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Adnan got game

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‘Yan-uh-zai’. Il nuovo Cruyff. Il Nuovo Papa. Ma anche un “Patriot or Traitor”, a seconda di quale paese sceglierà per rappresentarne i colori. Nato il 5 febbraio, come i grandi: Cristiano Ronaldo in primis, Neymar in secundis. Chiamarsi Adnan. Avere i riflettori mondiali sulla propria testa e poter scegliere tra più di 4 Nazionali, come Ray Allen in “He got game”, tenendo sulla corda tutti, dirigenti, presidenti, politici. «Nobody has a bad word» sul prossimo numero 7 (attualmente ha il 44) del Manchester United, forse la sola Melissa McKenzie, studentessa 25enne, che, invece di un ristorante pluristellato insieme a Januzaj, si è dovuta accontentare di un hamburger da Nando’s, per poi vedere insieme X-Factor e accompagnarlo successivamente a casa, non dopo aver pagato anche il parcheggio, sia chiaro. 

COME IN UN FILM – Adnan Januzaj è tra i principali talenti che ha proposto il calcio europeo negli ultimi 12 mesi e sta impressionando gli addetti ai lavori per la classe, la personalità e la sapienza tattica con cui si sta destreggiando nello scacchiere di David Moyes, allenatore del Manchester United. “He got game“, dicevamo: nel 1998, anno di uscita del film di Spike Lee, il piccolo Adnan aveva poco meno di tre anni. E’ la storia di Jesus, la più grande promessa del basket liceale statunitense, chiamato a scegliere tra le più prestigiose università americane disposte a tutto pur di averlo nella stagione successiva, anche quella di Big State, dove gli viene offerta una proposta: se Jesus dovesse sceglierla, il governatore allora si sarebbe messo in moto per una forte riduzione di pena al padre detenuto, Jake (Denzel Washington), chiamato per convincere il figlio su questa scelta.

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Un giovane Januzaj con la maglia dell’A.S. Roma – Photo: ©Graham Chadwich – DailyMail

DUE DESTINI – Per capire un po’ l’affaire-Adnan dobbiamo fare una piccola ma necessaria dissertazione, utile per capire le componenti in gioco in questa scelta che il giovane Januzaj dovrà compiere, sopratutto in vista di un possibile posto in Brasile per il Mondiale: la figura del padre, Abedin. Adnan Januzaj è belga, nato a Bruxelles da immigrati genitori kosovari-albanesi, ritrovatisi in Belgio dopo due storie differenti, ma con lo stesso incipit: si scrive emigrazione, si legge repressione. Abedin, primo di sei fratelli, emigrò da Istog, Kosovo, nel 1992, per due motivi: fuggire al reclutamento dell’esercito jugoslavo e lavorare per poter sostenere economicamente la propria famiglia, in un periodo tutt’altro che florido per la zona balcanica. Basti pensare che alcuni zii di Adnan, come Januz e Shemsedin, furono dei guerriglieri attivi nel KLA, l’esercito di liberazione kosovaro che fu protagonista nella Guerra d’Indipendenza kosovara contro i serbi a cavallo degli anni novanta. La famiglia della madre, invece, fu deportata in Turchia dalle autorità jugoslave per sopprimere il nazionalismo albanese in quella determinata zona. A Bruxelles, Abedin Januzaj e Ganimete Sadikaj (madre di Adnan) si conobbero, essendo parte della comunità albanese presente nella capitale belga. E fu qui che Adnan nacque e mosse i primi passi nel mondo calcistico: RWDM Brussels Fc e poi Anderlecht, fino al Manchester United di Ferguson. 

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Zio Shemsedin e la moglie ai tempi del KLA – Photo: ©Lucy Ray – DailyMail

AVANTI IL PROSSIMO – E arriviamo così all’arcano: Januzaj non ha ancora compiuto la scelta definitiva circa il paese da rappresentare, e per farlo si affiderà al consiglio della propria famiglia (e del padre). Già, perché Januzaj sarebbe in teoria eleggibile per diverse Nazionali. Quali? Innanzitutto il Belgio, per via della nascita e del passaporto; l’Albania, per le discendenze etniche della propria famiglia; la Turchia, per via della nazionalità dei nonni materni; l’Inghilterra, solo in presenza di determinate condizioni; la Serbia, per via della disputa internazionale circa la sorte dei paesi sorti dalla scomparsa dell’ex Jugoslavia: e il Kosovo. Per quanto concerne Turchia e Serbia, ci ha già pensato il padre Abedin, chiaro e conciso («Nessuna probabilità che possa accadere, non so come la gente pensi che Adnan possa giocare per i serbi»).

ENGLAND, SHEI FUORI? – In Inghilterra non si vince un Mondiale dal 1966, ragion per cui è inevitabile che arrivino pressioni alla FA in modo da accaparrarsi il giovane talento belga. Ma non è così semplice la normativa britannica, visto che arrivano limiti imposti dall’Home Nations Agreement: si sta lavorando in tal senso in questi mesi per trovare una soluzione che riduca i 5 anni richiesti per l’ottenimento della cittadinanza di Januzaj. Hodgson lo prenderebbe a occhi chiusi, fino a Istog, Wilshere un po’ meno visto che nei mesi scorsi ha dichiarato: «Keep England for the English» trovandosi di tutta risposta il commento del presidente della Federcalcio Britannica: «Se fosse andata sempre così, qui non avremmo avuto un Mo Farah» riferendosi al campione olimpico somalo-inglese. 

BELGIO – Sembrava non avere tantissime speranze anche il Belgio di Marc Wilmots, che sull’argomento era stato chiarissimo: «Sei belga? Devi giocare per il Belgio», dopo essersi visto rispedito al mittente la convocazione nelle gare di qualificazione contro Galles e Croazia. Anche qui, però, Abedin non è molto convinto: «Non mi è piaciuto il loro approccio, dovrebbero seguire le regole, ma non metto nessuno in ‘lista nera’»

ALBANIA – Ci prova eccome la nazionale albanese di Gianni De Biasi, che in questi mesi ha provato più volte di mettersi in contatto con il folto entourage di Januzaj, rappresentato dalla figura unica del padre Abedin. A tal proposito, circa la reperibilità di papà Januzaj, De Biasi ha fatto centro: «E’ diventato più facile contattare Papa Francesco che non Januzaj». Diretto, semplice, efficace: dal punto di vista della famiglia del campioncino, invece, non sarebbe piaciuta la pressione della Federcalcio Albanese sul calciatore, indirizzata parallelamente su due fronti. Da un lato l’invio di ’emissari-ambasciatori‘ come Lorik Cana, capitano dell’Albania e centrale difensivo della Lazio, per convincerlo in questa scelta, dall’altro lato, invece, tutta la pressione mediatica di un popolo che sogna di poterlo vedere con la maglia dell’Albania. A tal proposito, lo show televisivo albanese che ha come protagonista la futura scelta di Januzaj ha un nome che è tutto un programma: «Patriot or Traitor». Patriota o traditore, ottimo.

KOSOVO – Chiudiamo con quello che potrebbe essere il lieto fine della storia. Dopo una lunghissima trattativa, infatti, la FIFA ha finalmente dato l’ok alla nazionale del Kosovo per giocare partite amichevoli contro altre nazionali: un piccolo passo avanti per il riconoscimento politico e calcistico del paese, nonché un passo avanti verso la normalizzazione per il piccolo territorio che nel 2008 ha dichiarato la propria indipendenza unilaterale dalla Serbia e autoproclamato la sua Repubblica, ma non è stata ancora riconosciuta dall’ONU. Un lungo lavoro diplomatico ai fianchi, da parte del presidente della federcalcio kosovaro, aiutato da diversi calciatori di origine kosovara come Behrami o Shaqiri, in attesa del riconoscimento formale. Quindi, un passo in più verso una possibile scelta di Januzaj di vestire la maglia della Nazionale del Kosovo, paese a cui Adnan è profondamente legato per via delle proprie origini. Tale da recarsi ogni estate in Kosovo, così come faceva quando era poco più di un bambino e impressionava anche la guardia locale per le movenze con il pallone tra i palazzi di Istog, mentre oggi riempie di tute del Manchester United i bambini della zona, primo fra tutti il cuginetto Idriz

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Il cuginetto Idriz, 11 anni, per le strade di Istog. Photo: ©LucyRay – DailyMail.

Oggi Adnan guadagna 30mila sterline alla settimana, ma l’umiltà, la speranza, la felicità, non l’ha mai persa, in attesa della decisione che prenderà insieme al padre. In “He Got Game”, infatti, Jesus seguirà il consiglio del papà e propenderà per Big State, anche se il suddetto accordo per la riduzione della pena non arriverà mai. Ma qualunque sia la scelta finale e la destinazione, alla domanda «What is game, who got game, where’s the game?» non esiteremo a rispondere: «Adnan got game!».

 

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