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2014

Tre chiavi per uscire dalla crisi

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Il momento del Napoli di Benitez: accettare il ridimensionamento, chiarezza nelle gerarchie, umiltà tattica

SERIE A NAPOLI BENITEZ – Partenopei in crisi d’identità e risultati: è questa la sentenza urlata da uno degli avvii di stagione più burrascosi che si rammentino. Delle sei partite ufficiali disputate il Napoli ne ha perse tre – e pareggiato in casa con l’Athletic Bilbao, risultato assimilabile ad una sconfitta – ed ha così salutato la Champions League prima che iniziasse. Oltre a trovarsi già a sei lunghezze di distanza dalla vetta del campionato.

ACCETTARE IL RIDIMENSIONAMENTO – Le tre soluzioni proposte vanno intese non l’una alternativa all’altra ma da percorrere insieme. La prima via d’uscita è l’accettazione generale del cosiddetto passo indietro: nell’immediato post-Mazzarri il presidente Aurelio De Laurentiis ha provato – e di questo gli va dato atto – ad intraprendere la tanto attesa svolta vincente, con un Napoli decisamente internazionalizzato (nella guida e nei calciatori) e dalle rinnovate ambizioni. Salvo poi però rendersi conto dei limiti strutturali di un modello di gestione che prevede la rigorosa aderenza alle leggi di bilancio: non si spende un euro in più di quanto si incassa. E le difficoltà ad elevare il fatturato sono tangibili. Di conseguenza l’immobilità nell’ultima sessione di mercato, una squadra di fatto impreparata di fronte al playoff Champions e la confusione in cui è incappato Benitez: scelte a tratti incomprensibili ma soprattutto enormi difficoltà nel dotare la squadra di carattere e mentalità. Accettare il ridimensionamento dunque per centrare almeno gli obiettivi minimi, non tramutare la stagione in un baratro: devono accoglierlo tutti, società, allenatore, calciatori, tifosi, ambiente. Anche perché poi in questo stato dell’arte, se qualcosa di considerevole arriva, tanto di guadagnato.

CHIAREZZA NELLE GERARCHIE – Il Napoli non è dotato dell’organico per competere ad altissimi livelli sui due fronti della sua stagione: o meglio, non può attingere come altre forze del nostro torneo dalla profondità della rosa. E’ dunque opportuno stilare una precisa gerarchia: prima il campionato, poi l’Europa League (o il contrario ma lo si dica, patti chiari amicizia lunga). Chi vi scrive è assolutamente contrario ad una visione del genere ma tant’è: questo Napoli non può permettersi ragionamenti di altro spessore. Guardiamo proprio a quanto accaduto nell’ultima settimana: la sconfitta interna subita dal Chievo ha consigliato a Rafa Benitez di schierare larga parte dei titolari in Europa League contro lo Sparta Praga – alla ricerca di una vittoria indispensabile per ritrovare fiducia e convinzione nei propri mezzi – ma ha poi dovuto rimandare il ricorso al turnover (massiccio) in quel di Udine. Il risultato però non ha premiato: il Napoli è caduto anche con l’Udinese aprendo le porte ad una crisi di complessa risoluzione. E di fatto frustrando l’effetto Champions nei confronti di Juventus e Roma: loro dovevano perdere punti in concomitanza del doppio impegno, li ha persi un Napoli che ha giocato di giovedì con tutti i titolari.

QUESTIONE TATTICA – Occorre anche qui un deciso bagno d’umiltà: usciamo dal discorso dei moduli, numeri troppe volte dati a caso da chi ne capisce ben poco. Questo Napoli, comunque la si metta, ha bisogno di copertura: impensabile, con una retroguardia nei singoli piuttosto lacunosa, schierare una squadra che abbia l’ambizione di imporre la propria proposta calcistica lasciando la coperta a metà. Lo si può fare, forse, soltanto contro avversari notevolmente inferiori. In tal senso sarebbe stato perfetto Christoph Kramer, Behrami è andato via per presunte incompatibilità tattiche e caratteriali ed ora ci si ritrova con Gargano e David Lopez: i vari Inler, Jorginho e De Guzman non hanno le caratteristiche dei mediani chiamati a proteggere la linea difensiva. Guardiamo ancora una volta alla trasferta di Udine: per quanto il risultato sia scellerato nelle modalità con cui è giunto, il Napoli – protetto da due incontristi di ruolo – non ha sofferto più di tanto. Si è raramente trovato in inferiorità numerica sulla trequarti avversaria, fattore che invece accade con preoccupante continuità quando in mediana vengono impiegati Inler e Jorginho. Nessuno qui ha la presunzione di risolvere quel che non riesce a stimati professionisti: ad ognuno il suo ruolo ed il suo lavoro, questa una triplice chiave di lettura proposta. A voi i commenti. 

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