2013
Sanchez-Juventus: sicuri sia un affare?
A vederlo giocare la settimana scorsa a “San Siro” una parte del secondo tempo da incubo del suo Barcellona, Alexis Sanchez è parso l’ombra malinconica del cuneo offensivo che era. Che il cileno sia distante anni luce dall’attaccante ammirato ad Udine è cosa evidente anche ai dirigenti blaugrana, ai vertici tecnici del club e perfino ai compagni: tutti però fanno comprensibilmente finta di niente nella speranza che un investimento da quasi 40 milioni di euro (26 + 11,5 di bonus), non perda ancora valore trasformandosi in un flop con pochi precedenti. Beppe Marotta ha probabilmente fiutato l’affare e, dopo due stagioni, è pronto a prendersi quel giocatore che nel 2011 un’asta terrificante gli sfilò progressivamente ma inesorabilmente di mano.
Niente da dire al riguardo: i presupposti economici del colpo ci sono tutti perché Sanchez è acquistabile praticamente alla metà di quanto costò agli spagnoli convintisi, almeno così parrebbe, che il cileno vanta gruppo sanguigno non compatibile con quello della squadra di Vilanova. Lui non semberebbe altrettanto certo di smobilitare dopo appena un paio di (deludenti) annate. In fondo si tratta pur sempre del Barcellona, il club numero uno al mondo, occasione unica nella vita: rassegnarsi a lasciarlo non devessere la cosa più agevole del mondo, neppure se a chiamarti è la Juventus. Marotta conta però sulla voglia di rilancio del cileno, che a Vinovo troverebbe una colonia andina (Vidal ed Isla) pronta a farlo sentire a casa, in un club in piena ascesa e fresco di ritorno col botto nell’Europa che conta. Insomma, l’ad bianconero ha un paio di ottime carte da giocare e i buoni uffici dell’agente di Sanchez, quel Fernando Felicevich che ha già trapiantato Vidal a Torino, farebbero il resto.
Nessuna controindicazione quindi? Manco per idea. Se dal punto di vista economico l’affare appare fattibile e vantaggioso (si tratta però sempre di sborsare almeno 20 milioni di euro), sotto il profilo tecnico e tattico la musica cambia. Sanchez non si è integrato negli schemi del Barcellona che, guarda caso, ha un modo di giocare molto simile a quello della Juventus (meglio dire il contrario). Si occupa la metà campo avversaria, si affrontano difese quasi sempre schierate e addio spazi in cui fiondarsi. Il cileno ad Udine andò a nozze con le ripartenze dei friulani, divorando praterie di campo ed avversari con dribbling comodamente larghi. In bianconero la musica cambierebbe: poca aria a disposizione, tanto gioco orizzontale e avversari incollati inesorabilmente ai polpacci. Ne salti uno? Ce n’è un altro e forse pure un terzo. Sarà un caso ma sia nel Barcellona che nella Juventus, i centrocampisti fanno bella figura mentre le punte sgobbano, togliendosi soddisfazioni con il contagocce.
Sanchez come renderebbe innestato nella creatura di Antonio Conte? Supponiamo che il ragionamento di Marotta sia pragmaticamente inappuntabile: lo prendiamo a metà di quello che è costato due anni fa e poi ci pensa l’allenatore. Probabile, possibile ma i miracoli non sempre riescono, neppure al tecnico leccese: Krasic, altro amante degli scenari desolati, insegna.
Meglio un tipo alla Suarez ma quello, temiamo per Marotta, ha tutto tranne le sembianze dell’affare economico.