2013
Palermo: quando l’incoerenza diventa dannosa
E’ arrivata nella serata di domenica la notizia dell’esonero di Alberto Malesani dalla guida tecnica del Palermo, che ha visto per anni sedersi anime flebili e passeggere. Al malcapitato Malesani sono state concesse appena tre giornate, il tempo adatto per fumarsi una sigaretta o bersi un caffè al bar.
Non ha nemmeno potuto conoscere i giocatori, studiarli da vicino, entrare nei meccanismi perché Zamparini ha subito deciso di rispedire l’allenatore al mittente, come fosse un prodotto difettoso da sostituire. Le scelte del presidente rosanero oramai hanno smarrito da tempo un filo logico, non sono più razionali e restano solo vani tentativi di uno spirito camaleontico.
Ci sono molti modi per esprimere la follia: Munch ci ha provato nell’arte con un urlo silenzioso ma tremendamente assordante, Pirandello, nella letteratura italiana con personaggi bizzarri, Shakespeare, in teatro, con l’opera del Macbeth, mentre Zamparini l’ha portata nel calcio con la sua irrequieta voracità d’allenatori.
Al giorno d’oggi sembra sempre più difficile rispettare le proprie decisioni, tra politici che dicono di non ricandidarsi e poi si trovano ad un passo per vincere le elezioni, tra un Papa che preferisce dimettersi piuttosto che portare a termine il suo mandato e un presidente che prima sceglie un allenatore, poi ci ripensa, infine lo richiama in preda ai rimorsi, salvo scaricarlo a fine stagione. Zamparini sicuramente è il male minore, eppure questo Paese sembra aver scordato cosa sia la coerenza.
Certe volte basterebbe dare tempo al tempo, lasciare che le cose compiano il proprio corso, basterebbe mantenere la parola data. La verità è che a volte non si accetta la realtà, non ci piace come si snoda, come si articola, e allora vogliamo intervenire, metterci il dito nel mezzo, far intoppare l’ingranaggio. Così ormai il Palermo non riesce più a vincere e si trova a brancolare nei sobborghi della classifica in mezzo ad un buio pesto. Il folle muta come la luna, il saggio è immutabile come il sole, diceva Erasmo da Rotterdam nell’Elogio alla follia.
Albert Einstein, sebbene non conoscesse il folle Zampa, ha inquadrato perfettamente il problema: Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettare risultati diversi. Il presidente del Palermo è affetto da un bisogno cronico di mandare a casa i suoi allenatori, aspettandosi sempre un miglioramento, un risultato diverso, eppure le cose restano sempre le stesse.
Possiamo dire che il presidente dei rosanero rappresenta l’elettore indeciso, quello che ad ogni elezione si presenta con sfiducia alle urne scegliendo sempre quello meno peggio, sospettando fin dall’inizio un possibile fallimento da parte di costui, ma con la consapevolezza che alle elezioni successive potrà votare per un altro candidato. Peccato che intanto, tra un ripensamento e l’altro, l’Italia – e il Palermo – siano andati a rotoli.
Chissà, magari il presidente, quando si trova in disparte, lontano dalla marmaglia, estrae una foglio ben custodito dal taschino della giacca, lo apre estremamente compiaciuto e lo mostra fiero agli amici più intimi, come fosse una lista delle vecchie conquiste. Invece no, sono solo gli allenatori che, in tutti questi anni, ha esonerato e poi forse richiamato e poi di nuovo esonerato.
Degli esoneri ormai abbiamo perso il conto, ma la notizia è che da qui fino al termine della stagione c’è il rischio che il numero tenda ad aumentare e possa ancora salire vertiginosamente, sino ad insediare e addirittura superare le conquiste di Cassano, annoverate, prima di conoscere Carolina, sulle seicento circa.
Il destino del Palermo ahimè sembra segnato: nonostante le affannose scelte del patron, tutti gli allenatori che provano a sedersi su quella maledetta panchina non rivestano altro che il ruolo di Caronte: un traghettatore di anime verso il putrido inferno della retrocessione.
Tornando a citare il sopracitato Erasmo da Rotterdam, senza il condimento della follia non può esistere piacere alcuno, per questo speriamo che nonostante tutto il Palermo riesca finalmente a trovare un po’ di stabilità, tornando, come un tempo, a gioire della propria follia e non a disperarsene.