Atalanta, Ruggeri: "Mi costrinsero a vendere" - Calcio News 24
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2012

Atalanta, Ruggeri: “Mi costrinsero a vendere”

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ATALANTA RUGGERI – La redazione della Gazzetta dello Sport propone, nell’edizione odierna del quotidiano, l’intervista-denuncia realizzata da Alessandro Ruggeri. L’ex patron dell’Atalanta ha fatto capire di essere stato costretto a cedere la società alla famiglia Percassi, a causa delle continue pressioni arrivate dagli ultras nerazzurri, e non solo da loro: “Senza le intimidazioni degli ultrà, mai e poi mai avrei venduto l’Atalanta. Sarei rimasto e avrei portato la famiglia lontano da Bergamo, una città che non merita niente. Se il processo confermerà le tesi dei magistrati, qualcuno dovrà risarcire tutti i danni. Ho letto di ultrà, politici e persino componenti del CdA che si confrontavano su come costringerci a vendere. In tutti i modi, picchiando o non picchiando. Addirittura a prezzo modico, come se spettasse a loro stabilire il valore di un club. Mio papà Ivan ha comprato l’Atalanta nel 1994 ed è rimasto presidente fino al 2008, quando ha avuto il malore. In 14 anni ha subìto pressioni di ogni tipo, nonostante i risultati fossero in linea con quelli di una squadra di provincia. Papà non scendeva a compromessi. Non è mai andato alla festa della Dea, come fa qualcuno adesso… Gli episodi del 2007 contro il Milan? Alcuni ultrà abbatterono una vetrata della curva nord con un tombino e la partita fu sospesa. Il giorno dopo papà, col d.g. Giacobazzi, fece firmare ai giocatori una presa di distanza netta da certa gente. In gennaio venne distribuito un volantino violentissimo e tre giorni dopo papà ebbe il malore dal quale non si è più ripreso. Il rapporto con il Bocia? Tenere rapporti con certi personaggi è stato un grave errore, lo riconosco. L’ho fatto per alleviare le tensioni a mia mamma e a mia sorella.Ma da me non hanno avuto favori, non ho mai regalato biglietti o creato “corsie preferenziali”. Gli ultrà fanno anche iniziative positive, e questo è lodevole, ma non è che se uno fa beneficenza poi è bravo a prescindere. Doni? Se tornassi indietro non gli farei il contratto, soprattutto dopo avere saputo del calcioscommesse. Ma all’epoca era intoccabile, era troppo influente in uno spogliatoio senza personalità. E pensare che qualcuno ha detto che sarebbe stato il presidente ideale. I raid vandalici del 2010? Ci furono il raid a Zingonia, i volantini, la bomba carta davanti a casa. L’ultima partita dell’epoca, Atalanta-Palermo, non l’ho potuta vedere su consiglio delle forze dell’ordine. Non era mai capitato in dieci anni, neppure quando papà era in fin di vita. Adesso dall’inchiesta scopro che si tramava per fare pressioni sull’anello debole della mia famiglia, su mia mamma e mia sorella.Questo mi fa stare male. A fare il doppio gioco erano anche persone che stavano nel consiglio d’amministrazione. C’erano presunti amici che, con la scusa di venire a trovare papà, monitoravano la situazione, davano consigli “disinteressati” alla mamma. Roberto Spagnolo era l’uomo di fiducia della mia famiglia. Un secondo dopo che abbiamo venduto è diventato direttore generale con Percassi. Non si è mai visto in nessuna azienda al mondo. Abbiamo venduto per paura? Sì, per paura. E non abbiamo venduto a prezzo di mercato. Ma il bilancio era sano. Oltre a Percassi c’erano degli stranieri che volevano l’Atalanta, ma non li conoscevo. I tifosi, i politici, persino il giornale cittadino, che non ci ha mai amato, spingevano per Percassi. Ho pensato al bene dell’Atalanta. Guarda caso, dopo la vendita si sono ritrovati tutti uniti. Senza quel clima insostenibile, non avrei mai venduto.