2012
Torino, la stella è Ventura
Soltanto dieci le reti subite dal Torino – hanno fatto meglio con nove Juventus, Napoli e Fiorentina – e poche anche quelle realizzate, tredici: un’apparente rivoluzione per Giampiero Ventura, che dall’esperienza di Pisa e Bari ha pacificamente annunciato che oramai allena per libidine. Abituando dunque ad un calcio la cui proposta offensiva risulta strepitosa: un 4-2-4 dall’esecuzione veloce e con trame esteticamente eccellenti, cura particolare alla creazione di azioni da gol.
IL DIKTAT DEL “NUOVO” VENTURA – Attenzione massima dunque alla fase d’attacco, un po’ meno per quella difensiva senza comunque spostare l’occhio dall’equilibrio generale della squadra. Fu così a Pisa prima e a Bari poi, quando la bellezza del suo calcio fu riconosciuta dall’intero panorama nazionale. Soprattutto nel primo anno della sua esperienza sulla panchina del Bari riuscì a stupire tutti perché in grado di valorizzare un organico da tanti già destinato ad un’immediata retrocessione dopo la promozione firmata Conte. Esplodono Gillet, Ranocchia, Bonucci e tanti calciatori apparentemente anonimi danno vita al calcio più gradevole della massima serie. Impossibile non sottolineare la mano del tecnico, la cui proposta di calcio si è rivelata talmente valida da funzionare a prescindere dagli interpreti.
L’ESPERIENZA GRANATA – Male l’anno successivo in quel di Bari, ma il record di punti in A della storia pugliese centrato nella stagione 2009-2010 gli vale la chiamata del Torino. Cairo individua in Ventura l’uomo giusto per riportare il suo Toro nella serie di competenza. L’organico è convincente per la serie cadetta, Ventura conduce il campionato con il Pescara di Zeman e approda in serie A grazie all’oramai solito calcio propositivo. Il ritorno nella massima serie viene accompagnato dall’entusiasmo encomiabile della piazza granata, ma questa volta il presidente Cairo non rinforza adeguatamente un organico carente in termini di qualità per affermarsi in un campionato superiore, soprattutto non fornendo a Ventura gli strumenti necessari per applicare la propria idea e proposta calcistica.
STAGIONE COMPLESSA, MA VENTURA C’E’ – Il tecnico ligure non può applicare alla lettera il suo 4-2-4 perché all’organico mancano esterni: i soli Cerci e Stevanovic risultano discontinui e a tratti inaffidabili, Santana ha già dato. Non se la passa meglio in termini di centravanti puri, dove l’organico è praticamente rimasto invariato rispetto alla stagione in serie cadetta. Il buon Giampiero ha fatto di necessità virtù, concentrando il suo lavoro sull’equilibrio generale di una squadra che finora ha subito il numero minimo di reti rispetto alla qualità dell’organico. Attendendo tempi migliori, magari già da gennaio con l’arrivo di un paio di rinforzi necessari, il suo Torino comunque va: 14 punti – sarebbero 15 senza la penalizzazione in seguito alle sentenze del calcio scommesse – e consueta valorizzazione dell’organico. Il Torino viaggia al di sopra delle proprie potenzialità e deve tanto alla sua guida.