2014
Ivan Lendl e Andy Murray Il binomio perfetto?
31 dicembre 2011. Si sta per chiudere un anno particolare per il tennis. Per la prima volta dopo sei anni i nomi dei primi due della classifica non sono Roger Federer e Rafael Nadal. Federer chiude infatti al terzo posto del ranking – pur vincendo Basilea, Bercy e Masters a fine anno – e Nadal scende al secondo dopo un 2010 da dominatore. Il nome nuovo, che tanto nuovo non è, è quello di Novak Djokovic. Per spiegare quell’anno bastano i numeri: tre Slam, cinque Master 1000, quarantadue vittorie consecutive da inizio anno al Roland Garros. Una prima parte di stagione perfetta, con l’unico incidente di percorso provocato dal miglior Federer mai visto su terra battuta. E Murray? Che ne è del gemello di Djokovic, nato appena una settimana dopo?
Il 2011 di Murray è un anno che differisce poco dai precedenti. Gioca un’altra finale Slam, la seconda a Melbourne e la terza in carriera, e la perde proprio contro il nuovo cannibale del tennis racimolando nove game. Su terra, paradossalmente e in proporzione, lo scozzese raggiunge risultati migliori: una splendida semifinale persa al fotofinish ancora con Novak Djokovic e un identico risultato, ma senza set vinti, al Roland Garros, dove perde contro Rafael Nadal senza troppi rimpianti. Ma è ancora Wimbledon, il Center Court, a segnare in negativo l’anno: Murray arriva ancora in semifinale e trova ancora Nadal. Gioca un primo set coraggioso, supportato da un pubblico poco british, e brekka lo spagnolo sul 6-5. Una zampata inaspettata. Ma che ben presto si rivela il solito fuoco di paglia quando Nadal rimette a posto le cose. Altra delusione, altra sconfitta e un resto di stagione dove Muzza brilla ben poco. Batte sì un Djokovic malconcio a Cincinnati ma agli US Open ma perde ancora in semifinale contro Nadal e al Masters gioca un solo match, perdendolo, prima di ritirarsi e lasciar spazio a Tisparevic. Il bilancio del 2011 è negativo, fatto solo di piazzamenti. E certamente l’esplosione dell’altro incompiuto deve aver innescato una reazione nella testa di Murray.
E così, l’ultimo giorno di quell’anno, Murray decide che quello dev’essere il giorno della “svolta buona”. Lo scozzese annuncia a sorpresa che il suo nuovo allenatore è Ivan Lendl. Un assoluto novellino per quanto riguarda l’esperienza da coach ma è uno che sulle sconfitte dolorose ha più di qualcosa da insegnare. Il fascino di una collaborazione così prestigiosa ammanta i commenti di quei giorni. Lendl non ha mai allenato nessuno, vero. Ma allo stesso tempo non può sfuggire che Murray, per sconfiggere l’incubo Slam, si affida alle cure di colui che meglio di chiunque altro ha sconfitto un tabù simile.
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