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2013

Italia fuori dalle top four: i tre motivi

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Negativo il responso dei quarti di finale, in Champions come in Europa League: Juventus fuori, la massima competizione europea resta vicenda di Spagna e Germania – confronti incrociati in semifinale tra Bayern e Barcellona con ritorno al Camp Nou e tra Borussia Dortmund e Real con seconda sfida al Bernabeu – e lo stesso amaro destino si riscontra in Europa League, priva di club italiani, dove in corsa sono le sorprese Fenerbahce e Basilea che affronteranno rispettivamente Benfica e Chelsea.

COMPETITIVITA’ DEL CAMPIONATO ITALIANO – Il primo fattore che ha escluso le realtà nostrane dalle semifinali delle competizioni europee può rintracciarsi nell’alto livello medio della Serie A: il torneo italiano resta – per ammissione dei tecnici più qualificati quali Mourinho ed Ancelotti – il più complesso sotto il profilo tattico e tecnico. Gli allenatori sono complessivamente molto preparati e riescono a trarre il massimo dagli organici a disposizione: l’evidente conseguenza è data dalla circostanza per cui, a differenza degli altri campionati europei, in Italia non esistono partite comode, ossia praticamente vinte prima di essere disputate. Ogni trasferta diventa un’incognita da preparare con massimo scrupolo ed attenzione, pena un risultato poco favorevole: ciò si tramuta, nella gestione dei momenti complessi di una stagione, in una lucidità minore nell’affrontare questo genere di partite, a differenza ad esempio di un Bayern Monaco o di un Barcellona che hanno già ampiamente chiuso il discorso relativo al titolo nazionale già da almeno due mesi.

FATTURATI INFERIORI: I CAMPIONI VANNO ALTROVE – E’ altrettanto vero e da riconoscere che, in termini di valore netto delle squadre d’elite dei campionati europei, il nostro movimento soffre rispetto alle realtà concorrenti: la Juventus, club di spicco del panorama italiano, non può vantare i campioni a disposizione di Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco, Manchester United e perché no Manchester City e Paris Saint Germain. Quella ristretta sfera di calciatori che, in partite di livello così elevato, possono e spesso fanno la differenza con una giocata, un colpo che non a tutti è ammissibile. Si è detto ad esempio dell’assenza del tanto agognato top player in casa Juve: prescindendo per un attimo dalla sensibile differenza comunque emersa in termini di equilibrio e tenuta generale, è risultato evidente come ai bianconeri mancasse quel profilo di calciatore offensivo che fosse in grado di accendere la luce quando richiesto ed invertire le sorti della gara. Perché i campioni ora scelgono altri lidi? I top club della Serie A fatturano in media meno della metà rispetto a realtà quali Barcellona, Real e Bayern Monaco che possono vantare stadi di proprietà ed attività di merchandising decisamente più strutturate, fondate su uno sfruttamento totale del brand d’appartenenza. La Juventus in tal senso sta compiendo i primi passi dopo la costruzione del nuovo stadio ma tanta è la strada da percorrere. L’alternativa è seguire la strada Borussia: rafforzamenti oculati al cospetto di un processo di valorizzazione delle risorse interne invidiabile a livello planetario.

APPROCCIO ALL’EUROPA LEAGUE – Le squadre italiane considerano ancora l’Europa League competizione di spessore ridotto: innumerevoli quanto evidenti negli ultimi anni i casi di interpretazione assolutamente fallimentare della manifestazione, dove spesso gli allenatori – anche a causa di diktat societari – non hanno schierato la formazione migliore ricorrendo largamente alle alternative. E rimediando figure poco confortevoli. I deludenti risultati italiani nelle ultime edizioni dell’Europa League sono causa integrante del crollo del sistema Italia nel ranking Uefa, dove abbiamo perso il terzo posto in favore della Germania e di conseguenza la possibilità di iscrivere quattro squadre alla Champions League. Fattore la cui rotta va quanto prima invertita: è soltanto perseguendo un mix tra aumento di fatturato – e dunque possibilità di spesa maggiori che vadano ad attrarre i ribattezzati top player – valorizzazione dei vivai ed interpretazione non discriminante dell’Europa League che il movimento calcistico italiano può tornare ai livelli che gli spettano e competono.