2012
Cagliari, addio Larrivey. Grazie di tutto
Dopo novantasei presenze e dodici gol il Cagliari e Joaquin Larrivey si sono separati. Tra alti e bassi, una cessione in prestito prima al Velez e poi al Colon, si è conclusa una storia d’amore e d’odio durata cinque anni. Un lustro in cui è stato prima osservato, poi preso di mira, per poi raccogliere qualche elogio (ingiustificato) per via della rissa contro il Bastia e ricadere nelle critiche e negli sberleffi della frangia arrogantemente simpatica della tifoseria rossoblù, di quelle persone che ti fanno tenere il broncio quando usi l’autobus pur avendo la patente.
Ma è noto, a Cagliari ogni anno qualcuno deve essere per forza preso di mira. È toccato a centrocampisti di degna affidabilità come Simon Laner e Gabriele Perico, ancora in Sardegna chissà per quanto, come a difensori quali Simone Gozzi e Dario Biasi, praticamente mai scesi in campo ma presi in giro per farsi “toghi” (come si dice qui). Ma questo è un altro discorso, uno dei tanti che rendono l’ambiente intorno ad una società modello e affiatata come quella guidata dal presidente Massimo Cellino, che meriterebbe un appoggio più sincero e meno occasionale da parte delle persone per cui ha fatto di tutto per far assistere loro dal vivo, sia nella fatiscenza del Sant’Elia che nel gioiellino di Is Arenas, alle partite della propria squadra del cuore.
Ma torniamo a “Larry”, l’attaccante arrivato dall’Huracan nel 2007 con un buon curriculum ma che ha trovato, da subito sin dalle prime uscite contro Juventus e Palermo, evidenti difficoltà ad ambientarsi. Però non si è buttato giù. Ha continuato a lavorare come un vero e proprio professionista quale dovrebbe essere, come pochi in circolazione, per cercare di potersi riscattare in ogni occasione concessagli. Tra gli ex rossoblù ce ne sono due in particolare che reagirono ai fischi del pubblico zittendoli o in modo presuntuoso. Lui invece, quando segnò il primo gol, all’ultima giornata di campionato contro la Reggina del suo primo nell’isola, cosa fece? Chiese scusa, a tutti.
Aveva capito da solo che le cose non erano andate nel verso giusto e ha fatto tesoro del riscontro dagli spalti, affidabile chissà quanto e incisivo chissà quanto. L’anno dopo iniziò alla grande con una rete alla Lazio che fu solo l’illusione di un match conclusosi per 4-1 a favore dei biancocelesti, poi altre difficoltà. Ma ha sempre messo l’anima, dal primo all’ultimo giorno della settimana, convincendo ogni allenatore o quasi a puntare su di e delle sue potenzialità espresse quando più quando meno, come tanti suoi colleghi.
Il tempo di andare a vincere da protagonista con il Velez un campionato in Argentina e poi il ritorno in Sardegna, terra amata e stimata. Tutto sommato fece la sua miglior annata a Cagliari, visti i tre gol, con tanto di pallonetto da centrocampo a De Lucia, portiere del Livorno, a cui segnò una doppietta, e giocate importanti, come il tiro respinto da cui scaturì il pareggio di Daniele Conti in un match conclusosi nel recupero 2-2 contro la Roma. Poi nuovo rientro in patria, al Colon, e l’ultimo anno e mezzo. Nella scorsa stagione è stato il miglior cannoniere della squadra, capace di fare tre gol, seppur inutili ma comunque pesanti, al San Paolo ad alleviare una disfatta contro il Napoli che medita ancora vendetta (nel senso sportivo del termine) e in mezzo un gol su rigore al Lecce che per via degli scontri diretti stava per rivelarsi fondamentale per la salvezza nel campionato precedente, seguito ad una tripletta in Coppa Italia all’Albinoleffe.
Decisivo subito anche quest’anno, col gol all’ultimo istante contro lo Spezia che ha evitato brutti grattacapi all’allora allenatore Massimo Ficcadenti. Concludendo con un rigore sbagliato contro l’Atalanta e tanta panchina fino ad una lenta e lunga decadenza, ora finita. Mi (ci) mancherai.
(Ecco il video realizzato dall’editor rossoblù Serafino Ghisu dedicato all’ormai ex numero 9 del Cagliari)