2012
Padova, Raimondi: “Voglio consacrarmi qui”
PADOVA RAIMONDI – Ospite della videochat della redazione de Il Mattino di Padova, Andrea Raimondi si è raccontati ai tifosi biancoscudati a 360°: «Quando gioco non sto troppo a pensare a quello che faccio. Spesso ci provo, mi basta un attimo, in campo non hai tempo per decidere. Questione d’istinto e sabato mi è andata bene. Credo che il primo gol ai granata sia la rete più bella che abbia mai realizzato», ha esordito il giovane attaccante.
Come ha passato il weekend?
«Tranquillo, assieme alla famiglia. Sono andato a vedere i miei amici che giocano alla Juvenilia, come ogni domenica. Mi sono arrivati tanti messaggi di complimenti al punto che ho dovuto mettere il telefono in silenzioso perché non riuscivo a dormire».
Un dilemma: è Pea a dover ringraziare lei o il contrario?
«Io il mister. Mi piace mettermi in discussione, in estate potevo andar via ma sono voluto restare nella mia città. Con Pea ho un buon rapporto, quando ho bisogno è sempre disponibile e si comporta con tutti allo stesso modo. Io non ho mai preteso il posto, non è giusto, ma spero di avere altre opportunità. Entrare a gara iniziata è molto difficile fisicamente, si fa il doppio dello sforzo. Scendi in campo quando i ritmi sono già alti e devi essere subito pronto ».
La sua chance può arrivare ora: l’attacco di “piccoletti” pensato da Pea sembra disegnato apposta per lei.
«Se sarà così sarei felicissimo. Da quando gioco a calcio non ho mai avuto continuità e mi sono posto una domanda: è colpa mia? Il mio ex tecnico Braglia poco tempo fa ha detto chesono forte ma discontinuo. Come si fa a dirlo se gioco una gara sì e una no? Mi piacerebbe avere la possibilità di giocare 7-8 gare di fila: allora si può vedere se sono discontinuo o meno».
Pur di giocare farebbe qualsiasi ruolo?
«Questo è il primo anno in cui gioco nel mio ruolo. Sono nato attaccante ma sia a Castellammare che alla Sangiovannese mi è capitato di giocare esterno. Fare la fascia porta a perdere lucidità sotto porta».
Come si è trovato al sud?
«Bene. Sono un persona tranquilla, mi adatto molto, mi definisco un camaleonte. Non ho avuto difficoltà ambientali, ma ho fatto fatica a capirmi con l’allenatore».
La sera cosa fa di solito?
«Guardo un film con la mia ragazza. Quando non c’è lei sto con gli amici e giochiamo alla Playstation, adoro Call of Duty. Per me divertirsi non è solo andare a ballare, ma anche stare a casa da solo a suonare. La chitarra mi aiuta scaricarmi mentalmente».
Il rapporto con lamusica?
«Splendido. Se non avessi giocato a calcio mi sarebbe piaciuto fare il musicista. Quando ero piccolo pensavo solo a suonare, ora faccio anche lezioni di canto. Suono le mie canzoni, mi piace trovare melodie nuove e sto delle ore a vedere se viene fuori qualcosa di carino per buttare giù un testo. Tra un po’ vorrei pubblicare qualche canzone, mi piacerebbe anche fare un video».
Prime delle partite si carica con la musica?
«In due momenti: la sera prima del match ascolto musica classica, poi in pullman qualcosa di più forte come LimpBizkit o System of a Down».
Ha mai avuto paura di non riuscire a sfondare nel calcio?
«A 16 anni non andavo bene a scuola, ero sempre in giro con le nazionali e allora mi sono messo a consegnare le pizze. Poi ho firmato il primo contratto, anche se il momento più duro l’ho avuto alla Sangiovannese a 19 anni. Non ci pagavano più, la società stava per fallire, io ero via di casa e non sapevo come pagarmi le spese. Così mi sono messo ad insegnare musica ai ragazzi del luogo. Alcune mamme erano entusiaste, mi consigliavano ad altri ragazzi e sono riuscito a creare un giro che mi faceva guadagnare un sacco. Ho pensato: “quasi quasi mi metto a fare questo. Ma vuoi mettere giocare a calcio?».
Lei sembra diverso dallo stereotipo del calciatore.
«Per certi versi sì. Ho visto giocatori di tutti i tipi. All’esterno c’è una brutta immagine dei calciatori, si pensa facciano la bella vita. D’accordo, ce ne sono alcuni così, ma ci sono anche quelli chiusi sempre in casa. Io ogni anno lego con 6 o 7 ragazzi, per questioni di carattere. Non ce ne sono tanti come me, che ad esempio non hanno Sky a casa o suonano uno strumento. Ecco, con i musicisti lego di più».
Un suo amico è Babacar.
«Sì, quando si è infortunato mi è dispiaciuto un sacco. Dopo il gol al Citta mi ha aspettato nel tunnel degli spogliatoi e ha inscenato un balletto (che imita, ndr) per festeggiare. Ha un carattere esuberante, ma non esagera. È forte, non si abbatte e per questo, viste le doti tecniche, diventerà un campione».
Quanti tatuaggi ha?
«Ho perso il conto. Mi sono tatuato il braccio destro con dei fiori, e ciascuno ha un significato. Ho la chiave di sol,uno sulla famiglia, un simbolo di amicizia, uno di felicità e un maori».
Segue anche il rugby?
«Mi piacciono tutti gli sport ma non ne seguo nessuno, nemmeno il calcio. Mi interessano solo le squadre che giocano nel mio campionato, per il resto guardo solo le partite più importanti di Champions o mondiali. Da quando vi sono entrato non mi ha mai affascinato tanto il mondo del calcio. In questi anni ne ho viste di cotte e di crude. Non sto parlando di scandali,ma a livello umano. Non mi piacciono certi tipi di ragionamenti, ma quando scendo in campo, anche in allenamento, mi diverto un sacco e provo emozioni uniche».
A fine carriera, quindi, si dedicherà ad altro?
«Credo di sì, poi magari cambio idea. Il mio obiettivo sarebbe aprirmi uno studio di registrazione, con qualche stanza per insegnare musica a fianco. È un po’ che ci penso».
Le pesano i ritiri? Il dover sempre controllare l’alimentazione?
«Nei primi anni dicevo: perché se peso 60 chili devo stare attento a ciò che mangio? Poi ho capito quanto fosse importante l’alimentazione e sono cresciuto in questo aspetto».
I tifosi con i suoi gol pensano alla serie A.
«Da tifoso biancoscudato anch’io che vorrei arrivare in A, però ora pensiamo solo a vincere gara dopo gara provando a raggiungere qualsiasi traguardo. L’importante è non avere nessun rammarico».
Con il gol al Verona ha realizzato un sogno, con quelli al Citta si è ripetuto. Ora cosa sogna?
«La cosa più bella che potrebbe capitarmi è affermarmi nel Padova. Questo è il mio sogno».