Angel Matute Morales, l'erede di Mancini - Calcio News 24
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Angel Matute Morales, l’erede di Mancini

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Altro giro, altra meteora. Dopo aver raccontato le gesta di Nanni, questa volta tocca ad Angel Alejandro Morales avvistato a Genova, sponda blucerchiata, nel lontano 1997. Un arrivo accolto con entusiasmo dalla dirigenza doriana, convinta di aver portato a casa un talento sudamericano di altissimo livello e sopratutto di aver trovato l’erede di Roberto Mancini.

Morales, soprannominato in patria “Matute” in onore ad un personaggio dei cartoni animati, nasce a Buenos Aires nel 1975 e inizia la sua carriera da professionista ad Avellaneda con l’Indipendiente. Veloce, imprevedibile, fantasioso, con queste caratteristiche inizia a imporsi nella Primera Division argentina. Da classico dieci tutto tecnica e fantasia gioca la prima stagione tra i professionisti con grande personalità lasciando intravedere un talento cristallino. Per non arrestare il suo percorso di crescita, il club argentino lo manda in prestito al Platense per un anno. Intanto sulla panchina dei Diablos Rojos arriva Cesar “El Flaco” Menotti che lo riporta alla base nel 1996. Con l’ex c.t della Selección argentina, Morales, trova la consacrazione definitiva. Per l’Indipendiente diventa un punto di riferimento e grazie alle sue giocate la squadra di Avellaneda chiude il torneo di Apertura al secondo posto. Ovviamente il talento di Matute non passa inosservato, come succede sempre in questi casi, le squadre europee iniziano a farsi avanti. Nel frattempo, Menotti, lascia l’Indipendiente per sedersi sulla panchina della Sampdoria. Il tecnico argentino indica subito Morales come il rinforzo ideale per il suo modulo di gioco. La partenza di Roberto Mancini pesa sulla squadra doriana e il “Flaco” intravede in Angel il sostituto ideale del marchigiano.

Visto l’interesse dei club blucerchiato, gli argentini non sono intenzionati a fare sconti. La trattativa si fa sempre più complessa: loro chiedono almeno 8,5 miliardi di lire, la Samp non vuole superare gli otto miliardi. Dopo giorni d’incontri serrati tra le due società, la trattativa si sblocca: Morales lascia l’Argentina e può sbarcare finalmente a Genova. La società investe sette miliardi e mezzo, gli fa sottoscrivere un quinquennale e lo incorona con la maglia numero dieci del tanto amato Mancini. Una bella responsabilità per un ragazzo poco più che ventenne ma Matute, intervistato dalla Gazzetta, cerca di allontanare subito scomodi paragoni: “Voglio costruire qualcosa d’importante ma non caricatemi di responsabilità. Mancini ha fatto la storia della Samp, quindi certi paragoni fra me e lui sono fuori luogo”.
Tutto molto chiaro, l’argentino ci ha visto giusto, il paragone non regge. Menotti sulla panchina della Sampdoria dura solo otto giornate, il tempo giusto per bruciare il nuovo dieci blucerchiato. Angel, solitamente schierato alle spalle delle due punte, fa fatica ad ambientarsi nel nostro campionato. Non trova la giusta posizione in campo e spesso si trova fuori dal gioco. Quella maglia è troppo pesante per lui tranne nell’unica occasione dove ha fatto felici i tifosi della Samp. La rete a Marassi contro la Juventus nella quarta giornata di campionato, il dieci porta in vantaggio i doriani con una bella conclusione da dentro l’area. La partita finisce in parità ma per Matute s’intravedono segnali di crescita.

Alla nona giornata arriva Boskov al posto di Menotti, l’addio del “Flaco” spinge Morales in panchina per tutto il girone d’andata. Il tecnico serbo non lo considera minimamente e la società, vista la situazionei, pensa di cederlo nella sessione invernale del mercato. L’idea si concretizza subito, a gennaio va in prestito al Merida, in Spagna. Anche li gioca pochissimo, soltanto due presenze e una retrocessione da smaltire. In Italia trova le porte chiuse così il club spagnolo decide di acquistarlo a titolo definitivo. Solo una stagione prima del ritorno in patria, sempre nella sua Avellaneda, questa volta con la maglia del Racing. Un tradimento per i tifosi dell’Indipendiente che si scatenano contro l’ex pupillo di Menotti.

Qui gioca solo un anno, nel 1999 si trasferisce in Messico dove trova un campionato adatto alle sue caratteristiche. Con il Cruz Azul impressiona per rendimento e costanza: in tre anni gioca 107 partite con 33 reti all’attivo e una finale di Libertadores persa con il Boca Juniors. Nel 2002 passa al Veracruz confermando il suo ottimo stato di forma nelle due stagioni successive. Da girovago prosegue con i Dorados, poi Banfield, Olimpo, Nacional Montevideo e infine Huracan, dove chiude la carriera nel 2011, a 36 anni suonati.
Adesso cura gli interessi di alcuni giocatori argentini ma non si definisce un procuratore a 360 gradi. Nel 2012 rilascia una lunga intervista a “El Grafico” dove torna a parlare della sua esperienza italiana: “Durai poco a Genova anche per colpa mia. Quando Menotti fu esonerato arrivò Boskov che cambiò modulo, giocatori e stile di gioco. Mi mise in panchina e iniziai a non fare più il professionista. Quando i miei compagni finivano di allenarsi, io arrivavo al campo di allenamento. Spesso restavo addirittura a casa, questo mi fece impazzire e accettai il Merida, una scelta pessima per la mia carriera”. Un’ammissione di colpa che, a distanza di anni, non farà felici i tifosi della Samp illusi da quel dieci sulle spalle.

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