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2012

Il Caso – Sarà pure un genio ma…

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Mirko Vucinic, un genio, uno dei pochi artisti ancora capaci di far cantare quel pallone che gli altri, maniscalchi che non sono altro, prendono banalmente a pedate. Dejan Savicevic, ex creatore del “Diavolo”, lo esalta e ci mancherebbe pure: stessa bandiera, stessa incostanza, stessa parsimonia nel fare gol.

Nessuno discute le qualità dello juventino, per carità: quando è ispirato serve assist di petto inarrivabili. Nessuno discute il fatto che sappia giocare a calcio meglio di moltri altri; il problema però è che lo fa troppo di rado e questo pure è indiscutibile.

Quest’anno? Solo 4 gol: 1 a Pechino, 2 in campionato e 1 in Danimarca per salvare la Champions che rischiava di naufragare clamorosamente. Un po’ pochino, no? Sono 54 i giorni di astinenza di questo predicatore illuminato: una bestemmia per il migliore attaccante della rosa. Inutile continuare a tesserne le lodi di uomo-assist e di affettatore di difese: ad una punta si chiede, prima di ogni cosa, di segnare con una continuità decente e lui non è in grado di farlo. Meglio sorvolare poi sull’abulia che lo coglie non di rado, quando lo si vede vagare svogliato per il campo in preda ad attacchi isterici, meritevole di accomodarsi in panchina dopo minuti cinque (o forse meno). Avere talento e non sfruttarlo a dovere è un delitto e dei peggiori: la storia del calcio è piena di potenziali campioni rimasti desolatamente tali. Nel Real Madrid o in una squadra dotata di un paio di punte degne di questo nome, Vucinic indosserebbe la maglia da titolare non troppo spesso, mettiamola così. Nella Juventus invece, è il perno inamovibile perché circondato da quattro colleghi di livello medio-basso.

Più che a Ibrahimovic, come affermava orgoglioso il conterraneo Savicevic, il nostro sembra Lavezzi: tanto fumo, sostanza pochina. Anche il primo serve, però: si tratta di capire se alla Juventus preferiscono cuocere a puntino l’avversario o semplicemente affumicarlo.

“Avere del talento significa capire che si può fare di meglio”

(Antoine Albalat, L’arte di scrivere)

2012

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