2013
Maurizio Schillaci: «Pago le conseguenze della droga»
SCHILLACI MAURIZIO ZEMAN LAZIO TOTO – Maurizio Schillaci, oggi 51enne ma in passato calciatore e cugino del ben più noto Totò, eroe delle notti magiche di Italia 90, racconta il suo calvario nel mondo calcistico a cavallo tra gli anni 80 e 90 ai microfoni di SiciliaInformazioni.com: «Tutti dicevano che ero più forte di lui. Può essere. Di sicuro io non ho avuto la sua fortuna. Ero sul punto di esplodere. Poi sul più bello sono passato dalle stelle alle stalle. Le mie stagioni migliori le ho vissute in B con Zeman. Segnavo gol a ripetizione. Poi è arrivata la Lazio. Era il mio periodo di grazia. Vivevo nel lusso, ho cambiato 38 auto, ho giocato nello stadio dei sogni, l’Olimpico. Contratto di 500 milioni per 4 anni. poi qualcosa non va per il verso giusto. I primi infortuni, gli stop. Poi scopro perché. Vado in prestito a Messina, là trovo mio cugino Totò. Tutti i giornali parlavano di noi, io e lui facevamo a gara a chi segnava di più. Ma la mia carriera in realtà s’è spezzata a Roma. Un infortunio mai curato che mi impediva di esprimermi al meglio. Facevo poche partite e mi fermavo. Mi chiamavano il “malato immaginario” o il “calciatore misterioso”, perché ero sempre in infermeria. In realtà avevo un tendine bucato. A Messina si accorgono del problema, mi curano, ma la carriera era ormai volata via. Poi ho subito altre situazioni. Più brutte degli infortuni. Vado alla Juve Stabia, ormai ho 33 anni. E qui conosco la droga. La cocaina, poi l’eroina. Nel frattempo ho divorziato da mia moglie».
DECLINO – «Totò? Ero contento per lui. A me non cambiava nulla sinceramente. Con Totò non ci sentiamo più. Ho lavorato nella sua scuola calcio per un periodo, ma per “travagghiare” là spendevo 300 mila lire e guadagnavo la stessa cifra. Ho deciso di mollare. In realtà pago le conseguenze della droga. Sentivo sempre le stesse storie: ‘Non porto mio figlio a uno che s’è fatto di eroina’. Io però non mi drogo più. E la gente che giudica mi fa male, perché non conosce la mia storia. Stavo malissimo, la droga ti lascia il marchio. Ho perso tutti i contatti con il mondo del calcio. Quando giocavo erano tutti amici. Ora non c’è più nessuno. Ho toccato il fondo quando ho capito che la mia carriera stava per finire. Zeman? Ogni tanto lo intravedo. Lui mi adorava, quando stavo a posto. Mi volle portare a Foggia, avevo già firmato. Sarebbe stata la svolta della mia carriera. Adesso del calcio non me ne frega più niente».
EROINA – «L’eroina per me non esiste più. Ho toccato il fondo ma ora voglio risalire. Ogni tanto guardo i bambini giocare in mezzo alla strada. Li osservo e mi piacerebbe dare un calcio a quel pallone…».