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2016

Yang: «Milan, ecco il piano con Mr. Bee»

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casa milan luglio 2015 ifa

La Parantoux esce allo scoperto e conferma le strategie di Taechaubol

Il traguardo è vicino, ma non come qualche ora fa, perché questa doveva essere la settimana delle firme sul preliminare di compravendita del Milan e, invece, non ci sono certezze sulla data. Fininvest aveva fissato al 15 luglio la deadline con la cordata cinese interessata all’acquisto dell’80% del club rossonero, ma il giorno della svolta potrebbe essere quello di giovedì, che coinciderebbe con l’arrivo a Milano di qualcuno degli acquirenti. Ieri, però, ha preso corpo l’ipotesi di un ulteriore slittamento, perché, come riportato da La Gazzetta dello Sport, ci sarebbero dei dettagli da sistemare per il rush finale. Non filtra preoccupazione, ma si dilatano ulteriormente i tempi.

LA CONTROMOSSA – Nel frattempo è nuovamente uscito allo scoperto Bee Taechaubol, ma non sembrano esserci possibilità concrete di rientro sulla scena, visto che la trattativa con i cinesi continua ad avanzare. Di certo c’è una cosa: gli slittamenti non fanno bene al mercato rossonero, perché le operazioni sono vincolate al contratto e, quindi, alla liquidità in arrivo dalla Cina. Diao Yang, della Parantoux, è uno degli acquirenti del consorzio costituito da Mr. Bee. Intervenuto ai microfoni di Tuttosport, ha spiegato il suo piano: «Abbiamo monitorato la situazione del Milan per un po’ di tempo e qualche mese fa abbiamo deciso di accettare la proposta che ci ha avanzato Bee. Non crediamo in un modello che preveda una maggioranza estera. Noi siamo pronti ad accettare che Berlusconi mantenga la maggioranza, basando lo sviluppo del club secondo i piani e la visione condivisa con Bee nel precedente accordo. Noi vogliamo essere dei partner complementari che possano aiutare il club a tornare a vincere, ma anche per estendere la forza del club presso i suoi fans in Cina oltre ad usare le nostre risorse per aiutare lo sviluppo del calcio nel nostro paese attraverso un marchio riconosciuto in tutto il mondo. Crediamo che il mercato italiano non debba mettere il cartello “vendesi” sui suoi gioielli, ma che debba essere pronto e aperto a nuovi business come è successo per Pirelli /Chemchina». 

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