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2012

Sampdoria, Da Costa: “Non ho digerito la squalifica, ma…”

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SAMPDORIA DA COSTA – Dopo tre mesi fuori Angelo Da Costa ritrova il suo posto nello spogliatoio. Scontata la squalifica ricevuta per omessa denuncia della combine di Ancona-Grosseto propostagli dal connazionale Joelson, il portiere della Sampdoria ha raccontato a Il Secolo XIX la sua esperienza.

Signor Da Costa, si ricorda la strada per l’hotel del ritiro?

«Sì, sì. Piuttosto non so dove mi metteranno in camera. Prima ero con Eder. Ora lui ha trovato un altro compagno di stanza».

Ha scontato tutte le squalifiche. Col Bologna sarà convocato.

«Finalmente. È stata dura, non pensavo che fosse così dura. A stare fuori si soffre di più che a stare dentro. Quanto mi è mancata la condivisione con il gruppo».

Il senso di ingiustizia si fa ancora sentire?

«Non ho rabbia dentro. Non ce l’ho con nessuno. Anche se questa squalifica per me continua a essere ingiusta. Oggi non riesco a digerirla, forse ci riuscirà tra qualche anno. Ma non lo so. So che mi hanno tolto tre mesi di emozioni».

Senta, ma adesso quando le telefona un suo amico dicendo che le deve parlare, che fa?

«Io non penso mai male perché ho sempre la coscienza pulita. Quello che mi è successo rientra nelle cose della vita e la vita deve essere vissuta. Se mi chiama un amico, vado da lui. E non penso male».

Nei momenti duri, a che cosa si è aggrappato?

«I momenti duri sono stati quando per la squalifica mi sono sentito un po’ “tagliato” dalla vita del gruppo. Ed è stato proprio il gruppo il mio primo sostegno. Compagni, staff tecnico, dirigenza. Mi hanno fatto sentire dentro. “Quanto manca alla fine?”, “dai che torni più forte di prima”, “sbrigati a rientrare” sono paroline che se te le senti dire una volta ti fanno piacere. Ma se te le senti ripetere più volte al giorno diventano una forza. Poi, la famiglia e la religione».

Nel profondo, pensa di essere stato messo di fronte a questa prova per un motivo?

«Tutto ciò che accade ha un senso. Io questo senso non l’ho ancora trovato, ma so che c’è. Il principio basilare della mia vita è: fai le cose giuste, fai le cose per bene. Non importa dove sei e con chi sei. L’aspetto della vicenda che mi ha infastidito di più, proprio per questo, è stato quello di essere giudicato con superficialità come uomo. Racconterò la mia storia in futuro anche con un pizzico di orgoglio, che nasce dal sostegno dei tantissimi che mi hanno detto “nella tua situazione ci saremmo comportati come te”».

Ha più sentito Joelson, il giocatore che l’ha messa nei guai?

«No. Anche se in certi momenti mi dico che mi piacerebbe parlargli. Per capire».

Secondo lei la materia dell’“omessa denuncia” andrebbe rivista?

«Ho parlato con l’Associazione Italiana Calciatori. Mi hanno detto che ne stanno discutendo e che forse più avanti solleveranno la questione. Formulata così, per me è iniqua. Per denunciare qualcuno, devi comunque avere le prove. Se io avessi denunciato Joelson senza avere le prove, lui avrebbe potuto negare tutto e querelarmi. Chi mi avrebbe assicurato che la giustizia sarebbe riuscita a scoprire come stavano realmente le cose? Mi sono messo a disposizione dell’Associazione, perché ormai quel che è successo è successo. È il passato. Dobbiamo guardare avanti e non voglio che un altro in futuro possa passare quello che ho passato io per avere risposto un “no”. Detto questo, rispetto le decisioni della giustizia, ma non posso comprenderle».

Ha visto le partite della Samp?

«Tutte. Tra il pubblico. Un’esperienza incredibile. L’evento è lo stesso, la partita di calcio, ma in campo e sugli spalti viene vissuta in modi completamente opposti. Non l’avrei mai detto. Ora lo so. E mi servirà».

Contro il Bologna inizia il suo campionato. Cosa gli chiede?

«Gioco in un ruolo particolare, il portiere. E sono anche quello di riserva. Chiedo a me stesso di guadagnarmi la fiducia dell’allenatore, facendomi trovare sempre pronto. Se e quando ce ne sarà bisogno. E anche quando siederò in panchina».

La borsa per domani è pronta?

«Sì. Stando fuori mi è stata data la possibilità di gustare aspetti del nostro quotidiano che si erano trasformati in abitudine. È proprio vero che apprezzi le cose quando non ce le hai più. Io so già che quando entrerò nello spogliatoio e rivedrò la mia maglia da gioco appesa al mio posto proverò un’emozione profonda».