2014
I Presidentissimi – 20 anni dopo
Pozzo, Preziosi, Gaucci e gli altri: il calcio italiano ai giorni nostri
PRESIDENTISSIMI – Il ruolo del presidente nel mondo del calcio è cambiato molto con il passare del tempo. Una volta la passione era il vero motore che spingeva certe figure a investire nel mondo del calcio, oggi perlopiù si parla di profitto; quando ancora il calcio non era entrato nella sfera dell’economia e delle politica c’erano questi presidenti romantici che ancora oggi sono delle vere e proprie divinità nei luoghi di appartenenza, mentre adesso la situazione è un po’ cambiata. E’ cambiata ma non del tutto, ci sono ancora quei vulcanici – perché non c’è aggettivo migliore – uomini che mettono tutta la loro verve nel magico mondo del pallone. Capita anche di vedere presidenti che comprano e vendono società così, passando da una all’altra con una facilità imbarazzante, nemmeno fossero società ma kleenex. C’è chi lo fa ancora per passione, o almeno lo speriamo che ci siano ancora personaggi in grado di emozionarsi e di voler emozionare investendo nel sistema calcio.
POZZO – Prendete Giampaolo Pozzo. Al signor Pozzo non si può rimproverare niente, ha preso l’Udinese nel 1986 e l’ha portata in Champions League nell’arco di vent’anni, anche se la maggior fortuna della squadra friulana sta proprio nell’essere diventata una sorta di azienda, di impresa dove si cerca di ottimizzare al massimo i profitti. E così ci troviamo i bianconeri dalla Serie B ai vertici del calcio italiano, giunti terzi in classifica per ben due volte e soprattutto fucina di talenti da rivendere sul mercato europeo: comprare a poco all’estero per valorizzare i giovani, volete esempi? Zapata, Isla, Asamoah, Sanchez, Inler, Benatia se si parla di giocatori meno conosciuti all’approdo a Udine, Bierhoff, Candreva, Fiore, Amoroso e molti altri se si tratta di meno giovani. Soldi in cassa che non vengono spesi per l’Alvarez o il Pato di turno ma per ampliare la rete di osservatori, migliorare le giovanili e fare uno stadio di proprietà. Come ha potuto espandersi il fenomeno Udinese? Grazie anche alla sapienza di Pozzo che ha sviluppato una vera rete, un network internazionale tra società satellite e osservatori che ha portato Pozzo a diventare proprietario anche di Watford e Granada negli ultimi anni. Non c’è niente da dire, solo da applaudire.
PREZIOSI – Pozzo però è un esempio a parte, c’è anche chi è finito sui giornali anche per imprese meno nobili. Enrico Preziosi, ad esempio, ha un cursus honorum di tutto rispetto ma ha anche una sezione “problemi giudiziari” su Wikipedia lunga quasi quanto quella imprenditoriale. Preziosi è uno dei tanti imprenditori che hanno tentato con successo la scalata nel mondo del calcio, partito quasi dal niente ha fondato la Giochi Preziosi, è entrato nel cda della Standa e poi ha gestito Saronno, Como e infine Genoa. Preziosi è inconfondibile, un self made man che si porta sempre dietro la esse strascicata avellinese ma che ha fatto miracoli ovunque è andato. Ha portato il Saronno in C1 e ha rialzato dalle fanghiglie delle serie minori prima il Como e poi il Genoa, il tutto non senza patemi d’animo. Prima il fallimento del Como, poi il caso Genoa – Venezia (quella dannata valigetta che doveva servire per Maldonado…) e la retrocessione in C1 e infine l’assedio degli ultrà genoani in Genoa – Siena: personalità borderline nel mondo dei presidenti, più da anni ’80 che da giorni nostri, per capire di chi stiamo parlando vi basti ricordare il cartonato raffigurante Preziosi, che squalificato non poteva andare in tribuna. Ah, una volta stava per comprare Messi.
GAUCCI – Il più grande di tutti però è stato un altro, un uomo che ha passato parte degli ultimi anni a Santo Domingo e che è stato salvato dall’indulto, un signore che era capace di prendere allenatori e giocatori in Eccellenza per poi rivenderli alle grandi e vederli giocare in nazionale: avete capito bene, stiamo parlando di Luciano Gaucci. Un uomo come Gaucci meriterebbe pagine e pagine a parte per la sua preponderanza nel calcio italiano ma ci concentreremo non tanto sulla sua figura di parvenu da film dei Vanzina, bensì su quella da imprenditore. Prima impresario di una ditta di pulizie, poi proprietario della Galex, azienda di abbigliamento sportivo e infine padrone di Tony Bin, uno dei cavalli migliori in Italia. Squalificato almeno una volta ogni due anni, Gaucci era uno fumantino ma che a prima vista sembrava saperci fare, tanto da aver posseduto contemporaneamente tre diverse squadre nel panorama italiano, cioè il Catania, la Sambenedettese e uno dei Perugia migliori della storia del calcio, preso in C1 e portato fino ai sedicesimi di finale di Coppa Uefa venendo eliminato solo dal PSV. A queste va aggiunta la Viterbese, la cui panchina venne affidata addirittura a Carolina Morace, pensate un po’. Gaucci come Maurizio Mattioli in quasi tutti i film che fa: la Guardia di Finanza lo bracca e lo costringe e una fuga in Centro America dove sposa una bella dominicana e ha come unico amico Enrico Lucci delle Iene, che talvolta va a intervistarlo nel suo esilio dorato. Romantico sì il nostro Gaucci, ma la Sambenedettese adesso gioca in Eccellenza, il Perugia non torna in A dal 2004 e il Catania ha avuto la fortuna di trovare Pulvirenti.
IL COLORE DEI SOLDI – Pozzo, Gaucci, Preziosi. Non sono solo loro gli esempi dei presidenti italiani di oggi che comprano e vendono non solamente giocatori, ma anche squadre. Purtroppo però il limite tra legalità e illegalità è sempre sottile e quindi ci troviamo spesso di fronte a persone che hanno avuto procedimenti a carico come il signor Massimo Cellino, che adesso sta trattando la cessione del suo Cagliari e che è riuscito nell’intento di prendersi il Leeds dopo aver provato la scalata al West Ham anni fa (che beffa: il Leeds è forse l’unico club inglese senza stadio di proprietà). Cellino è in buona compagnia, come non parlare poi del presidentissimo del Livorno Aldo Spinelli, che nella città toscana è amato e odiato da praticamente tutti i tifosi ma che ha anche un florido passato al Genoa. Oppure Zamparini, imprenditore nel campo commerciale e recentemente anche in quello agricolo ed energetico, che passò dal Venezia al Palermo senza però perdere quell’irrefrenabile istinto a cacciare allenatori ogni tre mesi. Da Anconetani, Rozzi e Massimino ai presidenti di oggi il calcio è cambiato veramente tanto, forse in peggio, chissà. Non ci sono più quegli uomini strettamente legati a una squadra di provincia, difficilmente oggi esistono persone che si meritano uno stadio a proprio nome, ma comunque c’è ancora modo di divertirsi.