2013
Con Liverani da retrocessione, con Gasperini da Champions: inversione clamorosa
Il Genoa vola nelle ultime sei giornate: a Gasperini ora il compito di mascherare le lacune strutturali
SERIE A GENOA – Esistono dei posti dove inclinazione naturale e feeling portano evidentemente un uomo ad esprimersi al meglio delle sue possibilità: è ciò che probabilmente accade a Gian Piero Gasperini con il suo Genoa. La piazza dove è riuscito ad affermarsi nelle vesti di allenatore della massima serie, circostanza invece non riuscitagli in altre realtà quali nel suo caso Palermo ed Inter.
IL GENOA SENZA E CON GASPERINI – Dodici i turni di campionato finora disputati, il Grifone ha ripartito il suo torneo esattamente in due tranche: la prima sotto la guida di Fabio Liverani – per sei partite sulla panchina rossoblu – e la seconda parte proprio agli ordini di Gasperini. Imbarazzante il confronto: con il primo sono arrivati soltanto quattro punti (una vittoria, un pareggio e quattro sconfitte), con il secondo si sono invertiti i dati di vittorie (4) e sconfitte (1, peraltro sul campo della Juventus campione d’Italia, uno solo il pareggio all’esordio personale in trasferta a Catania). La proiezione: Liverani viaggiava lentamente alla media di 0.6 punti a gara, dato che rapportato sul lungo termine dell’intera stagione racconta di un campionato da 25 punti, inevitabilmente da retrocessione. Tutt’altra musica con Gasperini: il Genoa negli ultimi sei turni – appunto dal ritorno del tecnico piemontese in poi – corre alla media di 2.16 punti a partita, con la proiezione di un campionato folle da ben 82 punti. Un dato da scudetto o al peggio da Champions che non potrà rispondere alle ambizioni del Genoa ma che la dice lunga sulle differenze riscontrate nelle due gestioni.
I FATTORI DI UNA VERA E PROPRIA RIVOLUZIONE – La sensazione forte assistendo all’opera il Genoa di Liverani narrava di una squadra con parecchi interpreti fuori ruolo: l’emblema in tal senso fu la confusionaria sconfitta interna subita dal Napoli, con le sostituzioni allora adottate in corso di gara (Stojan, Fetfatzidis e Santana rispettivamente per Gamberini, Matuzalem e Antonini). Il risultato non cambiò ma aumentò la confusione in campo, con una squadra che sembrava muoversi più a caso che invece seguendo una bozza di assetto tattico. Gasperini ha invece normalizzato la situazione pur senza rinunciare al suo credo prettamente propositivo: resta il 3-4-3 marchio di fabbrica ma è impressionante l’inversione di tendenza – soprattutto nelle ultime tre gare di campionato – riscontrata nella fase difensiva, con il Genoa che – pur contro avversari temibili quali Parma, Lazio (in trasferta) ed Hellas Verona – non ha subito neanche una rete al passivo.
GLI OBIETTIVI – Vale in ottima parte il discorso che può essere applicato alla sorpresa Verona: impensabile attaccare i primi cinque posti della classifica – le realtà che meritatamente occupano i gradini più alti della Serie A sono decisamente più strutturate del Genoa – ma va dato ampio merito di aver finora condotto un campionato superiore a squadre più dotate quali Milan, Lazio e Udinese. Sarà complesso restare avanti alle tre squadre appena citate perché, nel caso del Genoa, sembra organicamente mancare quel peso offensivo che nel lungo periodo può garantire una certa continuità di risultati. L’organizzazione difensiva come già anticipato funziona: il Genoa ha subito 14 reti ed è un dato per intenderci in linea con quello della Fiorentina e non di gran lunga peggiore addirittura rispetto a Juventus e Napoli. Il Grifone però soffre di un attacco complessivamente tra i peggiori della Serie A: 13 gol, di fatto uno a gara, è una statistica che nel medio periodo non può mantenere i liguri in questa fetta di classifica. Pane per i denti di Gasperini: le sue squadre raramente hanno difettato in tal senso e spetta proprio al suo lavoro compensare le mancanze di organico e presentare un Genoa propositivo ed allo stesso tempo cinico ed efficace.