2013
Ricambio generazionale senza eleganza. Hai detto tutto Adriano, ora meno antipatico a tutti
Termina così l’era Galliani
SERIE A MILAN – Un braccio di ferro mai esistito. La ricerca a tutti i costi del titolo ad effetto ha esasperato una situazione al contrario dai risvolti piuttosto chiari: Barbara Berlusconi proprietaria, Adriano Galliani dipendente. Seppur brillante. In una situazione del genere, quando si prende atto di un’incompatibilità e c’è da scegliere, a decidere è chi comanda. E a comandare è il proprietario. Non un brillante dipendente.
LA DECISIONE DI ADRIANO GALLIANI – Ai più, o quantomeno a chi non va esclusivamente alla ricerca del titolo vincente, l’evoluzione della vicenda non poteva che essere quella definitivamente concretizzata nella giornata di oggi: l’amministratore delegato e vicepresidente vicario Adriano Galliani lascia il Milan perché offeso dalle modalità con cui si è proceduto al ricambio generazionale. Sempre per bocca dello stesso la vicenda, per come gestita, ha macchiato l’immagine di un dirigente che ha portato il Milan a vivere sulle vette del mondo calcistico: Galliani ha scelto di non farsi rosolare, anticipando di fatto una separazione già avvenuta nelle intenzioni ma programmata nei fatti per il termine dell’attuale stagione. Ed è qui che si cela l’inadeguatezza della gestione di una vicenda così delicata, inefficienza peraltro da parte di un club che ha sempre impressionato per la capacità di trattare i fatti di casa propria. Analizziamo le ragioni.
TEMPI SBAGLIATI ED INELEGANZA – Non parte in maniera brillante l’avvento di Barbara Berlusconi in rossonero: innanzitutto i tempi. Adriano Galliani, storico dirigente del Milan che ha vinto e rivinto tutto ciò che c’era da vincere e rivincere, non può mai essere liquidato nel corso di una stagione. Per di più nell’evoluzione di un’annata che non vede il Milan propriamente in uno stato di grazia. Dunque come a scaricare le colpe: se la squadra non va la responsabilità è di chi l’ha gestita e la testa deve saltare. Ingeneroso verso chi – è davvero superfluo elencare trofei alzati ed acquisti che hanno segnato l’era Galliani, si va da Van Basten ad Ibrahimovic passando per Ronaldo e davvero chi più ne ha ne metta – ad ogni modo ha dimostrato dedizione totale alla causa. Ed è qui che si cela l’ineleganza: è legittimo (e ci mancherebbe altro) che chi comanda si assuma il rischio di decisioni impopolari, ma tempi e modi lasciano a desiderare. Fosse solo anche per questioni opportunistiche: una rivoluzione di tale portata è attuabile a bocce ferme e non nel corso di una stagione già di per sé poco stabile.
IL FUTURO – Vedete, rileggendo tale esposizione si può avere l’impressione di una sviolinata pro Galliani: bene, non è affatto così perché il personaggio in questione non ha mai goduto – per quel che possa contare – della mia personale simpatia. Se possibile è proprio questa vicenda che me lo ha fatto diventare più simpatico. O meglio meno antipatico. E’ proprio a prescindere dalle sensazioni personali che l’opera del dirigente non può che essere lodata dal mondo rossonero in primis ed in generale da chi osserva. Ed osserva che se il Milan è stato talmente bravo da dettare legge in campo internazionale qualche merito quest’uomo dovrà pur averlo. Il testimone passa a Barbara Berlusconi, giovane aspirante manager che mette il primo pesante mattone su una sorta di Milan 2.0: Paolo Maldini, storica e brillante bandiera rossonera, entra nello staff dirigenziale come responsabile dell’area tecnica. Nel segno della continuità, insomma: il Milan ai milanisti e l’in bocca al lupo di un popolo che lo ha amato da calciatore e che lo rispetterà da dirigente.