insegnato ed educato a fare questo, solo questo. E il dopo? Non ci pensi. In più il calcio è un mondo in cui si va a mille e allora il rischio è di identificarti totalmente in quello che fai. Poi noi finché giochiamo siamo sempre e solo calciatori, anche fuori, in pizzeria, al cinema. E allora puoi pensare che il calcio sia una grande scatola dentro la quale c’è anche la vita. Ma i riflettori si spengono, si spegneranno. E allora sarebbe importante capire che è la vita che è una scatola e dentro c’è il calcio, ma pure tante altre cose».

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