Inter, Klinsmann: ?Scudetto possibile con Stramaccioni? - Calcio News 24
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2012

Inter, Klinsmann: ?Scudetto possibile con Stramaccioni?

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USA INTER KLINSMANN – Un passato glorioso da attaccante, un presente da allenatore: Jurgen Klinsmann, attuale ct degli USA, ha parlato alla Gazzetta dello Sport del calcio americano ed ovviamente di quello italiano: «Non pensate che il calcio negli Usa sia ancora all’età della pietra. Campionato seguito, stadi nuovi, milioni di tesserati nelle juniores, giocatori nei campionati più importanti del mondo. E sei canali tv che trasmettono calcio da ogni parte della terra».

Quindi avrà seguito anche la sconfitta dell’Inter domenica scorsa a Bergamo?

«No, guardi, ho in testa ancora il fuso orario della California, la notizia non mi è ancora arrivata».

Ma lei è in Europa da più di una settimana.

«Ah sì, va bene. Parlavo da tifoso».

Da uomo di calcio invece sia sincero: sa chi è Andrea Stramaccioni?

«Stramaccioni? Mmm… L’allenatore dell’Inter. Da noi non è famoso come Trapattoni o Sacchi, Capello o Ancelotti, ma si sta facendo un buon nome. Io vedo anche le partite. C’è una buona atmosfera».

Pensa che possa vincere lo scudetto?

«Sì, perché un allenatore giovane che vince dieci partite consecutive deve essere bravo e seguito dal gruppo. L’esperienza conta, ma anche un esordiente ha un’innocenza che può servire nei cambiamenti. I risultati vengono anche dal rapporto con la società e con i senatori, dalle novità che si introducono, dagli assistenti, dalla freschezza che ogni novità porta. L’Inter mi sembra su questa strada, nonostante l’incidente di percorso con l’Atalanta».

Eppure in Italia basta una sconfitta per mettere tutto in dubbio. Come si sopravvive?

«C’è sempre del vento contrario nei cambiamenti, qualcuno che ti vuole insegnare il mestiere. Ma la tranquillità e la fiducia nelle scelte lo possono combattere. Quando noi tedeschi eravamo all’Inter, abbiamo avuto successo se andavamo d’accordo. Quando nel ’92 è spuntato del veleno nello spogliatoio è andato a tutto rotoli».

In Russia ha incontrato Capello: perché gli allenatori italiani sono più bravi dei calciatori?

«Non sono d’accordo: da voi i giocatori sono all’altezza dei tecnici più famosi, altrimenti non sareste arrivati secondi all’Europeo. Il futuro non sarà un problema».

Però gli allenatori vincono di più in giro per il mondo.

«Sì, perché hanno avuto una buona scuola. Un’educazione al calcio di prim’ordine, fa parte della vostra cultura. Poi il saper considerare ogni minimo dettaglio: alimentazione, rapporto con i media, psicologia, medicina, tattica. Trap non era di primo pelo, quando mi allenava, eppure aveva la curiosità di un debuttante e si metteva in gioco ogni giorno. Fenomenale. Prenda Capello, pensa che sia in Russia per i soldi? Nessuno di noi avrebbe bisogno di lavorare per vivere, ma tutti abbiamo bisogno di uno scopo personale: migliorare, imparare e aprirsi al mondo attraverso il calcio. E ne accettiamo anche i lati meno belli».

Tipo polemiche e critiche: in Germania l’ex presidente federale Zwanziger ha appena scritto un libro in cui svela il piano per cacciarla, nel 2006. Che ne pensa?

«Posso soltanto sorridere: io stesso avrei dato le dimissioni se avessi perso con l’Argentina ai quarti del Mondiale in casa. La Germania deve arrivare minimo in semifinale. E nella preparazione al torneo sapevo che c’era il rischio, dopo il 4-1 preso con l’Italia. Fa parte del gioco».

Negli Stati Uniti è più tranquillo?

«Non c’è questo seguito, però se le buschi se ne parla. Noi abbiamo perso in Giamaica: non mi sono dovuto barricare in casa, ma le ho sentite. In ogni caso abbiamo passato il primo turno di qualificazione e per la prima volta battuto Italia e Messico in trasferta. Con la rimonta in Russia abbiamo chiuso un buon anno».

Bradley ha segnato a Krasnodar. Cosa le racconta della Serie A e di Zeman, che non è cambiato da quando lei giocava ancora in Italia?

«Dell’allenatore non parla, però Michael, uno dei nostri leader, dice che è felice di essere a Roma e si diverte tantissimo».

Anche dopo il derby?

«Non ne abbiamo parlato».

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