Mosca-gol: generazione di fenomeni (da baraccone) - Calcio News 24
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2014

Mosca-gol: generazione di fenomeni (da baraccone)

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«Se questo è un calciatore» (semi-cit.)

UN POSTO NORMALE – Io vengo da un posto in cui se fai un po’ troppo il buffone, prendi gli schiaffi in testa. Faccio un esempio concreto: quando avevo 12 anni c’era questo mio amico, che per comodità chiameremo Davide, un po’ in fissa col monopattino. Solo che da dove provengo io se giri in monopattino sei un babbo ed è meglio che non te ne vanti troppo, altrimenti finisci male. Comunque, Davide si fece regalare per il suo compleanno un monopattino nuovo fiammante, rosso con le finiture in alluminio, molto bello. Roba che se vivi, che ne so, a Milano o a Torino, sei anche un figo non da poco e male male che ti va, un bacio a stampo dalla più carina della classe lo strappi di sicuro. Solo che Davide non era troppo sveglio e girava in monopattino per Caserta dove, come detto, averne uno è segno inequivocabile di babbaria. Tanto valeva girare per strada con un cartello con su scritto «Prendetemi a calci nel sedere fino a farlo diventare lo zerbino di un hotel molto frequentato». A Davide poi la natura non lo aiutava nemmeno troppo, perché era basso, con gli occhiali ed ogni cosa che faceva pareva il re del mondo: queste cose a 12 anni non te le perdona nessuno. Infatti, morale della favola, tempo un mese che il monopattino finì nel cassonetto della spazzatura e Davide pure. Restò talmente tanto traumatizzato che non venne a scuola per due settimane circa, quando tornò disse che era stato malato, ma lo sapevamo tutti che era rimasto chiuso in casa per paura di ritorsioni.

IL TROPPO STROPPIA – Parto sempre da un fatto a me vicino per arrivare a parlare di altro, così chi legge si illude di poter giungere a qualche conclusione porno-erotica ed io consumo caratteri, allungo il succo del discorso e fingo di avere un lavoro. Dunque, tornando a noi: Davide potrebbe essere Davide Moscardelli, il monopattino la sua barba ed i bulli del quartiere il resto del mondo. Vi dico le cose come stanno: secondo me Moscardelli è un fenomeno da baraccone. Non lo dico per offendere l’uomo, di cui onestamente mi interessa più o meno come a Barbara D’Urso interessa una storia di cronaca senza morti e tragedie, ma per offendere il calciatore, il professionista, quello allora sì. Perché inizialmente, vedete, Moscardelli era simpatico pure a me: la barba, la magliettina, l’umiltà, il bomber e amenità simili, poi però mi sono anche un po’ rotto le palle. “Il gioco è bello finchè dura poco”, dice un detto da biglietto Perugina, ma non è manco tanto quello: è proprio il fatto che il simpaticone del gruppo, quello che rimorchia più di tutti, se fa la stessa battuta il primo, il secondo, il terzo giorno e così via per un anno intero, prima o poi è matematico che da simpatico del gruppo finisca per diventare lo scemo del gruppo.

LA DURA REALTA’ – Al netto di tutto questo, bisogna dirlo onestamente, Moscardelli non è nemmeno ‘sto gran calciatore. Va bene, sì, gioca in Serie A, ma in Serie A c’hanno giocato pure Pistone e Darko Pancev, questo non vuol dire nulla. Moscardelli non è un fenomeno, ma probabilmente non è nemmeno un giocatore di categoria: negli ultimi tre anni e mezzo ha giocato 82 partite in campionato segnando la miseria di 12 gol tra Chievo e Bologna, significa che la sua media gol e di 0,14 periodico a partita. In poche parole ho visto extracomunitari somali al torneo dell’oratorio rifugiati politici con una gamba sola segnare più di lui. Nell’ultima sessione di mercato lo voleva qualche squadra di Serie B e, per uno come lui, era pure grasso che colava a 34 anni, ma si dice che non si sia mosso per non rinunciare a parte del suo ingaggio. Del resto anche a me piacerebbe guadagnare una barca di soldi avendo come unica occupazione semplicemente quella di farmi crescere la barba a periodi regolari di tempo.

QUELLI COME LUI – Il punto, forse, è proprio questo: Moscardelli ormai è un personaggio. Nessuno vorrà ammetterlo, ma la verità è quella che ho appena buttato giù: il bomber Davide la mette dentro meno di Niang al Milan e, per quanto gioca, viene pagato anche troppo. Qualcuno magari un po’ se la prenderà, semplicemente perché è facile idolatrare chi ti sta simpatico a pelle: tra noi c’è empatia? Va bene, allora posso anche passare sul fatto che in Serie D ho visto attaccanti più bravi di te. Ecco, per dire, gli attaccanti della Sacilese fanno la fame, la mattina spaccano pietre in cantiere ed il pomeriggio si allenano per 300 euro al mese, ma loro non hanno la barba da pornodivi anni ’70, quindi possono anche morire. Giusto?

PROFESSIONE BOMBER (?) – No, per niente, nemmeno un po’. Moscardelli sulla carta d’identità ha scritto “professione: calciatore”, non “clown per adolescenti in crisi ormonale” e nemmeno “bomber”, perché i tizi del quartiere che dalle mie parti portano il bomber anche d’estate con 40 gradi e si appellano in questo modo tra di loro, a quelli come Moscardelli gli rubano il motorino da sotto il sedere. Andrebbe giudicato, almeno al 50%, per quello che fa in campo (cosa a questo punto giusto un po’ difficile, visto che non ci scende quasi mai), non solo per gli autoscatti dal barbiere, la barba lunga pettinata a boccoli come la coda del mio Carlino o le magliettine con i baffi disegnati in petto (a proposito, conosco un cinese che ne vende di fatte meglio a 5 euro l’una e non vi fracassa l’esistenza con i video su Youtube o le fotine su Instagram). Il tutto sintetizzabile anche nell’assioma: «Moscardelli, c’hai rotto il c…», pronunciato da qualche utente su Facebook in questi mesi.

DEGRADO – Mi dicono che una nota società di betting abbia proposto a Moscardelli di andare in Brasile, ai Mondiali, per fare da mascotte agli azzurri. Certo, il colmo per un calciatore sarebbe stato andarci a giocare almeno 1 minuto, ma non nel caso di Mosca-gol (gol?): per lui, nuovo fenomeno da social di professione, farsi prendere in giro da tutto il mondo forse è un pelino più redditizio. Io spero lo abbiano pagato bene, molto bene, e nel caso così fosse gli consiglierei pure di continuare, perché di questi tempi i soldi non li regala nessuno e la carriera di un calciatore non dura certo in eterno, ma qualora così non fosse, mi chiederei se ne è valsa veramente la pena. In fondo Davide, il mio amico finito male, per fare la figura dello scemo in monopattino quasi non ci rimetteva la faccia, non vorrei che nel 2014 il buffone della comunità virtuale fosse un tizio su Facebook che per hobby prende a calci un pallone.

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