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2012

Caso Napoli, la ricostruzione della vicenda

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 La sentenza depositata questa mattina dalla Commissione Disciplinare della Federcalcio in merito alla combine della partita tra Sampdoria e Napoli del 16 maggio 2010 parla forte e chiaro: c’è prova del tentativo di combine architettato dall’ex tesserato del Napoli Matteo Gianello e da Silvio Giusti, ex calciatore allora allenatore di base iscritto all’Albo dei tecnici. L’obiettivo dei due era quello di garantire la vittoria della Sampdoria, in piena lotta per la qualificazione alla Champions League – quarta e a 64 punti in classifica – contro un Napoli che nulla più aveva da chiedere al suo campionato (matematicamente sesto n.d.r).

L’OMESSA DENUNCIA DI CANNAVARO E GRAVA – Ai due calciatori del Napoli, come riferisce il testo integrale della sentenza, è stata contestata la violazione dell’art. 7, comma 7, CGS per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare i fatti riguardanti la gara Sampdoria – Napoli e, in particolare, la proposta formulata dal compagno di squadra Gianello. La chiave della sentenza è data proprio dal fatto che la confessione dello stesso Gianello è ritenuta assolutamente credibile, così come più volte vengono ribaditi nell’argomentazione della Commissione Disciplinare i particolari rapporti amichevoli tra l’ex terzo portiere del Napoli e i due difensori in questione. Ecco un altro passo chiave: “La veridicità della confessione di Gianello risulta confermata da una attenta lettura degli atti del giudizio in considerazione dei particolari rapporti di familiarità di Gianello con Cannavaro e Grava (insieme al Napoli con Grava dalla stagione 2005/2006 e con Cannavaro dalla stagione 2006/2007), in relazione dal ruolo difensivo rivestito dai due calciatori nella squadra del Napoli (importante ai fini della alterazione del risultato di una gara), dalle stesse dichiarazioni rese da Grava dinanzi al P.M. in data 15 maggio 2011 (“Non escludo tuttavia che Gianello abbia potuto nel corso della settimana fare a me e ad altri compagni di squadra battute scherzose circa il fatto che ormai fossimo già in vacanza o qualcos’altro di simile. Intendo precisare che a considerazioni del genere non avrei dato alcun peso, vista la serietà che mi contraddistingue, intendendole come riferimenti scherzosi ragion per cui non ho un ricordo nitido della circostanza”). Dichiarazioni poi confermate da Cannavaro, fatto punito gravemente dalla Commissione per aver sottratto peso ad una vicenda così grave definendola con contenuti scherzosi.

PERCHE’ PAGA IL NAPOLI – La società paga per il criterio, tanto discusso nel recente passato, della responsabilità oggettiva. Alla base viene contestata una sorta di mancato controllo sull’operato dei propri calciatori in merito a vicende così gravi come il tentativo di alterazione del risultato di una partita. La sentenza chiarisce come il Napoli paghi sia per la posizione di Gianello che per quella di Cannavaro e Grava, in quanto tutti allora regolarmente tesserati con la società partenopea. Ed è qui che la Commissione Disciplinare ha ritenuto la richiesta del procuratore Palazzi troppo lieve: quest’ultimo aveva argomentato la richiesta di penalizzazione di un solo punto adducendo la circostanza per la quale Gianello rivestisse ai tempi una posizione del tutto marginale all’interno dello spogliatoio partenopeo. Considerazioni che non hanno convinto la Commissione, che ha scelto di inasprire la sentenza penalizzando il Napoli non di un solo punto ma di ben due. Mitigata in parte le colpe di Grava e Cannavaro, a cui va lo sconto di tre mesi, dai nove richiesti da Palazzi ai sei inflitti oggi dalla Commissione nazionale. Trentanove mesi di squalifica a Gianello.

LA POSIZIONE DEL NAPOLI – Il punto chiave del comunicato ufficiale appena diffuso dal Napoli: “La società non condivide le decisioni della Commissione Nazionale, non si possono alterare campionati in corso di svolgimento”. L’argomentazione proposta si basa sul fatto che dal maggio 2010 ad oggi ci sarebbe stato tutto il tempo necessario per giungere ad una decisione prima dell’avvio della stagione, e sulla seguente improponibilità di stravolgere una classifica non a bocce ferme. Gli avvocati del Napoli inoltre continuano a gridare a gran voce l’innocenza di Grava e Cannavaro e la totale estraneità della società. Sono questi tre i cardini sui quali verrà fondata l’ulteriore difesa nei seguenti gradi di giudizio – Corte di Giustizia Federale e Tnas – con particolare riguardo al primo. L’opinione personale: se esistono delle regole è giusto che queste vadano rispettate e chi è parte lesa deve scandalizzarsi non soltanto quando ad essere intaccato è il proprio orto. Allo stesso tempo sarebbe opportuno rivedere qualcosa in termini di responsabilità oggettiva dei club, la cui parte lesa all’interno di vicende del genere va probabilmente oltre la reale colpa di non controllare la vita extra-sportiva di ogni suo tesserato e trovarsi a pagare per gesti ignobili di quest’ultimi. Ancora peggio, poi, se il calciatore in questione è all’ultimo anno di contratto e non ha disputato un minuto di campionato.

ECCO LA SENTENZA INTEGRALE

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