Undici uomini d'oro. O forse no - Calcio News 24
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2013

Undici uomini d’oro. O forse no

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c eravamo tanto amati

Abbiamo scelto la top 11 dei giocatori che non hanno mai vinto il Pallone d’Oro: che ne dite?

BEST OF – Se anche voi siete di quelli che nei videogiochi si creano le squadre con i giocatori bonus più forti, allora abbiamo quello che fa per voi. Vi lanciamo una provocazione, come direbbe il buon Duccio Patanè: siete in grado di riuscire a formare una compagine con i più grandi giocatori, proprio i migliori intendiamo, che però non hanno mai vinto il Pallone D’Oro? Non è difficile ma non è poi nemmeno così facile, perché i nomi tra cui scegliere sono innumerevoli e soprattutto di sudamericani ce ne sono a bizzeffe, visto che fino al 1994 il premio era riservato agli europei. Da buoni nostalgici e hipster del pallone abbiamo provato a fare una specie di Greatest Hits, nonostante certe formazioni lascino il tempo che trovano, ci siamo divertiti a cercare undici (ma anche qualcosina di più) giocatori in gradi di far parte di questo kolossal calcistico. 

DIFESA – Partiamo dalla difesa, ovviamente. Sono ruoli un po’ inusuali per il Pallone D’Oro, ci si concentra di più su quelli che segnano e incantano le platee ribadendo una delle più grandi incoerenze del mondo del calcio: un intervento in scivolata che evita un gol a livello di importanza è pari, se non superiore addirittura, a un gol su punizione. Certo, ognuno ha le sue caratteristiche che lo spingono ad eccellere nei più svariati campi, che siano il tackle o il tocco di fino, ma fatto sta che i grandi difensori difficilmente possono ambire a un riconoscimento del genere. Figuriamoci i portieri, poi. Solo Yascin, ma perché era Yascin, è riuscito ad alzare il trofeo e colpevolmente è stato lasciato fuori Dino Zoff, numero uno della nostra retroguardia. Immaginate il grande Dino in porta e davanti la seguente linea difensiva, rigorosamente a quattro e con il braccio alzato a chiamare il fuorigioco: Carlos Alberto – Baresi – Scirea – Maldini. Discepoli di Capello e di Trapattoni andate pure in bagno a piangere per la nostalgia. Se per il brasiliano vige la solita regola sulla nazionalità, non si capisce perché il premio nella storia sia andato a Sammer e non a Baresi, per dire. Gli italiani godono sempre di scarsa considerazione ma Scirea e Maldini, giusto per citare gli ultimi due, hanno scritto la storia. Magari l’hanno fatto spazzando l’area o con una diagonale difensiva pittosto che con una rovesciata da venti metri, e questa è la loro pecca. A malincuore teniamo in panchina gente come Moore, Krol, Facchetti o Roberto Carlos, ma giusto perché a calcio si gioca in undici e questa formazione la facciamo noi e non Gipo Viani, che avrebbe messo otto difensori.

CENTROCAMPO – Il centrocampo è l’anima del calcio, bisogna trovare gente che riesce a coordinare freddezza nelle decisioni con grinta e temperamento, ed ecco un trio talmente forte che avrebbe fatto la fortuna anche di allenatori non propriamente vincenti come Cuper o Queiroz. Partiamo da Arthur Antunes Coimbra detto Zico, re di Rio De Janeiro e imperatore del Friuli Venezia Giulia, in carriera anche attaccante ma qui eccezionalmente spostato un briciolo più indietro. Stiamo parlando di uno dei giocatori più forti del dopoguerra, uno che ha dato ragion d’essere anche a qualche compagno di squadra che ora vivacchia tra le trasmissioni televisive: «O Zico o Austria» tuonavano in quel di Udin, e ne avevano ben donde. Accanto al nostro amico brasiliano – impossibilitato a vincere il Pallone D’Oro per via della nazionalità – c’è Frank Rijkaard, che come mediano davanti alla difesa non proprio quanto di peggio ci si possa aspettare. Difficile trovare un centrocampista così incisivo e così decisivo, tanto da segnare gol parecchio significativi (i tifosi milanisti che andarono a Vienna nel 1990 ne sanno qualcosa), un mix di esplosività e rigore logico disarmante, l’unico dei tre olandesi del fantastico Milan di Sacchi a non alzare mai il riconoscimento, mentre Figo e Belanov hanno qualcosa da fare vedere agli amici quando mostrano la mansarda. Conclude il trio sulla linea mediana un altro giocatore adattatto in questo ruolo, il tedesco Paul Breitner, che visto adesso con i capelli e la barba corti sembra invecchiato di centoventi anni. Giocatore atipico – attore, maoista, intellettuale – è uno dei pochi ad aver segnato in due finali dei mondiali, e l’unico senza spiccata propensione offensiva. Anche qui lasciare in panchina qualcuno è dura, ma ci troviamo costretti ad accantonare Lampard, Gerrard, Schuster, Socrates, Gento e altri ancora. 

ATTACCO – Adesso arriva il difficile, perché nella lunga storia del Pallone d’Oro praticamente quelli meritevoli sono stati un po’ tutti. Tutti tranne uno, sempre per la solita motivazione: l’argentino Diego Armando Maradona, ciò che di più magnifico abbia mai partorito la storia del calcio. Non c’è nemmeno bisogno di commentarlo El Diez, vi basti solo sapere che, semmai non ne foste al corrente, in Argentina esiste una religione dedicata all’ex fenomeno del Napoli. E questo è quanto. Parlare di altra gente dopo aver trattato Maradona è un sacrilegio in tal senso, ma va completato il reparto di attacco e aggiungiamo al tridente  Raul Gonzalez Blanco e Thierry Henry, due nomi recenti insomma e non ancora ritirati dal calcio (Al Sadd e NY Red Bulls comunque si avvicinano molto alle partitelle coi figli nel cortile). Raul ha il merito di essere uno dei bomber più prolifici degli ultimi anni: di testa o di piede, di spalla o di stinco, di cappa o di spada lo spagnolo è sempre pronto lì a insaccare e poi a baciarsi la fede; dall’altra parte abbiamo un giocatore più bello da vedere, un duca dell’area di rigore, quel Titì Henry che a una premizione del Pallone D’Oro andò con la maglietta di Ernesto Che Guevara, giusto per farvi un’idea di che giocatore abbiamo di fronte. Abbiamo lasciato fuori qualche nome? Eccome… Vi basti pensare che in panchina vanno Pelè, Rombo di Tuono Riva, il formidabile Puskas e anche quel talento incredibile del Magico Gonzalez, frustatevi se non lo conoscete. Non ce ne vogliate se abbiamo fatto fuori troppa gente, se dovete serbare rancore, portatelo verso France Football.

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